Tutti al mare Ed è subito effetto triglia
Qualcuno ci prova gusto a spiaggiarsi sulla sabbia rovente, nel grande caldo d’agosto, coi piedi bagnati dalla risacca lenta e ripetitiva. Da quando sono bambina osservo distaccata quest’umanità di tutti al mare a “mostrar le chiappe chiare” e non la capisco. Mi sento un po’ come il visitatore della meravigliosa canzone di Paolo Conte, Una giornata al mare: “Sono venuto a vedere quest ’ acqua e la gente che c’è”, e me lo immagino coi lembi della camicia e dei pantaloni arrotolati, coi calzini nelle scarpe tenute con due dita, a passeggiare tra gli asciugamani e gli ombrelloni, estraneo, con la voglia di rifugiarsi all’ombra di uno chalet a bersi una gazzosa ghiacciata. Sì, io sono un po’ come quel signore, però diversamente da lui che va al mare solo per “...vedere la gente che c’è” ed evadere per poche ore dalla monotonia di una casa in campagna, con solo un geranio sul balcone, io il mare, quello vero lo amo. Scivolo nel blu e divento mare, mi piace nuotare, mischiarmi a questo mondo subacqueo tra sgombri, orate, branzini e soprattutto triglie. Il problema è che i suddetti pesci, mitici abitatori del mare non ci sono più, sono diventati come le sirene, se ne parla tanto dai tempi del povero Ulisse, ma chi le ha viste mai! E allora mi rifugio nella fantasia e per un attimo mi sento triglia, ovviamente di scoglio, con i miei bei barbigli rossastri e l’andatura fluttuante come una ballerina classica. Forse è per questo che ho deciso di studiare danza. La sala prove per me diventa il mare, svolazzo e piroetto davanti allo specchio, come se fossi immersa nell’i mm e ns o blu marino. Io in quel momento sono triglia a tutti gli effetti! Nessuno se ne accorge, solo Manolita ha qualche sospetto. Meno male che i pescatori in sala prove non sono ammessi.