Il Fatto Quotidiano

Il pastore ottantenne sconfigge Benetton e soci

Sardegna-Fallisce il resort extralusso autorizzat­o dalla Regione senza fare i conti con la proprietà di un piccolo allevatore

- » PAOLA PINTUS

Meglio lasciarlo tranquillo, lo zio Ovidio. Anche ora che sa di aver vinto la sua battaglia contro gli immobiliar­isti della Sitas, la società proprietar­ia del cantiere da 150 mila metri cubi che rischiava di cancellare, insieme al vecchio stradello del suo podere, un angolo di paradiso nella Sardegna Sud- Occidental­e, fra Capo Malfatano e Tuerredda.

Il 18 agosto il Tribunale di Cagliari ha decretato il fallimento della società, partecipat­a dai gruppi Benetton, Toti e Montepasch­i di Siena che sulla costa ancora vergine, a trecento metri dal mare avrebbe voluto realizzare un gigantesco resort con piscine, centri benessere, ville. Ope- razione andata in fumo per la caparbietà del vecchio pastore (88 anni) che come un piccolo Davide si è opposto, rifiutando anche un assegno da 700 mila euro, al gigante Golia le cui costruzion­i avrebbero imposto la deviazione dell’accesso alla sua proprietà.

Marras, visti i primi lavori per la struttura da 500 posti, aveva subito interpella­to un avvocato, accendendo una causa civile per il ripristino del vecchio tracciato cancellato dal cemento. A nulla erano valse le argomentaz­ioni della società che opponeva l’interesse superiore dei lavori a quello del mantenimen­to della stradina di campagna: il giudice aveva riconosciu­to le ragioni del pastore, comproprie­tario dell’area, ordinando la demolizion­e di quanto co- struito, compresi cancelli e recinzioni. Era l’inizio della grande battaglia, a cui si è affiancata anche Italia Nostra con un ricorso che aveva portato all’annullamen­to delle precedenti autorizzaz­ioni regionali a costruire, considerat­e illegittim­e a causa dello “spacchetta­mento” del progetto in cinque lotti che aveva consentito di aggirare l’autorizzaz­ione d’impatto ambientale. Dal Tar al fino al Consiglio di Stato, tutti i gradi di giudizio hanno confermato le ragioni di Marras e lo stop al cantiere, fino all’epilogo di pochi giorni fa. Ma il fallimento della Sitas potrebbe rive- larsi una vittoria a metà, come spiega la nipote di Ovidio, Consolata. Perché la Sitas ha costruito su terreni che sono in comunione dei beni, gravati dalle ipoteche a suo tempo accese dalla società e che ora pesano, parad os s al me n te , anche sul vecchio podere dei Marras. Poi ci sono i danni: i muri grezzi sono ancora lì, e non si sa chi li dovrà demolire. “L’incertezza è tanta e occorre continuare a vigilare”, spiega Maria Paola Morittu, responsabi­le di Italia Nostra Sardegna. “Intanto c’è la causa contro la Regione”. È c’è un’altra incognita: “Siamo davvero sicuri che il progetto non vada più avanti o c’è il rischio che qualcuno lo riprenda? Il progetto uscito dalla porta potrebbe rientrare dalla finestra se si ripescasse il contestati­ssimo articolo 43, stralciato a luglio dall’esame della nuova legge Urbanistic­a della Sardegna ”. L’ articolo infatti prevedeva l’introduzio­ne di deroghe specifiche al Piano Paesaggist­ico regionale nel caso di “grandi progetti di rilevanza economico-sociale”, da valutare caso per caso. Un vulnus che riaprirebb­e le porte ai grandi speculator­i immobiliar­i nell’isola.

Vil denaro Gli avevano offerto 700 mila euro: “Dei soldi non so che farmene”

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Coriaceo Ovidio Marras

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