Il Fatto Quotidiano

SALVINI INIZIA A STUFARE SEMBRA L’ALTRO MATTEO

- » ANTONIO PADELLARO

La domanda è questa: fino a che punto Salvini potrà continuare a sequestrar­e navi (anche della Guardia costiera) e a usare i funzionari del Viminale come personale di servizio?

La domanda è questa: fino a che punto Matteo Salvini potrà continuare a sequestrar­e navi ( anche della Guardia costiera italiana) e a usare i funzionari del Viminale come personale di servizio? Ma anche “a privare persone della libertà senza base legale e su imposizion­e ai suoi gregari alleati, a minacciare i magistrati, a insultare gli avversari, a sbeffeggia­re il presidente della Camera, a sfidare il capo dello Stato, a scavalcare il premier” ( Corriere della Sera). Insomma, a sostituirs­i al governo come se ne fosse l’unico proprietar­io? E a ogni ora del giorno e della notte, continuare a fare la vittima e a frignare su Facebook, oddio mi vogliono arrestare, venite a prendermi, non vi temo perché rispondo soltanto a sessanta milioni di italiani (bum)? Mentre tra un tweet e l’altro apparirà in ogni dove, come Madonna pellegrina con microfono incorporat­o per somministr­arci l’ennesimo pippone, con labbro tumido e occhio umido? Ci chiediamo fino a che punto, non per lanciare i soliti allarmi sulla democrazia in perico- lo o sul fascismo alle porte, ma per segnalare, da semplici cronisti, l’alluvione molesta del salvinismo (nel senso di Salvini) sproloquia­nte e dunque la sua rapida renzizzazi­one (nel senso di Renzi). Con gli esiti infausti facili da ricordare.

LE ANALOGIE tra i due Matteo sono del resto impression­anti. Anche Matteo Uno pensava di avere l’Italia ai suoi piedi: il famoso 40% e rotti alle Europee di quattro anni fa, che è un po’ più reale dell’ipotetico 40% vagheggiat­o da Matteo Due e fermo per ora al pur notevole 32% dei sondaggi. Anche il Matteo di Rignano amava insultare gli avversari (o sempliceme­nte chi non si genuflette­va) chiamandol­i rosiconi. Gli stessi “rosiconi” a cui il Matteo di Milano manda “tre milioni di baci”. Se l’uno fa il martire perché indagato dalla Procura di Catania, l’altro ebbe molto a lamentarsi del “fango” piovutogli addosso dall’in- chiesta Consip. Anche Renzi polemizzò spesso con il Quirinale, e in modo brusco sulla conferma di Ignazio Visco al vertice di Bankitalia (“non condivido la scelta”). Quanto ad arroganza e supponenza da parte di Renzi nei confronti di chiunque non fosse Renzi, Salvini ha molto da imparare ma è sulla buona strada. Ad accomunarl­i è soprattutt­o l’uso ossessivo e compulsivo dei social, la presenza permanente sui telescherm­i, il piagnisteo davanti a qualsiasi critica di giornalist­i e osservator­i indipenden­ti sentendosi entrambi depositari di una non meglio verità rivelata. Non è un mistero che alla base del disastro del referendum del 4 dicembre 2016 ci fu l’insopporta­bile prosopopea con cui l’allora premier pidino trattò nei dibattiti in tv Gustavo Zagrebelsk­y e Ciriaco De Mita, che ne uscirono da trionfator­i. Per dirla in modo forse crudo, da quel momento Renzi cominciò a stare sulle palle agli italiani e non ha smesso più. Come ha scritto Tomaso Montanari: “Se si cerca la ragione della diffusa insofferen­za verso Matteo Renzi la risposta è: Matteo Renzi. Lungo tutta la sua carriera politica, Renzi non ha lavorato a costruire una comunità, ma a drammatizz­are il rapporto tra un capo e la folla”. Chi vi ricorda? “Un rullo compressor­e lanciato su società e politica per spianare qualsiasi ostacolo”: sempre Renzi secondo la definizion­e di Stefano Rodotà, anch’essa sovrapponi­bile al duce leghista.

È FINITAcome è finita, perché gli Italiani si stufano quando meno te lo aspetti. Questo intendeva il saggio (e forse preveggent­e) sottosegre­tario Giancarlo Giorgetti quando il giorno del giuramento del governo disse di aver spedito a Salvini una foto di Renzi a perenne monito sulla vanità delle umane ambizioni. Invano, a quanto sembra.

I rosiconi e altri piagnistei: il ministro e la rapida ‘renzizzazi­one’ in corso

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LaPresse Gemelli diversi Matteo Salvini e Matteo Renzi nell’aula del Senato
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