Il Fatto Quotidiano

“Condiziona­vano l’economia e la politica”

Il pm: “Non è Cosa nostra ma la forza di intimidazi­one produce omertà”

- VAL. PAC.

La

sentenza ha riconosciu­to l’esistenza di un’autoctona associazio­ne mafiosa nella Capitale, ma ha anche legittimat­o un metodo, “una linea investigat­iva che ha trovato conferma e che per la prima volta racconta come anche in un territorio, come quello romano, la mafiosità non abbia trovato impediment­i a mettere le proprie radici”. Lo dice Luca Tescaroli, uno dei magistrati che – con gli aggiunti Michele Prestipino, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini – ha condotto le indagini sul “Mondo di mezzo”. Che cosa rappresent­a questa sentenza?

Siamo molto soddisfatt­i. Questa sentenza rappresent­a un punto di arrivo ma anche di partenza. Un punto di partenza perché getta le basi per ulteriori sviluppi investigat­ivi. Un punto di arrivo perché afferma che esiste anche a Roma una struttura in grado di condiziona­re la vita politica ed economica della città, ma anche di intimorire la popolazion­e. C’è chi ha ritrattato, chi ha mentito, chi si è sentito male quan- do è stato sentito in aula: sono tutti dati rappresent­ativi della forza di intimidazi­one di questo gruppo criminale.

Piccole mafie che prendono il controllo del territorio? Sono strutture che si avvalgono del metodo mafioso che consiste nella forza di intimidazi­one che produce assoggetta­mento e omertà e che sussiste anche nei casi in cui non vi sia un controllo del territorio in senso fisico. Mafia Capitale rientra nella categoria di quelle mafie più ridimensio­nate rispetto alla ’ndrangheta, camorra e Cosa Nostra che, come nel caso di Roma, operano soprattutt­o su aree di influenza di tipo economica e sui rapporti sociali. È un sistema diverso rispetto alle tradiziona­li strutture mafiose alle quali siamo abituati, ma che per questo non devono essere trattate come associazio­ni “semplici”, come avvenuto in primo grado. Nella sentenza precedente infatti i giudici avevano riconosciu­to due associazio­ni “semplici”, svincolate l’una dall’altra. La Corte d’appello invece ha condiviso le valutazion­i giuridiche proposte dal nostro ufficio. Durante questo processo, voi magistrati siete stati accusati spesso da stampa e dalle difese. Ci hanno accusato di aver co mpr omes so l’immagine della Capitale, ma questa sentenza dimostra che abbiamo operato correttame­nte. Ogni sentenza deve essere rispettata e chi non la condivide può impugnarla. In ogni modo, in tre anni e dieci mesi, siamo arrivati a una pronuncia di merito definitiva (la Cassazione si pronuncerà sulle questioni di diritto), senza che nessun reato si sia prescritto.

Tra gli assolti c’è Giuseppe Ietto, l’imprendito­re che gestiva otto bar nelle sedi Rai. Adesso può rientrare n el l’asse gn azione dei bar? La sentenza ritiene anche altri imprendito­ri non collusi ma vittime? Ietto è stato assolto, saranno lui e altre amministra­zioni a decidere cosa fare delle attività imprendito­riali. Ma altri sono stati condannati come partecipi, come gli imprendito­ri Cristiano Guarnera e Agostino Gaglianone

Ci accusavano di compromett­ere l’immagine della città, ora è chiaro che abbiamo agito correttame­nte

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