Idlib, incubo della strage col gas Mosca: “Daranno la colpa a noi”
I lealisti si preparano all’assalto dell’ultima roccaforte anti-Assad, il generale Konashenkov: “Jihadisti useranno armi chimiche per farsi aiutare dagli americani”
Dopo otto anni di guerra, la vasta provincia di Idlib, nel nord ovest della Siria, è l’ultimo baluardo degli oppositori del regime divisi in varie fazioni, alcune delle quali in aperto contrasto.
Mentre il milione e mezzo di profughi interni (metà della popolazione che attualmente risiede nella provincia) si arrabatta per sopravvivere in campi dove manca quasi tutto, sia i soldati dell’esercito libero siriano, sostenuti dalla Turchia, sia i gruppi di jihadisti islamici sono occupati a scavare trincee, ad ammassare artiglieria e uomini per quella che le impotenti Nazioni Unite temono sarà “il più grande bagno di sangue” di questo conflitto costato la vita a più di mezzo milione di persone.
PER RIPRENDERE il controllo di questa zona cruciale per i collegamenti via terra con la Turchia e la Giordania, confinante con l’unica base navale russa sul Mediterraneo (nella provincia di Latakia, roccaforte della famiglia del presidente Assad), i soldati del regime appoggiati dall’alleata aviazione militare russa, potrebbero fare nuovamente ricorso alle armi chimiche, anche se alcuni osservatori continuano a insinuare che gli scorsi attacchi con i gas letali siano stati perpetrati dai jihadisti.
Le accuse sono reciproche e non vi sono mai state prove esaustive. I russi, in vista di quella che dovrebbe essere la battaglia per la riconquista dell’area dove hanno più inte- ressi, accusano già apertis verbis i jihadisti di essere pronti a sferrare un attacco con razzi armati di sostanze chimiche mortali.
Il ministero della Difesa russo sostiene che i qaedisti dell’ex Al Nusra stiano preparando un attacco con armi chimiche per incolpare ingiustamente il governo di Damasco e fornire un pretesto a Usa, Gran Bretagna e Francia per attaccare obiettivi siriani con raid aerei. Il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo, ha detto ai microfoni della tv del Cremlino Russia Today, che il cacciatorpediniere americano The Sullivans, dotato di 56 missili da crociera, è già schierato nel Golfo Persico.
DA ALCUNI GIORNI bombardieri sono stati trasferiti nella base aerea di Al Udeid, in Qatar. Stando al ministero della Difesa russo, otto barili di cloro sarebbero stati portati nei pressi di Jisr al Shughur per mettere in scena l’attacco, e un gruppo di miliziani addestrati dalla società di sicurezza privata britannica Olive sarebbe anche giunto nella zona. I miliziani islamisti, secondo l’emittente, sarebbero pronti a camuffarsi da volontari dei Caschi Bianchi e a simulare un’operazione di soccorso.
La conquista di Idlib da parte del regime segnerebbe di fatto la fine della guerra ma, proprio per questo, gli attori internazionali coinvolti ven- deranno cara la pelle. Alcuni analisti ritengono tuttavia che la presenza dell’esercito turco a nord della provincia stia frenando il redde rationem.
La Turchia - nemica di Assad, ma partner dei suoi alleati Mosca e Teheran nei negoziati di Astana - con il pretesto di combattere a fianco dell’esercito libero siriano contro i curdi del Rojava, è riuscita ad attestarsi ormai saldamente in Siria. Ma non è solo per accrescere la propria importanza in ambito geopolitico e impedire ad Assad di riprendersi tutto il paese dando la promessa autonomia ai curdi, considerati da Erdogan peggio dell’I si s, che Ankara farà di tutto per evitare una carneficina.
A pesare è anche la questione profughi. La provincia di Idlib è vicina al confine turco e il Sultano non vuole un’altra ondata di profughi ed estremisti islamici visto che a Idlib è confluita la maggior parte dei gruppi islamisti cacciati dalle altre zone della Siria.
Incognita turca
La presenza a nord dell’esercito di Ankara, per ora ha frenato l’ennesima carneficina