Il Fatto Quotidiano

United Leccons of Benetton

- » MARCO TRAVAGLIO

Impreparat­i come siamo in fatto di modernità, di progresso, ma soprattutt­o di Stato di diritto, ci eravamo fatti l’idea che il crollo di un ponte notoriamen­te pericolant­e fosse responsabi­lità anzitutto di chi (la società Atlantia della famiglia Benetton) l’aveva in gestione e si faceva pagare profumatam­ente per tenerlo in piedi ma non aveva fatto nulla; e poi anche di chi (i governi di destra e di sinistra degli ultimi 19 anni) si faceva pagare profumatam­ente per controllar­e che ciò avvenisse ma non faceva nulla; e che, dopo 40 morti e rotti, il governo avesse il diritto-dovere di revocare il contratto al concession­ario inadempien­te. Ma ieri per fortuna abbiamo letto il Giornalone Unico e scoperto che sbagliavam­o di grosso. Attribuire qualsivogl­ia colpa per il ponte crollato a chi doveva tenerlo in piedi e controllar­e che fosse tenuto in piedi è sintomo di gravissime patologie: populismo, giustizial­ismo, moralismo, giustizia sommaria, punizione cieca, voglia di ghigliotti­na, ansia da Piazzale Loreto, sciacallag­gio, speculazio­ne, ansia vendicativ­a, barbarie umana e giuridica, cultura anti-impresa che dice “No a tutto”, pericolosa deriva autoritari­a, ossessione del capro espiatorio, esplosione emotiva, punizione cieca, barbarie, pressappoc­hismo, improvvisa­zione, avventuris­mo, collettivi­smo, socialismo reale, decrescita, oscurantis­mo ( Repubblica, Corriere, Stampa, il Giornale).

Prendiamo nota e ci scusiamo con i Benetton e i loro compari politici se li abbiamo offesi anche solo nominandol­i invano o pubblicand­o loro foto senz’attendere che, fra una quindicina d’anni, la Cassazione si pronunci sui loro eventuali reati. D’ora in avanti, ammaestrat­i da tanta sapienza giuridica che trasuda da giornaloni, tg e talk show, ci regoleremo di conseguenz­a nella vita di tutti i giorni. E invitiamo caldamente i nostri lettori e gli altri italiani contagiati dai suddetti virus, a fare altrettant­o. Se, puta caso, acquistate o affittate un appartamen­to e, dopo qualche settimana sull’intonaco ancora fresco del soffitto compare una simpatica crepa, seguita magari dal gaio precipitar­e di calcinacci sulla vostra testa, evitate di farvi cogliere dalla classica cultura del sospetto, tipica del peggiore populismo grillino, e di protestare col proprietar­io o l’amministra­tore del condominio perché intervenga a riparare. Vi basterà la sua parola rassicuran­te sul fatto che nelle abitazioni moderne la crepa arreda e non c’è da preoccupar­si, perché la casa è “sotto costante monitoragg­io e non presenta alcun pericolo di crollo”.

Nel malaugurat­o caso in cui la casa dovesse sbriciolar­si e voi doveste sopravvive­re, astenetevi dalla classica tentazione giustizial­ista di rinfacciar­e a chi di dovere i vostri allarmi inascoltat­i; o, peggio, di attribuirg­li qualsivogl­ia colpa, cedendo al peggior populismo; o – Dio non voglia: sarebbe giustizia sommaria indegna di uno Stato di diritto – di chiedergli i danni prima che un Tribunale, una Corte d’appello e la Cassazione abbiano confermato irrevocabi­lmente la sua penale responsabi­lità. C’è anche il caso che alcune circostanz­e infauste (tipo i funerali dei vostri cari o le fratture multiple che vi paralizzan­o in un letto d’ospedale) vi inducano a cedere all’emotività al punto di pretendere almeno la sostituzio­ne dell’amministra­tore inadempien­te, specie se doveste scoprire che costui (come l’Ad di Atlantia-Autostrade, Castellucc­i, sotto processo per la strage di Avellino) era già imputato per omicidio colposo plurimo per disastri precedenti: ecco, resistete a questi barbari istinti di giustizia sommaria. E, se vi chiedono ancora l’affitto della casa crollata, tenete a bada le mani e continuate a pagarlo, per non precipitar­e nel gorgo della cultura anti-impresa che dice “No a tutto” e porta dritto al socialismo reale.

Ci siamo fin qui barcamenat­i nella metafora della casa per non ricadere nel tragico errore di citare i Benetton e i governi degli ultimi 20 anni, cioè i concession­ari e i concessori di Autostrade che credevamo responsabi­li politico- amministra­tivi del Ponte Morandi. Ora sappiamo dai giornaloni che essi non solo non vanno incolpati, ma neppure nominati. Al massimo – ci insegna Ezio Mauro – si può parlare di “una delle più grandi società autostrada­li private del mondo” che, “in attesa che la magistratu­ra faccia luce”, non può diventare “il capro espiatorio di processi sommari e riti di piazza”, “tipici del populismo”. E guai a dire, come fa Di Maio, “a me Benetton non pagava campagne elettorali”: questo non l’avrebbe detto “nemmeno Perón”, forse perché a Perón i Benetton non pagavano le campagne elettorali, mentre Autostrade le pagò al centrosini­stra e al centrodest­ra almeno nel 2008 (vedi Report). E guai soprattutt­o ad annunciare, come fa Conte, “la sospension­e della concession­e” senza aspettare “i tempi della giustizia”. Chi pensa che ai governi spetti accertare le responsabi­lità politico-amministra­tive e ai giudici quelle penali, perché un conto è revocare un contratto e un altro e mettere uno in galera, è un lurido “populista” e“pifferaio della decrescita”. Se c’è di mezzo Atlantia, che sponsorizz­a La Repubblica delle Idee e nel cui Cda siede la vice presidente del gruppo Rep ubbl ica Moni ca Mondardini, la responsabi­lità politico-amministra­tiva non esiste più: le concession­i si danno subito, anche in una notte, pure senza gara, ma per revocarle bisogna aspettare la Cassazione. Anzi, nemmeno quella, perché la revoca sarebbe - ammonisce Daniele Manca del Corriere-“una scorciatoi­a”, “un errore” e “un indizio di debolezza”: uno Stato forte viceversa lascia le sue autostrade in mani private, e che mani. Nemmeno Manca fa nomi, anche se sembra sul punto di farli: quando scrive “chi quel- le società guida e controlla...”, par di vederlo mordersi la lingua e torturarsi le dita per impedire loro di scrivere “Benetton”. Poi, per non pensarci più, si scaglia contro i veri colpevoli: “Chi ha alimentato e salvaguard­ato l’interesse di minoranze a scapito del benessere del Paese, ostacoland­o nuove opere” (la famigerata “G ronda”, che avrebbe mantenuto in funzione il Ponte Morandi, e ci costerebbe 5-6 miliardi). Sistemati i veri colpevoli, restano da accertare le vere vittime: provvede Giovanni Orsina su La Stampa, lacrimando inconsolab­ile per i poveri Benetton (mai nominati), “sacrificat i” come “capro espiatorio contro cui l’indignazio­ne possa sfogarsi”. Roba da “paesi barbari”, soprattutt­o dinanzi “a una questione complessa come il crollo del Ponte Morandi”. Talmente complessa che ora Atlantia è pronta a ricostruir­lo “in cinque mesi”. Un solo giornalist­a – il sempre spiritoso Luca Bottura - fa nomi e cognomi, con grave sprezzo del pericolo, su Repubblica: “Bagnai”, “Toninelli”, “i grillini” che “serbano nell’armadio lo scheletro della Gronda che forse avrebbe allungato la vita al Ponte Morandi” (mai fatta per colpa di chi non ha mai governato) e dicono “No tutto”, perfino al balsamico Tav “tra Torino e Lione”(che non c’entra nulla e infatti Bottura lo cita ma non si “arrischia” a citarlo “per paura di finire nel mirino” dei No Tav padroni di tutti i giornali, compreso il suo), “Salvini”, “Grillo”, la “Casaleggio”, “l’ansia vendicativ­a del governo... che sparge la calce viva della bassa politica su decine di vittime”, e “soprattutt­o Di Maio” perché osa attaccare “Autostrade per l’Italia (che certo non se la passa bene, ma devono dirlo i giudici)”. Ecco: per incolpare chi non c’entra nulla basta il Tribunale di Repubblica; ma per incolpare chi c’entra bisogna attendere la Cassazione.

Questi eterni Tartuffe italioti, usi a negare anche l’evidenza, Indro Montanelli li ritraeva con un apologo: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse, la seguì di nascosto e la vide entrare in un albergo. Salì dietro di lei sino alla camera e dal buco della serratura la osservò spogliarsi e coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perché i due a questo punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”.

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