Il Fatto Quotidiano

“Mettere il veto al bilancio della Ue conviene a tutti”

Parla l’economista e senatore della Lega

- » STEFANO FELTRI

ALe rigide regole imposte dall’Ue sono un danno per la dialettica democratic­a e, a valle, anche per l’economia

lberto Bagnai è stato a lungo un economista, blogger (Goofynomic­s), editoriali­sta (del Fatto Quotidiano), clavicemba­lista e capofila di uno schieramen­to di euro-critici radicali. Ora è senatore della Lega, presidente della commission­e Finanze del Senato. Investitor­i, trader, banchieri: è cominciato il negoziato sulla legge di Bilancio e sui mercati tutti osservano le mosse di Bagnai, e del suo collega Claudio Borghi, per capire quanto il governo Conte sarà influenzat­o dalle sue idee. Senatore Alberto Bagnai, come ci si sente a essere il più osservato, insieme a Claudio Borghi, dagli investitor­i? Ogni vostra parola muove lo spread.

Se fosse vero, dovremmo concludere che la costruzion­e europea è veramente molto fragile. Aggiungo che se io, o l’onorevole Borghi, fossimo degli squilibrat­i, avremmo già approfitta­to dei superpoter­i che ci vengono attribuiti per far saltare il banco, così come, d’alta parte, se i mercati fossero onnipotent­i e nemici di questo governo, non avrebbero fatto passare agosto senza attaccarci. Forse la realtà è più complessa. Proporrei di abbandonar­e i cliché semplicist­ici diffusi da certa stampa per meri fini di polemica politica interna, e di concentrar­ci sui fatti.

La diffidenza di molti investitor­i è questa: il governo può rassicurar­e con Tria, Moavero e Conte, ma poi in Parlamento la legge di Bilancio sarà nelle mani delle commission­i, dove ogni impegno alla cautela può essere spazzato via. Lei presiede quella Finanze del Senato, Borghi quella Bilancio alla Camera. É fondato questo timore?

No, anche se vedo che viene fatto un grande sforzo per diffonderl­o. I fatti sono che la Commission­e che presiedo viene coinvolta nella legge di bilancio solo in sede consultiva e che comunque un presidente non ha alcun potere di alterare i testi sottoposti all’esame della sua Commission­e. Evidenteme­nte c’è molta ignoranza sui meccanismi di una democrazia parlamenta­re, scusabile all’estero, sospetta in Italia. Per quel che mi riguarda, ho chiarito fin dall’inizio che il mio compito in Commission­e sarebbe stato garantire che l’opposizion­e potesse parlare, visto che ora può fare soltanto quello. Se poi qualcuno è contrario al principio che in democrazia si decide a maggioranz­a, può dirlo: in democrazia tutte le opinioni sono lecite. Ma Bagnai o Borghi con queste latenti nostalgie di fascismo non c’entrano.

C’è una fuga di capitali in corso dall’Italia? La considera un voto negativo sul governo e un problema da affrontare?

Da testimonia­nze raccolte ho concluso che i flussi netti in uscita a maggio e giugno siano stati un voto negativo non sul governo, ma sul modo confuso col quale si è giunti ad esso, rasentando una crisi istituzion­ale. I dati sui saldi Target2 (il sistema dei pagamenti interbanca­rio nell’eurozona, ndr) di luglio però indicano che la direzione sta cambiando.

Le ultime dichiarazi­oni del sottosegre­tario Giorgetti, considerat­o il lato moderato della Lega, hanno turbato molti: dice che si aspetta un attacco speculativ­o all’Italia a breve e che non esclude che il deficit possa superare il 3 per cento del Pil. Lei è d’accordo con questi due punti? E Giorgetti si è allineato con le posizioni sua e di Borghi?

Sarei onorato di scoprire che io, schieratom­i con la Lega il 23 gennaio scorso, detto la linea a un parlamenta­re di grande esperienza e peso politico come Giorgetti! Non è educato rispondere a una domanda con un’altra domanda, ma a lei sembra plausibile? Le osservazio­ni di Giorgetti sono di puro buon senso. Vorrei ricordare che il disastro di Genova, sul quale mi sembra che le indagini stentino a decollare, ha evidenziat­o le gravissime carenze infrastrut­turali del Paese. Il limite del 3 per cento, peraltro, non ha alcun fondamento scientific­o, com’è ampiamente noto. Sta al governo, nella sua collegiali­tà, decidere in che conto tenerlo.

Sui migranti l’Italia è sempre più isolata. Che ripercussi­oni può avere questo sul negoziato per la legge di stabilità? Lei è d’accordo con la proposta di Luigi Di Maio di rimettere in discus- sione perfino i contributi italiani al bilancio comunitari­o?

A me sembra invece che l’Italia abbia isolato l’Unione europea, mettendone in luce l’ipocrisia. Ma quello che penso io conta il giusto: vedremo presto, alle prossime elezioni europee, cosa ne pensano gli italiani. Il budget comunitari­o, gestito da una catena di comando interament­e tedesca dopo il silurament­o mascherato della commissari­a Kristalina Georgieva, risente ancora della precedente impostazio­ne tedesca in tema migratorio: sostanzial­mente, quella di gestire i flussi in base ai problemi demografic­i tedeschi, ignorando i problemi creati agli altri partner europei. Nel frattempo, la cancellier­a tedesca Angela Merkel su questa gestione scellerata si avvia a perdere in Baviera, e poi nell’intero Paese. Paradossal­mente, mettendo il veto a un budget simile, il nostro governo risolvereb­be ai tedeschi un grosso problema.

Il piano del ministro degli Affari europei Paolo Savona sembra già molto ridimensio­nato: i 50 miliardi di investimen­ti annunciati ora contemplan­o anche quelli privati di società come Eni, Leonardo ed Enel cui viene richiesto di anticipare al 2019 investimen­ti già previsti. La convince questo approccio? Trovo positivo che al governo ci siano economisti in grado di ragionare in termini di fondamenta­li macroecono­mici, e in particolar­e di capire che un Paese con un surplus estero ha uno spazio fiscale che non si esaurisce nelle regolette imposte da Berlino senza rispettarl­e. Per il resto, ribadisco l’ovvio: il governo è un organo collegiale. Vedremo quale sarà la sintesi.

Ormai è dentro le istituzion­i da qualche mese: in cosa è cambiato il suo modo di vedere la politica economica ora che è parte del processo decisional­e? L’esperienza parlamenta­re mi ha ulteriorme­nte convinto dell’irrazional­ità del processo di integrazio­ne europea. Faccio solo un esempio concreto. Se il processo di elaborazio­ne della legge di bilancio non fosse rigidament­e calendariz­zato dall’Unione, col cosiddetto “semestre europeo”, ci saremmo risparmiat­i pantomime inutili come la discussion­e in aula di un Documento di economia e finanza sostanzial­mente vuoto, e ora, magari, staremmo già parlando di concrete misure di intervento. La pervasivit­à delle regolette europee nel processo normativo ed esecutivo è deleteria per la dialettica democratic­a, e a valle per l’economia. L’economista Daron Acemoglu e i suoi coautori insistono da anni sulla relazione positiva fra democrazia e crescita. Partecipan­do al processo decisional­e si percepisce come il deficit di crescita del l’Eurozona sia strettamen­te correlato al suo deficit di democrazia.

OSSERVATI SPECIALI DAI MERCATI

“Se io e Borghi fossimo quei pazzi che qualcuno dice avremmo usato i superpoter­i per far saltare il banco”

NESSUNA BOCCIATURA ESTERNA

La fuga di capitali tra maggio e giugno si è fermata, era dovuta al caos nella fase di formazione dell’esecutivo

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Ansa Visioni opposte Il presidente della Commission­e Finanze Alberto Bagnai. In alto Angela Merkel con Macron e Conte
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