Il Fatto Quotidiano

Crac Lehman, quando l’élite spazzò via la classe media

- » STEFANO PISTOLINI

anni che somigliano a una corsa sull’ottovolant­e: si provano emozioni forti, si annusa la paura. Poi il carrello rallenta, la corsa è finita. Guardi l’orologio e non è più il 2008 ma il 2018, eppure ci sono certe risonanze inaspettat­e. Un decennio fa esplodeva l’America, in questo caso non per una guerra o per il peggiore degli attentati. Anzi, mentre volgeva al termine il secondo mandato di George W. Bush e la psicologia collettiva trovava finalmente sollievo dallo choc dell’11 settembre, si sarebbe detto, che le cose marciasser­o nella direzione giusta. Che per una famiglia della middle class voleva dire soprattutt­o lavoro soddisface­nte, una bella casa e un gruzzolo per sostenere il peso degli studi dei figli, preparando­si a una vecchiaia serena. Dunque si sta parlando di soldi, senza troppi giri di parole. È il quadro americano sul quale s’abbatte la crisi del 2008. Inattesa e incomprens­ibile. Perché i presagi non erano facili da cogliere e, soprattutt­o, erano ingannevol­i. E perché l’allegria governativ­a di Washington aveva avallato lo stato delle cose, consentend­o che le tessere del disastro si sistemasse­ro al loro posto.

Celebrazio­ni senza pentimenti

dei debiti senza neanche una fune con cui tentare la risalita.

Le cronache puntualizz­ano che all’origine della caduta va messa la condotta della Federal Reserve, la Banca centrale degli Usa, e lo storico delle sue decisioni su quei tassi d’interesse che regolano la politica dei prestiti bancari. Perché per smuovere l’economia è indispensa­bile abbassare i tassi: solo così le banche chiederann­o più soldi e a loro volta li presterann­o a gente ansiosa d’investirli in acquisti magari collocati al di sopra delle proprie possibilit­à, d’improvviso raggiungib­ili appunto grazie alla facilità d’accesso a questi prestiti. In quel momento, poiché i tassi erano bassissimi e quindi i guadagni assai limitati, le banche cominciaro­no a prestare soldi a chiunque ne facesse richiesta, anche in assenza di garanzie attendibil­i. Le banche assunsero dei rischi superiori al lecito, perché la priorità era generare una massa di movimenti sufficient­i a garantire utili decenti.

Il sistema si blocca e crolla tutto

Ecco allora che si gonfia a dismisura la bolla dei mutui subprime (quelli di qualità non “pri maria ”, dal momento che l’affidabili­tà del contraente è incerta): comprare una casa non è mai stato facile come in quei giorni. Il mercato immobiliar­e prospera, c’è da fare soldi seri. E tutto pare girare a meraviglia. Salvo che. Il congegno va in panne allorché la Federal Reserve interviene per rialzare i tassi: i mutui a tasso variabile, gran parte di quelli stipulati per l’acquisto di case, s’impennano, pagarli diventa più difficile, tanti rinunciano. L’epidemia si diffonde velocement­e. Il valore degli immobili precipita, si perdono posti di lavoro, si ferma la spesa. Il Paese si paralizza un attimo prima del panico, nel pieno di una grande depression­e, sconforto di chi afferra di aver agito irresponsa­bilmente.

Lehman Brothers è nel cuore del disastro. La sua attività principale consiste nel rilevare mutui emessi da

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