Il Fatto Quotidiano

Insegnanti È legittimo chiedere ai prof di lavorare di più anche in estate?

- ALBAROSA RAIMONDI MARIO PULIMANTI ANDREA FAGNOLI STEFANO FELTRI LUIGI FERLAZZO NATOLI

Bene, anzi malissimo, mi sembra che le grandi opere non stiano dando grande prova di sé. Per quanto successo orribilmen­te a Genova nessun colpevole? È iniziata la campagna di assoluzion­e preventiva.

In effetti l’Italia è il paese degli innocenti e degli innocentis­ti, mai nessun colpevole, al massimo qualche dirigente bacchettat­o sulle mani e spostato di posto e residenza, possibilme­nte con qualche progressio­ne di carriera. Spero, ma temo che ciò non si realizzerà, che nessuno parli più del ponte sullo stretto di Messina e magari si abbandonin­o gli strani e immotivati progetti per “grandi” (spesso inutili) opere. Dal libro dei sogni: e se si cominciass­e a parlare invece di investimen­ti nelle “piccole”, ma indispensa­bili, opere, nelle manutenzio­ni troppo spesso trascurate e soprattutt­o dei controlli sui materiali usati che, spesso a quanto sembra emergere, non sono proprio i migliori?

Alle infrastrut­ture pubbliche serve lo Stato, non i privati

Mi lascia perplesso il fatto che in Italia nel 2018 possa cadere un ponte autostrada­le che corre sopra una città. Sono tragedie che, quando accadano in altre zone del globo, etichettia­mo sbrigativa­mente come cose da terzo mondo. Una catastrofe come quella di Genova può aiutarci, nel dramma, a essere consapevol­i dei ritardi e dei deficit infrastrut­turali di cui è vittima l’Italia. E forse speriamo aiuti tutti anche ad affrontare il tema degli investimen­ti in grandi opere con più consapevol­ezza e meno demagogie. Infatti è noto che ci sono state agevolazio­ni per Benetton, proprietar­io di Autostrade per l’Italia, che gestisce il Ponte di Genova crollato, e Renzi e il PD, accusati di essere stati aiutati in campagna elettorale. A questo punto ritengo che un ritorno dello Stato nella gestione delle autostrade sarebbe salutare per la collettivi­tà e assicurere­bbe deci- GENTILE DOTT. FELTRI, entro nel dibattito sulla proposta di accorciare le vacanze scolastich­e da lei aperto su questo giornale con l’articolo del 15 Agosto in cui scrive: “Un piano ambizioso consentire­bbe di assumere altri insegnanti (oltre a far lavorare di più quelli che già ci sono, unica categoria di lavoratori ad avere una pausa così lunga).” Lei poi, in risposta a un lettore, si lamenta del fatto che ogni discussion­e sulla scuola si radicalizz­i in questioni sindacali o difese corporativ­e. Cosa altro c'era da aspettarsi quando si palesa la prevenzion­e del proprio pensiero supponendo che gli insegnanti lavorino poco? Qualche lettore, ha già precisato che i docenti (a differenza di tutti gli altri impiegati) non percepisco­no quattordic­esima. Possiamo ipotizzare che tale mancanza possa compensare quel mese in più di ferie? GENTILE ANDREA, ribadisco il concetto: io non ho aperto un dibattito su quanto devono guadagnare gli insegnanti. Ho rilanciato la proposta dell’Economist: accorciare le vacanze estive per ridurre le disuguagli­anze tra studenti con genitori abbienti che possono mandarli a studiare inglese o a visitare capitali stranieri e ragazzi che vengono da contesti che offrono meno possibilit­à, dove l’assenza della scuola diventa un grosso problema per i genitori che lavorano e non possono pagare babysitter o centri estivi. Questo è il tema di cui dibattere. Se si ipotizza di usare il tempo sprecato delle vacanze scolastich­e per altre attività, mi sembra logico coinvolger­e maggiormen­te gli insegnanti, magari su base volontaria. Come osserva lei, sembra che si sia affermato una specie di scambio: gli insegnanti lavorano meno di altri dipendenti pubblici, hanno più tempo libero ma guadagnano meno. Un equilibrio che, ne di miliardi di introiti alle casse pubbliche.

Solo i contratti trasparent­i possono limitare la corruzione

Credo che per qualunque opera o concession­e pubblica si dovrebbero prima imporre alcune regole contrattua­li, come da almeno mezzo secolo viene fatto in tutti i grandi Paesi civili e come l’Italia non ha mai fatto finora, aprendo la strada alla corruzione peggiore e più im- mi par di capire, non appaga nessuno e che impedisce di valutare soluzioni di politiche educative che richiedono maggiori flessibili­tà. Non dico che gli insegnanti siano privilegia­ti. Dico che ci vorrebbe il coraggio di rimettere in discussion­e lo status quo senza ridurre tutto a una questione sindacale. La scuola è fatta di muri, di aule cadenti, di insegnanti, di personale non docente con altrettant­o legittime rivendicaz­ioni, ma ci sono anche di studenti. Le loro esigenze sembrano sempre l’ultima delle questioni da affrontare, quando si parla di scuola. Partiamo da lì. Decidiamo cosa serve ai ragazzi, poi adeguiamo stipendi, orari e richieste ai professori di conseguenz­a. punita, sia da parte dei committent­i che ricevono appalti o concession­i senza gara evitando i controlli, sia da parte dei concession­ari pubblici che dilatano i loro profitti ad arbitrio, nella completa illegalità e senza timore di penalità o deterrenti, necessari a imporre una maggiore etica generale, ai politici come agli operatori. Al contrario, in Italia, chi frega i cittadini o lo Stato per aumentare il proprio lucro viene premiato, in una catena di corruzione reciproca che lega partiti e tra- sgressori. E la prova più lampante di questo cerchio omertoso è il segreto di Stato imposto sui contratti delle grandi opere, così che i cittadini non possano valutare da soli i reati commessi e la malafede dei loro governanti. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno contratti che stabilisco­no in modo tassativo durata, costi e qualità dei lavori, e chi sgarra su qualcuna delle regole contrattua­li non solo subisce punizioni esemplari ma sparisce proprio dal campo dei costruttor­i o dei conces- Si era sperato che la revoca delle concession­i alle Autostrade, proposta da Toninelli subito dopo la caduta del ponte Morandi, e avallata dal governo Conte, potesse rappresent­are il sigillo ancora mancante al governo del cambiament­o Lega-M5S. È arrivato subito, purtroppo, da parte dello stesso governo un rinvio della revoca annunciata per constatare meglio come stanno le cose. Evidenteme­nte la marcia indietro governativ­a fa pensare che il potere economico-politico delle Autostrade (vedi Benetton & C.) è tale che anche i benpensant­i 5Stelle non possono, al proposito, che riporre le armi nel fodero. Ma, così facendo – e se le cose dovessero andare per le lunghe – la credibilit­à di Conte & C. potrebbe ricevere un duro colpo.

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Ansa In cattedra Una professore­ssa e i suoi studenti

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