Niente pace per i cento: proteste a Rocca di Papa
Sosta nel Comune romano prima di andare nelle diocesi: rivolta sul web
Non c’è pace per i passeggeri della “Diciotti”. Dopo il divieto da parte di Matteo Salvini, che ha impedito il loro sbarco a Catania, e nonostante l’intervento della Cei che ha permesso di scendere dal pattugliatore, adesso devono affrontare la rabbia degli abitanti di Rocca di Papa, paese di 17 mila anime nella zona dei Castelli Romani, a pochi chilometri da Ciampino.
Arriveranno oggi dall’hotspot di Messina e rimarranno alcuni giorni nel centro “Mondo migliore” gestito dell’Auxilium, cooperativa cattolica fondata da Angelo Chiorazzo, ex vicepresidente di un’ altra coop bianca, La Cascina (vicina a Comunione e liberazione) coinvolta in molte inchieste su appalti per la gestione dell’accoglienza, tra cui quella su Gianni Letta e sul prefetto Mario Morcone, inchiesta poi archiviata. Per i contatti con un concorrente (Salvatore Buzzi), fu citato senza essere indagato nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione “Mafia Capitale”. Chiorazzo è un imprenditore molto ben inserito che nei suoi centri riceve le visite di cardinali e vescovi, politici e prefetti. Uno sul cui profilo Facebook pubblica una foto in compagnia di papa Francesco, che avrebbe indirizzato i migranti verso il centro gestito da Auxilium: “Ma è stata la società a farsi avanti”, si apprende.
I CENTO MIGRANTI della Diciotti, soprattutto eritrei, si fermeranno nel centro “Mondo migliore” per poco, una settimana o poco più. I cittadini protestano sui social. “Io non li voglio”, scrivono da Rocca di Papa. “Se li tenesse il Vaticano”. È un diluvio di polemiche. “Non abbiamo ricevuto comunicazioni ufficiali del ministero degli Interni o della Prefettura, ma la decisione di ospitare i migranti a ‘Mondo migliore’è una precisa indicazione personale di
Papa Francesco”, ha scritto su Facebook il sindaco Emanuele Crestini. “Ci stiamo già attivando, in coordinamento con la prefettura e la cooperativa per continuare a garantire il massimo controllo sul territorio, per evitare eventuali disagi alla cittadinanza”.
Non è bastato a calmare gli abitanti. “Non saranno parcheggiati lì – garantisce il portavoce della Cei, don Ivan Maffeis –, hanno bisogno di pochi giorni per riprendersi dai problemi di salute”. Poi ci sono i tempi burocratici per l’accordo di Cei e Caritas con il ministero dell’Interno. Dopo l’incontro di sabato tra don Maffeis e Salvini, ieri il responsabile migrazione della Caritas, Oliviero Forti, e don Aldo Bonaiuto della Comunità Papa Giovanni XXIII (fondata da don Oreste Benzi per accogliere le donne ridotte in schiavitù) hanno incontrato i funzionari del Viminale e in serata è partita la lettera formale con cui la Cei assicura allo Stato la disponibilità di accogliere i cento migranti a spese dei vescovi: “La Cei darà alle diocesi dei contributi, ma in passato nessuna ha chiesto fondi per l’accoglienza avviata”, dice don Maffeis.
Molte sedi episcopali si sono fatte avanti: “Mi sta commuovendo il fatto che da tutte le chiese d’Italia mi giungano telefonate e messaggi di vescovi che dicono ‘Io 20, io 30’– ha detto ieri il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della conferenza episcopale –: questa è la disponibilità della nostra gente e delle nostre Chiese”. Tra queste ci sono Milano, Torino, Brescia, Bologna, Agrigento, Cassano all’Jonio e Rossano Calabro. Spetterà alla Caritas stabilire quali progetti siano più adatti anche alle esigenze di mantenere dei legami tra i migranti: tra di loro ci sono tre coppie e molti fratelli che non devono essere separati. “Altrimenti è una spedizione di pacchi”, conclude don Maffeis. Il modello è quello dell’accoglienza diffusa nelle parrocchie e coordinata dalla Caritas con cui sono stati accolti circa 27 mila migranti.
I vescovi
Il portavoce Cei: “Non saranno parcheggiati lì” Milano, Torino e Bologna pronte a ospitarli