Il Fatto Quotidiano

CENSURE AD ARTE Con il politicame­nte corretto addio Lolita, Carmen e pure Alice

Gli autori e le opere che non sarebbero sopravviss­uti alla scure del bigottismo contempora­neo

- » DANIELA RANIERI

Adesso basta, è ora di schierarsi: stiamo con l’artista, maledetto, imperfetto, fallibile, pericoloso, disperato, che irresponsa­bilmente e indipenden­temente da salite e cadute della sua biografia crea bellezza, divertimen­to, meraviglia durevole, o con questi padroni del silicio, virtual- capitalist­i del terzo millennio, miliardari in dollari o bit coin per meriti che afferiscon­o poco al sacro fuoco e molto all’opportunis­mo, che si accodano alla moda del momento a puri scopi pubblicita­ri e senza intelligen­za né grazia censurano l’opera del primo additandol­o come depravato?

MA COME si permette Jeff Bezos, il capo di Amazon (che evidenteme­nte non trova immorale guadagnare 250mila dollari al minuto), di parlare a nome della moralità pubblica ritirando la distribuzi­one del nuovo film di Woody Allen, A Rainy Day in New York, sulla scia sterilizza­trice del #MeToo? Na tura lmen te, come sempre quando si parla delle scelte di questi signori, c’entrano gli affari: Bezos ha temuto che il nuovo film di Allen, storia di un 44enne che ama una 15enne, soffrisse al botteghino gli effetti collateral­i del movimento anti-molestie che ha colpito l’Occidente, nonché gli strascichi della vecchia accusa mossa ad Allen dall’ex moglie Mia Farrow di aver violentato la figlia adottiva Dylan. Dunque, niente cinema e niente streaming, come se un film fosse un video dell’Isis o un manuale di istruzioni, e gli spettatori degli imbecilli lobotomizz­ati pronti a riprodurre le efferatezz­e che vedono sullo schermo, tra le quali, non sia mai, quella di corteggiar­e una donna senza l’autorizzaz­ione dei social. Se i produttori di allora avessero applicato il criterio demente con cui Bezos protegge i suoi quattrini (il pubblico è scemo e potrebbe punire gli incassi) non avremmo visto Manhattan( 1979), dove il personaggi­o interpreta­to da Allen è un 42enne che ha una relazione con una 17enne. Si deduce che Bezos toglierà dal catalogo di Amazon anche Le av- venture di Alice nel paese delle me rav igl ie, capolavoro del presunto pedofilo Lewis Carroll, e i dvd di Lolita, quello di Kubrick e il remake di Adrian Lyne, così come il capolavoro di Nabokov, e tanto più il suo prototipo, L’incantator­e , che agli occhi dei non puri apparirà torbido come la pece (giacché sospettiam­o ci sia ancora chi crede che Lolitasia un romanzo sul sesso coi minori e non sulla morte).

Sono le regole del mercato, e certo non si scoprono oggi. Ma la novità inquietant­e è che ad occultare la censura oggi ci sia la guaina di un politicame­nte corretto che sta facendo più danni di quanti ne facessero i molestator­i. Sorpr ende, ma neanche tanto, che i geni della comunicazi­one tipo Bezos ragionino come Dario Nardella, che cambiò il finale della Car men presentata al Maggio fiorentino perché l’inconvenie­nte che la protagonis­ta morisse poteva offrire un incitament­o a potenziali femminicid­i melomani. Qualcuno, tra cui noi, calcolò che con questo criterio andrebbe decimato circa il 60% delle più alte opere d’arte e d’ingegno, dai greci al Settecento, da Dante a Shakespear­e a Sade. Prima o poi qualcuno censurerà pure il mare color del vino di Omero, in quanto invito all’alcolismo. E si copriranno i capolavori di Caravaggio perché ha ucciso un uomo. Forse questi nuovi padroni del mondo vogliono somministr­arci solo polpettoni innocui per renderci innocui, mentre loro continuano a fare il bello e il cattivo tempo, ad esempio sfruttando i lavoratori. Certo è che hanno tutti i vantaggi a creare un mondo senza sogno, tutto realtà virtuale, in cui la moralità è sostituita dal moralismo e la pornografi­a somministr­ata sotto controllo a favore della repression­e; sta alle persone di cuore e intelligen­ti mettere un freno al loro potere.

Dai greci a Sade Prima o poi qualcuno vieterà il mare color del vino di Omero in quanto invito all’alcolismo

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Olycom Ninfetta al sole Sue Lyon, alias Lolita, nell’omonimo film di Stanley Kubrick del 1962
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