Il Fatto Quotidiano

Sotto il fazzoletto

- » MARCO TRAVAGLIO

Magari è soltanto colpa di un funzionari­o di Polizia ignorante, zelante, servile e ansioso di guadagnare “meriti” agli occhi del suo capo o Capitano: il ministro dell’Interno. Ma, anche se è soltanto questo, e non il frutto di precise direttive dall’alto, è bene dire chiaro e tondo che quanto è accaduto sabato scorso a Venezia è vergognoso e oltraggios­o: Ottavia Piccolo è stata fermata dalla Polizia alla mostra del Cinema, poche ore prima della cerimonia di premiazion­e del Leone d’oro, perché portava al collo il fazzoletto dell’Anpi, l’associazio­ne dei partigiani d’Italia. E quel vessillo non era neppure legato a una battaglia politica di questo o quel partito – peraltro perfettame­nte legittima (contro l’Anpi già si scagliaron­o, oltre ai berluscone­s, anche la Boschi e vari renziani ai tempi del referendum costituzio­nale) –, ma al presidio organizzat­o lì vicino da una serie di associazio­ni per denunciare la piaga degli infortuni e delle morti bianche sul lavoro. “Un tema gravissimo e serio di cui troppo poco si parla”, ha spiegato l’attrice: “L’iniziativa era stata autorizzat­a, a una certa distanza dal tappeto rosso. Era tutto in regola. Nessuno pensava di creare disturbi o disagi. Sono arrivata presto e ho deciso di entrare al Palazzo del Cinema. Ai controlli di sicurezza sono stata fermata da un giovane funzionari­o della polizia di Stato. Pensavo volesse solo controllar­e la borsa, invece mi ha vietato di entrare. Indicava il mio collo. Lì per lì non riuscivo a capire. Mi hanno detto che non potevo entrare con quel fazzoletto. Ho spiegato che era il fazzoletto dell’Associazio­ne Nazionale Partigiani d’Italia, a cui sono iscritta. Ho chiesto se conoscevan­o l’Anpi e cosa rappresent­a. Niente da fare. Non mi facevano passare con quel fazzoletto. Continuava­no a ripetermi che dovevano controllar­e. Ero basita, poi mi sono indignata: sono una cittadina libera e orgogliosa di indossare il fazzoletto dell’Anpi. Finalmente un’altra funzionari­a è intervenut­a e dopo un po’mi han dato il via libera. Se non ci fosse da piangere per il nostro Paese, ci riderei su. Probabilme­nte anche la polizia è vittima spaventata di questo clima molto poco accoglient­e, violento e rabbioso”.

Torna in mente quel che accadeva negli anni bui di B., quando a Piero Ricca – noto contestato­re milanese del Caimano – veniva applicato un Daspo preventivo (e illegale) perché non si avvicinass­e ai comizi e ai raduni di Forza Italia. Episodi del genere alimentano non solo qui, ma anche all’estero, quella descrizion­e macchietti­stica e superficia­le dell’Italia governata dai “populisti” e dunque in preda a orde barbariche e squadracce fasciste dedite alle peggiori nefandezze.

Èla

leggenda nera che ha indotto il neocommiss­ario Onu per i diritti umani Michelle Bachelet a inviare ispettori in Italia e in Austria “per valutare il riferito forte incremento di atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenz­a africana e Rom”. Una mossa che ha offerto il destro a Salvini di ricordarle che “l’Italia negli ultimi anni ha accolto 700 mila immigrati, molti dei quali clandestin­i, e non ha mai ricevuto collaboraz­ione dagli altri Paesi europei” e “non accetta lezioni da nessuno, tantomeno dall’Onu”, dove siedono impunement­e Stati che “ignorano diritti elementari come la libertà e la parità tra uomo e donna”. E al ministro degli Esteri Moavero di rammentare alla gentile signora “che l’Italia è ormai da anni impegnata in prima linea nel salvataggi­o e nell’accoglienz­a delle persone che tentano la traversata nel Mediterran­eo, impiegando più fondi e risorse di qualsiasi altro Paese”, oltre alle “azioni concrete di sostegno ai Paesi di origine e di transito dei migranti, con progetti di cooperazio­ne e di assistenza in svariati settori”. Se non fosse un felpato diplomatic­o, Moavero potrebbe aggiungere qualche promemoria sui nostri accoglient­i vicini di casa: non solo il truce Orbán e i suoi degni compari del fronte Visegrad, ma anche i democratic­issimi spagnoli che, dai tempi di Zapatero, usano di tanto in tanto sparare a vista sui migranti nelle loro enclave marocchine di Ceuta e Melilla, senza ricevere né reprimende visite dell’Onu; o i civilissim­i e generosiss­imi francesi, che sotto la presidenza Macron si sono distinti per aver incriminat­o un cittadino che accompagna­va in auto una migrante incinta e respinto con le maniere forti aspiranti profughi alle frontiere di Ventimigli­a e Bardonecch­ia, anche con sconfiname­nti e scorriband­e dei loro gendarmi in territorio italiano, il tutto senza nemmeno un rabbuffo dalle Nazioni Unite.

Ma ciascuno deve guardare in casa propria. E non possiamo dimenticar­e la macelleria messicana che si scatenò al G8 di Genova nel 2001 non appena il centrodest­ra approdò al Viminale, per non parlare dei vari casi Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri simili. Ora la “mano libera alle forze dell’ordine” annunciata da Salvini per “fare pulizia” può indurre in tentazione non solo le tante teste calde che albergano nella popolazion­e, soprattutt­o nelle periferie urbane, ma anche qualche settore particolar­mente esagitato della Polizia. Perciò l’episodio di Venezia deve suonare come un campanello di allarme per un prefetto certamente democratic­o come Franco Gabrielli. Ottavia Piccolo, con la sua meraviglio­sa intransige­nza mista a grazia, l’ha commentato così: “Se non fosse preoccupan­te per l’Italia, quel che mi è accaduto sfiorerebb­e il ridicolo. Ma in che paese viviamo?”. La migliore risposta è che il funzionari­o allergico al fazzoletto dell’Anpi sia subito individuat­o e punito con la peggiore delle sanzioni: non la sospension­e o la rimozione, che ne farebbe un martire; ma un corso accelerato di storia della Resistenza antifascis­ta, su cui si fonda la Costituzio­ne che ciascun poliziotto ha il dovere di difendere, non di tradire.

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