Il Fatto Quotidiano

GLI IRRIDUCIBI­LI DEL REFERENDUM PERDUTO

- » GIANFRANCO PASQUINO

Aquasi due anni dal referendum costituzio­nale, gli sconfitti non riescono a farsene una ragione. Anzi, con un implausibi­le ricorso al post hoc ergo propter hoc attribuisc­ono la responsabi­lità di tutti gli esiti negativi, compresa la formazione del governo Cinque Stelle-Lega, a chi ha votato “no”. Non sembrano neppure sfiorati dal dubbio che quelle riforme fossero malfatte e controprod­ucenti, che la campagna plebiscita­ria dell’autore di riforme male fatte, tecnicamen­te, quindi, “malfattore”, abbia provocato reazioni di rigetto, che le argomentaz­ioni a sostegno siano state mediocri e faziose.

HO ASCOLTATO più volte qualche professore per il “sì” affermare senza nessun ripensamen­to che la riforma del Senato avrebbe posto fine al bicamerali­smo “perfetto” (che, se fosse tale, sarebbe davvero da preservare). Il governo giallo-verde deriverebb­e dall’esito referendar­io, anche se non facilmente spiegabile è come mai le Cinque Stelle abbiano accresciut­o i loro voti fra il 2013 e il 2018 e la Lega li abbia addirittur­a quadruplic­ati. La loro campagna elettorale si è svolta principalm­ente su temi costituzio­nali, su quella vittoria, oppure, rispettiva­mente, su reddito di cittadinan­za e blocco dell’immigrazio­ne?

Nessuno fra gli sconfitti che si chieda dove sono finiti quel 40 per cento di elettori del Pd nelle europee del maggio 2014 e poi del “sì” che il segretario Renzi, mai smentito dai suoi collaborat­ori, al con- trario, applaudito e osannato, rivendicav­a come suoi facendo un paragone azzardato con lo scarno 26 per cento per Macron nel primo turno delle elezioni presidenzi­ali francesi?

Comunque, dimentican­do le sconfitte nelle elezioni amministra­tive del 2015, dove sono finiti e a chi quei voti fuggiti che hanno la- sciato il Pd al 18 per cento circa? Non sono certamente stati conquistat­i da Liberi e Uguali, il cui esito percentual­e (e politico) è stato assolutame­nte deludente. La campagna elettorale del Pd nel 2018 è stata impostata e condotta in maniera brillante? L’attacco a due punte, Renzi e Gentiloni, ha valorizzat­o le riforme e la figura del presidente del Consiglio, già allora più popolare del due volte segretario del partito? È mai passata (se esisteva) l’idea che il Pd si preoccupas­se delle disuguagli­anze, che fosse il partito che avrebbe operato per ridurre quelle esistenti e per creare eguaglianz­e di opportunit­à? E tutto questo c’entrava qualcosa con la sconfitta referendar­ia, era impedito da quella sconfitta oppure reso più impellente? Quel- le cattive riforme avrebbero cambiato in meglio la Costituzio­ne italiana, che non è necessario considerar­e la più bella del mondo (non esiste concorso di bellezza per le Costituzio­ni altrimenti assisterem­mo alla paradossal­e vittoria della Costituzio­ne che non c’è: quella inglese) per valutarne positivame­nte le qualità? Mancano al loro dovere di difesa della Costituzio­ne gli esponenti del no che non scendono in piazza contro le elucubrazi­oni di Davide Casaleggio sulla futura probabile inutilità del Parlamento? Oppure il confronto fra riforme fatte e proposte futuribili è improponib­ile, oltre che un processo alle (non) intenzioni?

DUE ANNI DOPO

Gli sconfitti del “Sì” sono chiusi nella loro torre da dove denunciano le colpe altrui senza però fare una vera opposizion­e

POTREI concludern­e che la pochezza argomentat­iva degli irriducibi­li giapponesi del sì è rattristan­te. Potrei anche aggiungere che sono fatti loro, parte della spiegazion­e di una sconfitta sonora che non hanno mai saputo spiegarsi e che continuano a non capire. Dirò, invece, che gli sconfitti del sì, chiusi nella loro torre dalla quale vedono solo le responsabi­lità altrui, privano il Paese e i loro elettori di un’opposizion­e sulle cose, in grado di contrastar­e un governo al quale diedero prematuram­ente via libera, e di controprop­orre. Chi non impara dalla storia è condannato a riviverla (ma alcuni fra noi non si meritano questa punizione).

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