Le inchieste non finiscono mai: l’ultimo sospettato è un 90enne
Tra gli appunti del Gides salta fuori una annotazione risalente al 1985: il medico ritrovato morto nel lago Trasimeno, Francesco Narducci, era stato fermato al casello di Firenze nei giorni precedenti all’ultimo delitto. Le indagini su di lui però non sono state compiute. Forse perché ritenuto sin da subito uno dei tanti automobilisti di passaggio.
A metà anni ottanta l’attenzione degli inquirenti è massima. Firenze vive nel terrore. La pressione sulle forze dell’ordine per arrivare a dei risultati è massima. I limiti investigativi evidenti. E si ripetono: l’Italia non è in grado di individuare un serial killer. Sì, ci sono i compagni di merende: Vanni, Lotti e Pacciani. Ma sembrano comparse. Per questo si cerca il secondo livello, la mente. E magari è stata sfiorata dalle indagini, persino sentita.
DAL PRIMO delitto del 21 agosto 1968 sono ormai passati 50 anni e ancora oggi, ciclicamente, dalla polvere delle carte emergono conferme a piste nuove o nuove piste che nelle carte vecchie trovano conferme. Come l’inchiesta riaperta nel 2013 dalla procura di Firenze sulla base di un esposto presentato dall’avvocato
Vieri Adriani e che nel 2017 ha portato a un avviso di garanzia nei confronti dell’ex legionario Giampiero Vigilanti e del dottor Francesco Caccamo, entrambi ormai novantenni. Personaggi particolari. Con storie fuori dall’ordinario. In particolar modo Vigilanti. Perché lui, l’ex legionario, era già finito sulla scrivania dei magistrati e della prima squadra speciale anti mostro, la Sam, nel 1985. La sua abitazione era stata addirittura perquisita e venne sequestrata una pistola calibro 22 a canna lunga. Delle indagini su Vigilanti se ne occupò il maresciallo dei Carabinieri Antonio Amore. Che nel 1994 in una seconda perquisizione trova nell’abitazione dell’ex legionario pure 176 proiettili calibro 22 marca Winchester serie H: gli stessi utilizzati dal mostro negli otto duplici delitti. Un caso? Può darsi. Ma non è l’unico. Anzi: sono troppi.
L’intera vicenda è ricostruita alla perfezione partendo dalle carte delle indagini iniziali nel libro Il mostro di Firenze. Ultimo atto, edito da Nutrimenti e scritto dai giornalisti Alessandro Cecioni e Gianluca Monastra. I due ormai da decenni si occupano di delitti seriali. Leggendo il testo si scopre, ad esempio, che Vigilanti era già stato controllato nel 1981 insieme al medico Narducci. Che conosceva Pacciani, tanto che il contadino di Merca- tale ne parla e anzi erano dello stesso Paese, Vicchio, da ragazzi si frequentavano e una volta, racconta Vigilante, “litigammo e lo presi a bastonate”. Ma conosceva anche Vanni e Lotti. Il libro compie una ricostruzione maniacale di ogni dettaglio rilevante. Seguendo in particolare il lavoro compiuto dal maresciallo Amore. A cominciare dalla prima annotazione stilata il 16 settembre 1985 dai Carabinieri del nucleo operativo di Prato e redatta a seguito del verbale di perquisizione eseguita nella sua abitazione di via Anile. Vigilanti, si legge nel documento, “poteva identificarsi nel noto Mostro di Firenze”.
Amore si ricorda che quattro anni prima, nell’autunno 1981, il mostro aveva colpito a Calenzano, vicino Prato. E due ragazzi testimoniarono di aver visto un’Alfa Romeo e riuscirono a descrivere bene il volto del conducente tanto da stilarne un identikit “al 90 per cento” coincidente con Vigilanti, dice ancora oggi Amore. Scattano le prime perquisizioni. Salta fuori l’arma. La prima. Poi ritagli di giornale: prostitute uccise a Firenze e soprattutto delitti del mostro. Dai cassetti pacchi di fotografie. Non proprio di vacanze. Una immortala Vigilanti che alza una testa mozzata. “Ne ho uccisi tanti in guerra”, dice l’ex legionario. Di tutto questo negli anni 80 la Sam non farà nulla. Nel 1996 si aggiungono i proiettili. Ma anche loro vengono repertati e finiscono in archivio. Come l’identikit, le testimonianze, l’auto: tutto ciò che riguarda Vigilanti riemerge a seguito dell’esposto di Adriani depositato nel 2013. Un’inchiesta ancora oggi in corso perché i pm stanno rianalizzando tutti i reperti per individuare il Dna delle persone presenti sui luoghi dei delitti. Metodi investigativi nuovi. A distanza di 50 anni esatti dal primo duplice omicidio.
MA VIGILANTInon è l’unico a essere riemerso dal passato. Lo scorso giugno il quotidiano Il Giornale ha pubblicato una notizia che ha risvegliato l’interesse sulla serie di delitti attribuiti al mostro: Giuseppe Bevilacqua, un cittadino americano oggi 82enne, avrebbe ammesso di essere l’autore degli omicidi. Non solo. Ma sarebbe anche Zodiac, un altro serial killer rimasto misterioso che ha colpito in California. Lui ha ovviamente negato tutto e smentito di aver fatto le dichiarazioni che gli sono state attribuite da Il Giornale, ma anche in questo caso alcuni elementi hanno spinto molti a dar seguito alla presunta rivelazione. Bevilacqua è stato direttore del cimitero Americano di Firenze proprio negli anni dei duplici delitti. E ha testimoniato in aula nel corso del primo processo al mostro. Oltre a vari altri elementi esclusivamente suggestivi. Perché ormai, a distanza di così tanto tempo, è quasi impossibile arrivare a delle certezze investigative. Gli inquirenti stanno cercando di percorrere l’unica strada percorribile: quella delle analisi di laboratorio. Metodi all’epoca dei fatti inesistenti. Tutti i reperti dei duplici delitti sono stati raccolti: la tenda degli Scopeti, il furgoncino dei tedeschi, i vestiti di Susanna Cambi e delle altre vittime. Su tutto si sta cercando di individuare i Dna presenti. Con la speranza di trovare almeno quello di Pacciani.
Solo il Dna potrà far luce sul caso Finisce sotto indagine Vigilanti, un ex legionario, già perquisito nell’85 e nel ’96. La pista di Zodiac, invece, è una bufala recente