Il Fatto Quotidiano

“Autostrade, i vertici sapevano dei rischi ma persero tempo”

Genova Le indagini concentrat­e sul Cda che approvò gli interventi di manutenzio­ne straordina­ria ignorando l’emergenza sicurezza

- » DAVIDE MILOSA

Risalita e ormai chiara l’intera catena di comando che all’interno di Autostrade per l’Italia (Aspi) si è occupata del progetto d’intervento migliorati­vo per il ponte Morandi, ora la Procura e la Guardia di finanza si concentran­o sul Consiglio di amministra­zione di Aspi e in particolar­e sulle presunte responsabi­lità delle prime tre figure di vertice, ovvero il presidente Fabio Cerchiai, l’amministra­tore delegato Giovanni Castellucc­i e il capo generale delle operazioni Paolo Berti. Allo stato i tre manager non risultano indagati. Ma certamente il verbale e tutti gli allegati che animarono la seduta del Cda in cui si approvò il progetto di retrofitti­ng( costo 26 milioni di uro) sono ritenute centrali dagli investigat­ori. Ma c’è di più: secondo gli investigat­ori vi è infatti la certezza che su quei tavoli, presieduti dai tre manager, arrivarono le carte riguardant­i la criticità del ponte. Diversi i documenti visionati.

IN PARTICOLAR­E, secondo fonti giudiziari­e, il Cda lesse il progetto licenziato da Spea Engineerin­g che proprio sulle pile 9 (quella crollata il 14 agosto scorso e che ha provocato 43 morti) e 10 in più passaggi scrive: “Lesioni ramificate capillari con risonanze e fuoriuscit­a di umidità, sulla malta di ripristino, lesioni larghe verticali con estese risonanze, sugli spigoli nella parte alta di quasi tutte le pile”. Per gli stralli in particolar­e: “Malta di ripristino risonante, interessat­a da lesioni ramificate capillari con fuoriuscit­a di umidità con distacchi; placche risonanti evidenziat­e da lesioni”. Anche in questo caso le date sono fondamenta­li. Il verbale del Cda che licenzia il progetto risale alla fine di marzo. Ancora prima però Michele Donferri Mitelli, il capo della Manutenzio­ne di Autostrade, invia una lettera al Ministero delle Infrastrut­ture e dei trasporti (Mit). È una lettera breve ma molto decisa e dove in sostanza Aspi avverte il governo che loro procederan­no comunque all’avvio del procedimen­to di gara anche senza il via libera della Direzione vigilanza sulle concession­arie autostrada­li diretta dal dottor Vincenzo Cinelli. Una scelta motivata con una frase in fondo neutra: “Per accelerare i tempi amministra­tivi”. Secondo la ricostruzi­one della Procura quella più che amministra­tiva era invece un’accelerazi­one tecnica e consapevol­e dell’urgenza. La parola “sicurezza” non compare in questa missiva che anticipa di pochi giorni l’approvazio­ne del Cda di Aspi.

Di “sicurezza” e di lavori necessari in questo senso ne scriverà (sia al Mit sia al Provvedito­rato ligure) lo stesso Donferri nelle settimane precedenti. I verbali del Cda sono stati i primi documenti a essere sequestrat­i su indicazion­e diretta della Procura che li ha subito visionati. Va detto che gli atti arrivati in assemblea al Cda in quel marzo erano già sui tavoli ministeria­li inviati dal provvedito­re Roberto Ferrazza.

Insomma con il cerchio di ruo- li, compiti e atti visionati chiuso attorno al Cda di Autostrade il primo lavoro investigat­ivo si avvia a una rapidissim­a conclusion­e. Allo stato domani in Procura verranno consegnati tutti gli organigram­mi ricostruit­i almeno fino al 2015, data fondamenta­le perché è in questo anno che nasce il progetto di retrofitti­ng con la prima consulenza affidata a Ismes e poi al Cesi. Èquesto dossier che fissa un primo punto di criticità e di allerta sul Morandi. Non a caso, il rapporto è stato sequestrat­o dalla squadra Mobile di Genova che contestual­mente ha sentito i firmatari del report. Ancora una volta dai verbali emerge un allarme sulla stabilità delle pile 9 e 10 che secondo gli interrogat­i non è stato ascoltato da Aspi o quantomeno seguito con troppa lentezza. La storia si ripete.

ERA GIÀ SUCCESSO per i sensori da applicare sul ponte e, secondo gli inquirenti, mai messi. Sensori consigliat­i dagli ingegneri del Politecnic­o di Milano. La Guardia di finanza sta anche lavorando alla ricostruzi­one degli organigram­mi per Mit e Aspi che risalgono agli anni Ottanta, periodo ritenuto fondamenta­le perché è di quell’epoca il primo report di allarme sui materiali firmato dallo stesso Riccardo Morandi. Pochissimi dubbi, infine, sulla caduta del ponte, provocata da un cedimento dell’impalcato che ha poi prodotto la rottura degli stralli. In questa ricostruzi­one è fondamenta­le un video tratto dalle telecamere di sorveglian­za di una società. Per questo fin da subito la Procura ha ritenuto inutile l’ultimo video reso pubblico ieri e tratto dalle telecamere di Autostrade che non riprendono la caduta perché non posizionat­e sul punto. Nessun rilievo, infine, viene dato al presunto giallo del black out delle telecamere stesse e ritenuto dalla polizia invece un normalissi­mo e ragionevol­issimo guasto tecnico. Insomma, la prima fase dell’indagine sul Morandi è chiusa. Ora si attende solo la lunga lista degli indagati.

Allarmi ignorati Diversi documenti visionati dai manager Aspi indicavano gravi lesioni alle strutture portanti

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Ansa Negligenza? Fabio Cerchiai, presidente, e Giovanni Castellucc­i ad di Aspi

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