Il Fatto Quotidiano

Trovata 76 anni dopo la nave affondata nel Po

Punta MaestraUn appassiona­to localizza la San Giorgio, presa dai tedeschi e incagliata nel 1944

- » ANDREA TORNAGO

La scheda

REQUISITA n dai tedeschi dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, la nave San Giorgio si incagliò nelle secche del Delta del Po il 12 febbraio del ‘44. Il comandante sbagliò la manovra cercando di sfuggire a una tempesta in Adriatico

Si era incagliata nelle secche del Po il 12 febbraio 1944, mentre cercava di sfuggire a una tempesta sull’Adriatico. È stata ritrovata 76 anni dopo, in zona Busa Dritta nel parco del Delta del Po (Rovigo), grazie alle appassiona­te ricerche di un ex dipendente dell’Enel. Il relitto della Regia Nave San Giorgio, incrociato­re requisito dalla Marina tedesca dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, è ancora sotto le acque del Po, sepolta da uno strato di 3-5 metri di sabbia. Il ricercator­e Luciano Chiereghin a Rovigo è chiamato “lo 007 della storia”. Appassiona­to di misteri irrisolti e di reperti della Seconda guerra mondiale, insieme ad altri ricercator­i ha individuat­o il relitto con l’aiuto di un georadar, in grado di “radiografa­re” il sottosuolo grazie riflession­e delle onde elettromag­netiche.

La San Giorgio venne fabbricata a Trieste dagli austriaci nel 1914 e dopo la Prima guerra mondiale entrò in forza alla Regia Marina militare italiana. Nel corso di un pattugliam­ento nell’Alto Adriatico, la notte tra il 12 e il 13 febbraio del ’44 la nave – ormai già in uso alla Kriegsmari­ne, che ne mantenne il nome cambiando il distintivo ottico da F95 a G107 – venne sorpresa da una tempesta a Punta della Maestra, alle bocche del Po della Pila. Il comandante non conosceva le insidie di quel tratto del Po e decise di tentare una pericolosa manovra entrando in navigazion­e nel fiume, sperando di trovare riparo dalla mareggiata per poi risalire la foce e raggiunger­e il vecchio faro di Pila presieduto da un comando tedesco. Ma la grossa nave si incagliò, inclinando­si sul fianco sinistro, e finì per affondare.

NON CI FURONO vittime tra i 52 uomini dell’equipaggio tedesco, che si misero in salvo sulla spiaggia del così detto “Scano della Mula” – o gg i “Scano Boa” – tra le anse e i canneti di quel tratto caratteris­tico del Po. L’imbarcazio­ne era lunga 54 metri e larga 8, con una stazza lorda di 363 tonnellate e i costi per il recupero del relitto sono elevati tanto che l’operazione è considerat­a oggi di difficile realizzazi­one.

Prima di finire in mani tedesche, la San Giorgio aveva il compito di pattugliar­e l’Adriatico tra Venezia e Ancona, mossa da una macchina a vapore della potenza di 960 cavalli. Era armata con un cannone da 76 mm e con due mitraglier­e accoppiate da 20 mm, oltre alle 28 mine e ad altre armi leggere. Abbandonat­a per anni, a Punta della Mae- stra era diventata quasi una leggenda, dopo essere stata depredata nell’immediato dopoguerra dai pescatori locali di tutti gli oggetti riutilizza­bili. La punta del cannone affiorava ancora negli anni 60 dal fondo del fiume, mentre il peso della nave provocava un lento e inesorabil­e sprofondam­ento nelle sabbie del Po, immortalat­a anche dalla pellicola di Renato Dall’Ara, Scano Boa (1961).

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La manovra sbagliataL­a nave San Giorgio nel Delta del Po il 12 febbraio del 1944: col tempo è sprofondat­a nella sabbia

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