SALVINI INIZIA A STUFARE SEMBRA L’ALTRO MATTEO
La domanda è questa: fino a che punto Salvini potrà continuare a sequestrare navi (anche della Guardia costiera) e a usare i funzionari del Viminale come personale di servizio?
La domanda è questa: fino a che punto Matteo Salvini potrà continuare a sequestrare navi ( anche della Guardia costiera italiana) e a usare i funzionari del Viminale come personale di servizio? Ma anche “a privare persone della libertà senza base legale e su imposizione ai suoi gregari alleati, a minacciare i magistrati, a insultare gli avversari, a sbeffeggiare il presidente della Camera, a sfidare il capo dello Stato, a scavalcare il premier” ( Corriere della Sera). Insomma, a sostituirsi al governo come se ne fosse l’unico proprietario? E a ogni ora del giorno e della notte, continuare a fare la vittima e a frignare su Facebook, oddio mi vogliono arrestare, venite a prendermi, non vi temo perché rispondo soltanto a sessanta milioni di italiani (bum)? Mentre tra un tweet e l’altro apparirà in ogni dove, come Madonna pellegrina con microfono incorporato per somministrarci l’ennesimo pippone, con labbro tumido e occhio umido? Ci chiediamo fino a che punto, non per lanciare i soliti allarmi sulla democrazia in perico- lo o sul fascismo alle porte, ma per segnalare, da semplici cronisti, l’alluvione molesta del salvinismo (nel senso di Salvini) sproloquiante e dunque la sua rapida renzizzazione (nel senso di Renzi). Con gli esiti infausti facili da ricordare.
LE ANALOGIE tra i due Matteo sono del resto impressionanti. Anche Matteo Uno pensava di avere l’Italia ai suoi piedi: il famoso 40% e rotti alle Europee di quattro anni fa, che è un po’ più reale dell’ipotetico 40% vagheggiato da Matteo Due e fermo per ora al pur notevole 32% dei sondaggi. Anche il Matteo di Rignano amava insultare gli avversari (o semplicemente chi non si genufletteva) chiamandoli rosiconi. Gli stessi “rosiconi” a cui il Matteo di Milano manda “tre milioni di baci”. Se l’uno fa il martire perché indagato dalla Procura di Catania, l’altro ebbe molto a lamentarsi del “fango” piovutogli addosso dall’in- chiesta Consip. Anche Renzi polemizzò spesso con il Quirinale, e in modo brusco sulla conferma di Ignazio Visco al vertice di Bankitalia (“non condivido la scelta”). Quanto ad arroganza e supponenza da parte di Renzi nei confronti di chiunque non fosse Renzi, Salvini ha molto da imparare ma è sulla buona strada. Ad accomunarli è soprattutto l’uso ossessivo e compulsivo dei social, la presenza permanente sui teleschermi, il piagnisteo davanti a qualsiasi critica di giornalisti e osservatori indipendenti sentendosi entrambi depositari di una non meglio verità rivelata. Non è un mistero che alla base del disastro del referendum del 4 dicembre 2016 ci fu l’insopportabile prosopopea con cui l’allora premier pidino trattò nei dibattiti in tv Gustavo Zagrebelsky e Ciriaco De Mita, che ne uscirono da trionfatori. Per dirla in modo forse crudo, da quel momento Renzi cominciò a stare sulle palle agli italiani e non ha smesso più. Come ha scritto Tomaso Montanari: “Se si cerca la ragione della diffusa insofferenza verso Matteo Renzi la risposta è: Matteo Renzi. Lungo tutta la sua carriera politica, Renzi non ha lavorato a costruire una comunità, ma a drammatizzare il rapporto tra un capo e la folla”. Chi vi ricorda? “Un rullo compressore lanciato su società e politica per spianare qualsiasi ostacolo”: sempre Renzi secondo la definizione di Stefano Rodotà, anch’essa sovrapponibile al duce leghista.
È FINITAcome è finita, perché gli Italiani si stufano quando meno te lo aspetti. Questo intendeva il saggio (e forse preveggente) sottosegretario Giancarlo Giorgetti quando il giorno del giuramento del governo disse di aver spedito a Salvini una foto di Renzi a perenne monito sulla vanità delle umane ambizioni. Invano, a quanto sembra.
I rosiconi e altri piagnistei: il ministro e la rapida ‘renzizzazione’ in corso