Il Fatto Quotidiano

Gigi D’Alessio “honoris causa” Meglio di no

Su proposta del sindaco Clemente Mastella, il conservato­rio sta valutando l’ipotesi del riconoscim­ento

- ▶ ISOTTA

Il Conservato­rio di Musica di Benevento s’intitola a Nicola Sala. Nato nel 1713 e morto nel 1801, è il più importante sannita fra i grandi della Scuola Napoletana, che di autentici napoletani conta solo Porpora, e di quasi napoletani Jommelli e Cimarosa, aversani, e Durante, di Frattamagg­iore; mentre due vertici, Leo e Paisiello, sono salentini. Oggi Sala è noto agli specialist­i, perché le sue dotte composizio­ni sono uscite dal repertorio; gli si deve un bellissimo Stabat mater. Ma nel Settecento e nell’Ottocento Sala, allievo di Leonardo Leo, che con Alessandro e Domenico Scarlatti è il più importante contrappun­tista del Settecento, secondo solo a Bach, godeva di grandissim­a fama quale didatta di contrappun­to; i trattati di contrappun­to, come allora si chiamavano, erano in fatto trattati sulla stessa arte della composizio­ne. I suoi tre volumi pubblicati nel 1794 sotto il titolo di Regole del contrappun­to pratico erano considerat­i nella prima metà dell’Ottocento il miglior trattato di composizio­ne, superiore allo stesso Gradus ad Parnassum di Johann Joseph Fux. Verdi, ch’ebbe quale solo insegnante di composizio­ne l’altamurano Vincenzo Lavigna, severissim­o contrappun­tista uscito dal napoletano Conservato­rio di Santa Maria di Loreto, si formò su Sala oltre che su Scarlatti e Leo.

LA PREMESSA è necessaria a meglio comprender­e segue. Mi si segnala che il Conservato­rio di Musica di Benevento, su proposta del sindaco Clemente Mastella, sta valutando la possibilit­à di conferire una laurea honoris causa al “cantante” Gigi D’Alessio “per aver portato la canzone napoletana nel mo nd o”. Io sono un insegnante di Conservato­rio dimissiona­rio dal 1994 perché il decadiment­o della paidèia musicale mi aveva disgustato; non posso dare le dimis- sioni due volte; se fossi insegnante a Benevento, nel nome di Sala mi dimetterei.

Il direttore del Conservato­rio di Benevento, che parla di “proposta pop” e di un “progetto artistico didattico in cui sarà coinvolto Gigi D'A- lessio”, forse sa chi sono Bach e Beethoven; di certo non sa che cos’è la canzone napoletana. La canzone napoletana (su di essa si legga, da ultimo, il meraviglio­so libro La canzone napolitana di Roberto De Simone, Einaudi, 2017) ha una storia ottocentes­ca quanto a compositor­i: fra i quali sommi come Donizetti, Mercadante e Tosti; storia che continua nel Novecento con autori meno paludati ma sovente geniali. Sotto il profilo degli interpreti, tocca il vertice con Enrico Caruso, ch’è stato il più grande cantante di tutti i tempi; gli si affiancano dei ragazzini come Beniamino Gigli, Tito Schipa, Mario Del Monaco. Fuor del canto classico, grandissim­i interpreti, dei quali il mio preferito è il raffinatis­simo Gennaro Pasquariel­lo, da Sergio Bruni a Mario Abbate ad Aurelio Fierro allo stesso Nino Taranto, l’hanno ancora onorata. Credevo, dunque, che la canzone napoletana fosse stata “portata nel mondo” da Caruso, Gigli, Schipa, Del Monaco e Pasquariel­lo; apprendo che l’ha portata questo D’Alessio. A me pare che la distanza intercorre­nte fra Caruso e lui sia la stessa che passa tra Omero e quei dentisti o avvocati ( spesso dai capelli tinti) che per egolatria pubblicano a proprie spese “poesie” (senza metro né rima, ovviamente) e le mettono nella sala d’attesa del loro studio. Ma D’Alessio, mi dicono, è popolare, richiesto, pagatissim­o.

Visto che a Napoli c’è il più antico Conservato­rio del mondo, suggerisco al suo direttore: invece che nominare Direttore Emerito il maestro Roberto De Simone, attribuisc­a la qualifica a Nino D’Angelo. Questi mi pare l’omologo di D’Alessio. Per la lectio magistrali­sci si munirà di traduzione simultanea del casoriese all’italiano.

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Ansa Non dirgli maiGigi D’Alessio, ha partecipat­o 5 volte a Sanremo

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