A PROPOSITO DI CAPALBIO, LA DICIOTTI E DAGOSPIA
Matteo Salvini, 31 agosto: “Al Premio Capalbio i soliti radical chic si indignano sugli immigrati clandestini al grido di‘ è colp adi Salvini’. Roberto D’ Agostino, fondatore di D ago spia, li smonta in due minuti”. L’annuale cerimonia si chiama Premio Capalbio (presidente Nicola Caracciolo). È avvenuta il 25 agosto. Si premiano libri, si donano targhe, c’è qualche intervista, una breve riflessione dedicata ad autrici e autori premiati, quasi solo con attestazioni di stima. A me è stato chiesto di presentare uno di questi premi, e il premiato. Ho preso l’iniziativa, però, prima di parlare del libro, di fermare per un minuto l’attenzione sul sequestro in corso di 177 naufraghi stremati dalle torture in Libia e dal salvataggio in mare, a opera dell’ormai celebre nave militare italiana Diciotti. Ma a quella nave, che aveva appena onorato la nostra Marina salvando disperati dal naufragio, è stato negato lo sbarco in un porto italiano. Attenzione. Il regime nel quale ora stiamo vivendo ha adesso come modello quello del premier Orbán d’Ungheria, un Paese in cui sono stati azzerati i giornalisti e i magistrati, un regime vendicativo che sconsiglia dissensi. Non mi aspettavo, devo dire, che l’eroe di Orbán sarebbe stato rappresentato, anche in un tranquillo evento culturale italiano, da un emissario travestito da premiato, con il compito di inscenare un comizio leghista per stabilire che in nessun luogo o circostanza si critica impunemente l’asse Lega-Orbán. Devo precisare che, a questo punto, fra tanti illustri presenti, soltanto Giovanni Maria Flick ha sostenuto e ripetuto la denuncia del sequestro di profughi e marinai italiani in un porto italiano. La vendetta, però, era già preparata.
L’EVENTO Premio Capalbio è stato interrotto da qualcuno, riconoscibile ma non credibile, che è saltato sul palco, si è impossessato del microfono e ha subito ammonito con veemenza: “Qui non si parla della Diciotti. Qui si parla del ponte di Genova!”. Queste, ci è stato fatto capire, sono le direttive del regime “frontiere chiuse”. Perché? Per- ché sì. La sorpresa è stata di scoprire che, come avete appena letto dai ringraziamenti di Salvini, il messo del nuovo corso è Roberto D’Agostino, a cui, per ragioni finora ignote, è stato affidato il compito di perdere la faccia pur di difendere le frontiere chiuse dell’asse Salvini-Budapest. Ne parlo, e mi spiace, perché lui stesso, D’Agostino, si è autocongratulato dando immediata notizia dell’evento un po’ umiliante (ubbidienza pronta, cieca e assoluta), con un comunicato di vittoria pubblicato a cura di Dagospia. Dunque, da un lato il famoso giornalista, finora osservatore divertito dei fatti degli altri, ha usato tutta la paccottiglia disponibile su Capalbio, da trent’anni a questa parte, compresi radical chic e champagne, l’invenzione di migranti cacciati e la vanagloria culturale e politica dei bagnanti locali. Tutto ciò pur di aggredire il bersaglio cercato ( come avete capito, la sua scenata un po’ teatrale, un po’ triste, si riferiva a me, perché ero stato, un momento prima, a ricordare la presa in ostaggio di migranti e marinai della Diciotti, già definito “uno che fa schifo” dall’eroe di Orbán e mandante di Dagospia. Poi l’improvvisato sottufficiale ha detto – sembra incredibile ma cito dal testo che lui stesso ha pubblicato –: “Voi alzate il ditino su quel trucido di Salvini, ma nemmeno una parola è stata spesa sulla strage di Genova”. Verificate la frase. Benché priva di senso, è stata detta e scritta da un uomo che, di solito, ha controllo e ironia. Chiunque avrebbe potuto rispondere che i naufraghi della Diciotti erano, in quel momento, e fino all’intervento del Vaticano, tenuti in ostaggio, e non si può smettere di denunciare un delitto in corso. Le vittime di Genova sono state travolte dalle macerie di costruzioni pericolose per tutti e di controlli mai fatti, compresi due governi Lega-Berlusconi. Non resta che il cordoglio e l’allarme di tutti, e un’indagine implacabile della magistratura.
MA QUESTA RISPOSTAnon c’è stata perché Dagospia, a nome di Salvini, non ha mai mollato il microfono (il sindaco ha dovuto lottare per riaverlo) e ha buttato in aria un evento culturale a nome di Salvini. La ragione? Qualcuno aveva denunciato, per meno di due minuti, il sequestro di migranti sofferenti, torturati, malati, come era già stato certificato da medici e da giudici. Morale: state attenti. Se si sparge la voce (gli informatori ci sono sempre) che dite male del regime, adesso sapete che D’Agostino viene a cercarvi a casa. Niente aiuta Orbán e il suo eroe come l’imbroglio, la confusione e il cambiare le carte in tavola. Niente è più utile dei professionisti delle fake news. Forse non lo sapete, ma sulla Diciotti, durante la famosa attesa, si brindava a champagne. Si potrebbero chiedere i danni all’erario, per tutte quelle giornate passate al sole, con i soldi degli italiani.