Nel 2011 Autostrade scriveva: “Il Ponte rischia l’inagibilità”
Un documento presentato per la “Gronda” ipotizzava la “dismissione” del viadotto
“Il traffico provoca un intenso degrado della struttura del viadotto Morandi, in quanto sottoposta a ingenti sollecitazioni. Il viadotto è quindi da anni oggetto di una manutenzione continua. La sua eventuale dismissione per inagibilità o per situazioni temporanee di blocco dovute a incidenti stradali, costituiscono dunque un grave rischio per il traffico automobilistico regionale”. È scritto così nello studio presentato nel 2011 da Autostrade nella procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) per la costruzione della “Gronda” autostradale ligure. Parole che dimostrano come già sette anni fa la società Autostrade fosse a conoscenza dello stato di salute precario del ponte crollato il 14 agosto. Questo non dimostra che fosse stato previsto il cedimento. Ma anche questo documento potrebbe essere utile alla Procura di Genova che cerca i primi documenti in cui si parla “dell’intenso degrado” del ponte. E di “ingenti sollecitazioni”.
È IL FULCRO dell’indagine oggi: capire da quanto tempo si sapeva che il Morandi era malato, se sono stati compiuti tutti i controlli necessari e se la “terapia” prescritta al ponte malato è stata adeguata. Per questo la Procura si sta concentrando anche sul parere del Provveditorato alle Opere Pubbliche che doveva esaminare il progetto di Autostrade per ristrutturare i piloni 9 (quello crollato) e 10. I pm e i loro consulenti non sembrano aver perplessità sulle conclusioni del documento. Presto potrebbero essere sentiti (come persone informate sui fatti, quindi non indagati) gli autori del parere. E qui nascerebbe un problema: il documento porta anche le firme di Roberto Ferrazza e Antonio Brencich che sono presidente e membro della commissione ministeriale che in questi giorni si sta occupando di indagare sul crollo. “Se il ministero avesse dei dubbi sul mio nome, mi dimetterei senza polemiche”, spiega Ferrazza. Intanto i periti della Procura si stanno concentrando sulle possibili cause scatenanti del disastro. Anche il fulmine. Pur restando convinti che non abbia avuto un ruolo.
E poi ci sono le carte. Tutti i documenti che in passato hanno valutato le condizioni di salute del ponte. Come, appunto, il documento di Autostrade del 2011. A pagina 13 si legge: “Negli ultimi trent’anni il traffico sul Morandi è quadruplicato, mentre nei prossimi trent’anni – in mancanza di un intervento di potenziamento autostradale – le analisi trasportistiche prevedono sullo stesso tratto un ulteriore aumento del 30%”. Con quest’analisi Autostrade voleva dimostrare la necessità della Gronda. Eppure, spulciando tutti i documenti della Valutazione di impatto ambientale emergono sorprese. Ecco il parere della Regione, all’epoca guidata da Claudio Burlando e dal centro sinist ra, favorevoli all’opera: “Il progetto Gronda non prevede la dismissione della tratta A10 (dove si trova il Morandi, ndr), ma ventila la possibilità dell’esenzione dal pedaggio per la tratta Voltri-Pegli-Aeroporto. Questa operazione avrebbe effetti molto modesti sulla mobilità nel Ponente cittadino”, scrivono i tecnici della Regione. In pratica, trasformare l’attuale percorso in strada gratuita finirebbe per attirare traffico senza alleggerire in maniera apprezzabile il carico.
UN PASSAGGIO sorprendente: si costruisce un’opera da 4,3 miliardi, ma il ponte resta intasato. Pare confermarlo anche la Commissione ministeriale di Via che dà un parere positivo, ma con diverse prescrizioni. Una in particolare :“Prima dell’approvazione del progetto esecutivo, dovrà essere presentato uno studio di verifica funzionale del collegamento Aeroporto-Genova Ovest che considera le possibili soluzioni alternative, ivi incluse le iniziative di supporto all’attuale tracciato (viadotto Morandi) indicando altresì tempi e soggetti competenti per realizzare tali soluzioni”. La Gronda ha lo scopo principale di alleggerire il traffico sul percorso del Morandi, ma il ministero nell’ approvarla chiede quali siano le soluzioni alternative allo stesso ponte. Una prescrizione riportata pari pari nel decreto della Valutazione di impatto ambientale. La Gronda non bastava?
L’ULTIMO interrogativo nasce consultando sul sito delle Via lo stato della procedura della Gronda. Le prescrizioni indicate dal ministero risultano almeno parzialmente ottemperate. Ma non c’è traccia della A4, la prescrizione sulle ipotesi di traffico alternativo al Morandi.
Ora il crollo del ponte ri- mette in discussione tutto il progetto Gronda, come sottolinea Stefano Bernini, vice-sindaco di Genova ai tempi della giunta di Marco Doria (2012-2017): “Il primo progetto prevedeva di passare a valle, ricostruendo il Morandi. Alla fine, però, si scelse l’ipotesi di un percorso alto, anche se prevedeva un secondo ponte sulla Valpolcevera”. Perché? “Il problema era proprio che si sarebbe dovuto abbattere il Morandi per costruire una nuova struttura a quattro corsie per senso di marcia. E c’erano le abitazioni sotto il ponte che avrebbero dovuto essere demolite e i disagi per le imprese che hanno sede sotto il Morandi”. Ma adesso? “La tragedia ha cambiato tutti i presupposti: il ponte andrà abbattuto comunque. Case e industrie dovranno in ogni caso essere interessate dall’abbattimento”.
Con la Gronda bassa, sarebbe necessario un solo cantiere. Se invece fosse scelta quella alta, già approvata, la Valpolcevera sarebbe tagliata da due diversi ponti: il nuovo Morandi e quello della Gronda. Con costi maggiori e, probabilmente, maggiori danni per la valle e i suoi abitanti.
La Procura Possibile convocazione dei tecnici che diedero l’ok ai lavori e ora indagano per il Mit
La nuova strada Il crollo potrebbe far rivivere la variante “bassa” del progetto, con costi minori