Milano, 2 anni dopo Expo resta il guaio della bonifica
Progetto Mind Impossibile costruire sull’area senza prima convincere tutti del completo risanamento e della sicurezza della falda acquifera. I dati raccolti dal “Fatto” dicono altro
Una storia infinita quella dei terreni dell’Esposizione. Negli anni sono stati dichiarati: puliti, inquinati, bonificati, ripuliti ma non del tutto. Ora che sta per partire il nuovo piano, i nodi vengono al pettine
AREXPO TRATTAMENTI STA REALIZZANDO AGGIUNTIVI I NUOVI PER RISPETTARE I PARAMETRI E POTRÀ RIVALERSI SUI VECCHI PROPRIETARI CHE SONO PERÒ PRONTI A FARE CAUSA
Èuna storia infinita, quella dei terreni Expo. Negli anni sono stati dichiarati: puliti, inquinati, bonificati, ripuliti ma non abbastanza. Ora che su quell’area, per il progetto Mind ( Milano innovation di
strict), stanno arrivando investimenti per 4 miliardi di euro, 2 pubblici e 2 privati, i nodi vengono al pettine. Impossibile procedere con la costruzione di un grande ospedale (il nuovo Galeazzi), di un campus universitario (quello della Statale di Milano), di laboratori di ricerca (per Human Technopole), impossibile vendere a privati, a grandi aziende e multinazionali (tra cui Novartis, Bayer, Glaxo, Bosch, Abb, Celgene, Ibm), senza prima convincere tutti che i terreni sono stati bonificati e che la falda acquifera sotterranea non è inquinata.
Ebbene: alcuni dati e documenti raccolti dal Fa tto
Quotidiano mettono in dubbio entrambe la cose. Tanto che in una riunione di appena tre mesi fa i rappresentanti di Regione Lombardia, Città metropolitana ( la ex Provincia) e Arexpo (la società pubblica proprietaria dei terreni) arrivano addirittura a ipotizzare, come si legge nel verbale, “l’adozione di ordinanze sanitarie, contingibili e urgenti”.
Terra / L’area Mind è ancora “sporca”
I terreni su cui è stata impiantata l’esposizione universale del 2015 sono stati bonificati dalla società Expo, guidata dal commissario e amministratore delegato Giuseppe Sala (ora sindaco di Milano). La bonifica però non è stata completa, fino a portare le terre a una pulizia secondo i valori imposti dalla tabella A, la più rigorosa. Non c’era abbastanza tempo ed Expo era una iniziativa temporanea: dunque era sufficiente rientrare nella tabella B.
Ora, però, per realizzare Mind, l’ospedale, il campus, il polo di ricerca, le aziende e le residenze definitive previste, è necessario adeguare i terreni alla tabella A. Potrebbe essere necessario portate via 36 mila tonnellate di terra “sporca” che contiene anche arsenico e solfati e che dovranno essere smaltite in discarica (dove?) come rifiuti. Quando costerà la nuova bonifica? Un milione e mezzo di euro, secondo le previsioni di Arexpo. “Ma è una cifra massima, nella peggiore delle ipotesi”, spiegano. “In realtà la situazione è meno compromessa del previsto, tanto che abbiamo appena ripulito 5 mila metri quadrati dell’area comprata dal Galeazzi per l’ospedale e abbiamo speso soltanto 28 mila euro”.
La società Expo Milano 2015 sostiene di avere speso, per le bonifiche già realizzate in passato e per la rimozione di terre inquinate e amianto, 37 milioni di euro invece dei 6 previsti all’inizio. Ora Arexpo sta realizzando le nuove bonifiche aggiuntive per portare i terreni a Tabella A. Alla fine, potrà rivalersi sui privati che le hanno venduto le aree (tra questi, il gruppo Cabassi e Fondazione Fiera). Un bel problema, perché i vecchi proprietari pur di non pagare sono pronti a fare cause. Cabassi ne ha già aperta una e Fondazione Fiera, che è creditrice di 47 milioni già messi a bilancio per i suoi terreni venduti ad Arexpo, trema al pensiero di veder assottigliare il suo credito a causa delle bonifiche. È un intreccio inestricabile di dare e avere, perché Fondazione Fiera è sì un ente formalmente privato, ma è controllato dalla Regione Lombardia, che di suo ha già messo 50 milioni per Experience , cioè le iniziative e i concerti che tengono viva e non abbandonata l’area in questi anni di passaggio tra Expo e Mind. Quei soldi servono, più che per i concerti, per appianare le perdite d’esercizio di Arexpo (38 milioni nel 2016, 12 milioni nel 2017)? No, risponde Arexpo: “Per far quadrare i bilanci 2016 e 2017 abbiamo utilizzato le nostre riserve, derivanti dall’aumento di capitale di 50 milioni sottoscritto dal nuovo socio, il ministero dell’Economia. Per il 2018 prevediamo invece di chiudere l’esercizio in leggero utile. Per i bilanci 2016 e 2017 non abbiamo in alcun modo utilizzato i finanziamenti regionali Experience”. L’affermazione sembra essere contraddetta però dai bilanci 2016 e 2017 della stessa Arexpo, dove si dice chela perdite d’ esercizio (46 milioni nel 2016 e 22 nel 2017) saranno coperte –“sostanzialmente” nel 2016 e “parzialmente” nel 2017– “utilizzando il versamento in conto capitale concesso da Regione Lombardia per la realizzazione del progetto Fast Post Expo”, cioè Expe
rience. Comunque sia, almeno i 50 milioni del ministero vanno aggiunti al buco nero di Expo: già più di 2 miliardi di uscite complessive, con soltanto 700 milioni di entrate.
Acqua / La falda è avvelenata
Non c’è solo la terra di Expo, da riportare in tabella A. C’è anche la falda acquifera, inquinata per anni, forse decenni, dalle aziende a Nord d el l’area. Soprattutto la Brenntag, ex Weiss, che ave- va sede a un passo dall’esposizione universale e che per anni ha disperso nel terreno inquinanti pericolosi e cancerogeni come il tetracloroetilene e il cloruro di vinile. Sulla vicenda è in corso un’inchiesta della Procura di Milano. Arexpo, che ora (insieme a LandLease) deve vendere i terreni ai privati e dare forma al progetto Mind, cerca di rassicurare sostenendo che la falda è stata messa in sicurezza da un Mise (Messa in sicurezza di emergenza), una barriera idraulica che pompa e ripu- lisce le acque di falda. Ci sono però due problemi. Il primo è che il Mise, che dal 2015 è ben visibile appena fuori dal recinto di Expo, proprio a pochi metri dall’Albero della vita, è pagato con soldi pubblici (prima da Expo spa, ora da Arexpo spa): dovrebbe essere invece la Brenntag a pagare l’inquinamento procurato negli anni. Il secondo problema è che quel Mise pulisce l’area del “p ie zo me tr o 12”, mentre lì vicino c’è un altro rilevatore di falda, il “piezometro 5”, che fin dalla
La fognaturaNel maggio 2018 si torna a parlare di cromo esavalente: un documento della Regione Lombardia ammette che vi sono “focolai di contaminazione”
Potrebbe essere necessaria ‘l’adozione d’ordinanze sanitarie, contingibili e urgenti’
(VERBALE ISTITUZIONALE)
prima metà del 2013 rileva la presenza, seppure non costante, di cromo esavalente e altri inquinanti. Già prima dell’esposizione universale l’Arpa (l’agenzia regionale del territorio) aveva chiesto di intervenire per sanare la situazione: le concentrazioni di 1.780 microgrammi per litro di cromo esavalente rilevate nel dicembre 2014 “comporterebbero l’adozione di immediate misure di messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda”. Nel 2015, l’anno di Expo, vengono segnalati picchi di cromo di 1.700 microgrammi per litro a maggio e di 850 ad agosto e settembre. La Asl di Milano segnala che le sostanze inquinanti vanno “in transito al di sotto della piastra espositiva”. Chiede interventi per “contenere la contaminazione”, “in relazione all’aumento delle concentrazioni di solventi clorurati nei pozzi di approvvigionamento del sito Expo”. I visitatori dell’espo sizi one universale hanno dunque bevuto acqua inquinata, con la quale sono stati pure cu- cinati i pasti dell’Expo dedicato al cibo? L’Asl, contattata da il Fatto Quotidiano, risponde di no: “Da quei pozzi non era prelevata l’acq ua potabile, ma quella destinata a impianti antincendio, impianti di recupero energetico e irrigazione di aree verdi, escluse le colture edibili e impianti igienico-sanitari”. Quanto al vecchio inquinamento provocato dalla Brenntag, Arexpo ha fatto causa all’azienda, chiedendo il risarcimento del danno. “Se Città Metropolitana ci indicherà altre società inquinanti, apriremo cause anche contro di loro”.
Regione / L’ammissione: c’è “contaminazione”
In una riunione del 28 ottobre 2015, pochi giorni prima dalla chiusura di Expo, Città Metropolitana sostenne che il responsabile della contaminazione da solventi clorurati era il gestore della fo- gnatura, cioè i diversi Comuni della zona. Nel maggio 2018, dopo anni di silenzio e nessuna iniziativa intrapresa, si torna a parlare di cromo esavalente: un documento della Regione Lombardia ammette che in corrispondenza del “piezometro 5” vi sono “focolai di contaminazione, individuati nell’area a monte idrogeologico del sito Arexpo” e che “non sono in corso azioni di bonifica delle acque di falda, in quanto non è mai stato rilevato il nesso di causalità tra gli inquinanti rilevati nelle acqua di falda e quelli presenti nei terreni insaturi”. Gli inquinanti, comunque, sono “rilevati”. Sono individuate anche due aziende che potrebbero essere la causa dell’inquinamento: la Waste Mag srl e la Ctv Automatismi Vigilante srl. Arexpo garantisce al Fatto “un monitoraggio continuo di ogni presenza d’inquinanti, che finora non ha mai rilevato valori anomali”.
Qualora l’intervento sulle due società non portasse a una soluzione, secondo Città Metropolitana per il futuro resta in campo una sola ipotesi: la necessità di varare quelle ventilate “ordinanze sanitarie, contingibili e urgenti”.