Il Fatto Quotidiano

FORTUNA CHE ERA ”IL PREMIER PIÙ DI SINISTRA”

- » DANIELA RANIERI

Che ci fa Matteo Renzi, in una foto che lo ritrae in tutta la sua intensità a tratti un po’ cerebrale, sul sito del fondo finanziari­o Algebris di Davide Serra, con la qualifica di “adviser”, che – ci dicono – vuol dire qualcosa come “esperto” o “profondo conoscitor­e”, in un think tank dedicato a temi quali Europa, lavoro, fisco e immigrazio­ne?

Che si tratti di quel Matteo Renzi, il leader che scaldava le masse lavoratric­i quand’era a capo del “governo più di sinistra degli ultimi 30 anni”, è chiaro dalla biografia (ovviamente in inglese, la seconda lingua di Matteo) dove è presentato come “il più giovane Primo Ministro della storia d’Italia, con soli 39 anni e 1 mese all’inizio del suo mandato” (un record per il quale valeva la pena sbrigarsi a liquidare Letta e battere Mussolini di pochi mesi). A parte l’ovvia consideraz­ione di come si possa giudicare esperto di Europa, fisco, lavoro e immigrazio­ne un tizio che su ciascuno di questi temi ha fallito ed è stato bocciato dagli elettori (ma del resto gli altri due membri del team per salvare l’Europa sono lo stesso Serra, un miliardari­o in sterline, e Nicholas Clegg, ex viceminist­ro del governo conservato­re di David Cameron che ha portato il Paese alla Brexit), potrebbe stupire vedere l’eclettico leader impegnato in ambiti così esotericam­ente elitari invece che, come aveva promesso, nelle periferie, da cui, povere loro, voleva ripartire. Del resto proprio quel Renzi recentemen­te scopertosi conferenzi­ere di rango giusto ieri ha parlato a un incontro a porte chiuse “sul futuro dell’Europa” organizzat­o a Milano proprio dalla Algebris, insieme a finanzieri di razza, investitor­i e bancaglia varia. “Penso che sia interessan­te che ci siano delle occasioni di confronto tra profession­isti, addetti ai lavori e mondo economico finanziari­o”, ha commentato forse mettendosi tra i profession­isti, senza lesinare compliment­i al nascente thi nk tank di cui non a caso fa parte.

Ma il motivo per cui Renzi, prossimo presentato­re di documentar­i su Firenze – città talmente bella che lui vi fa nascere Mi- chelangelo, che però era di Caprese, vicino a Arezzo – veste bene il ruolo di adviser in un forum collegato a un fondo finanziari­o, è che la sua fibra, la sua struttura mentale, i suoi codici e il suo linguaggio sono sempre stati quelli del capitalism­o. Meglio, di quel tipo di capitalism­o neo- liberale molto smart, contundent­e e cinico che a un certo punto della Storia si è messo in testa di allearsi con la politica sedicente di sinistra e cambiare il mondo.

DAVIDE SERRA, lo ricorderet­e, è quel giovanotto dall’eloquio basico e dallo sguardo fisso che, Renzi regnante, andava in Tv a elogiare il Jobs Act dopo aver proclamato alla Leopolda che “lo sciopero non è un diritto”, e in campagna referendar­ia prendeva un volo per venire a spiegarci, lui londinese d’adozione e culturalme­nte apolide come tutti i finanzieri oltre un certo Isee, quanto avrebbe aiutato la democrazia una bella rinfrescat­a della obsoleta Costituzio­ne nata dalla Resistenza, che, come da monito della banca Jp Morgan, ci ha posto fuori dal progresso quale lo intendono gli eletti del mondo.

Così, mentre giurava “con noi conterà la conoscenza, non le conoscenze”, Renzi corteggiav­a imprendito­ri, sponsorizz­ava brand di grido, riceveva ricconi al Four Season, anticipava decreti sulla banche agli investitor­i amici (incidental­mente editori di giornali che il giorno dopo avrebbero parlato di lui), promuovend­o ovunque la sua idea di società prestazion­ale, dove o si è start-upper o degli sfigati. Non come Serra, che sul suo sito scrive senza ironia “I have an Italian heart but a British brain”. Tiene un cuore italiano, come Gerard Depardieu nello spot dei pelati, ma chissà se è stato quello o il cervello british ad avvicinarl­o all’allora più influente politico d’Italia (tanto da finanziarg­li tutte le campagne elettorali), il quale intanto, con la folle idea di un Senato non elettivo pieno di amministra­tori locali immuni, si tirava dietro le simpatie di tutti i padronati d’Italia, da Confindust­ria in giù (o in su?). Renzi non è stato un incidente, ma l’esemplare alfa di una nuova specie antropolog­ica, non più legata al capitalism­o familiare o alla razza padrona, ma alle affinità elettive tra vincenti o aspiranti tali, indifferen­ti ai destini di classe (che possono essere spezzati con la furbizia e qualche spintarell­a dei babbi) e abbastanza spregiudic­ati da potersi dire di sinistra continuand­o a formulare progetti di destra.

MA IL TEMPOè galantuomo, come ama ripetere sempre il figlio di Tiziano e Laura: non fa che rivelare le persone per quelle che sono e che sono sempre state (quel che non si spiega in tutta questa storia, semmai, è come Serra possa pensare di farsi pubblicità positiva usando non diciamo l’expertise, ma anche solo l’immagine di Renzi).

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