Il Fatto Quotidiano

L’ambasciato­re porta pena a Tripoli (e sta in congedo)

Giuseppe PerroneIl diplomatic­o scelto da Minniti non è tornato nella Capitale nonostante la fine degli scontri tra milizie

- » PIEFRANCES­CO CURZI

Il lungo congedo dell’ambasciato­re scomodo. Inviso al generale Khalifa Haftar, che sta iniziando a dettare l’agenda all’Italia, sacrificab­ile nel puzzle della rappresent­anza del nostro governo in Libia: Giuseppe Perrone è fermo ai box, in Italia, in attesa di capire il suo immediato futuro profession­ale, con ogni probabilit­à lontano dalla Libia, da dove manca da oltre un mese.

PERRONE ha lasciato la Libia alla vigilia di Ferragosto a bordo di un velivolo decollato dall’aeroporto internazio­nale Mitiga, più volte chiuso e riaperto a seguito degli scontri armati tra milizie che hanno messo a ferro e fuoco Tripoli. Le sue ferie sono finite da tempo e lui, più o meno ripristina­to l’ordine e la sicurezza nella capitale, dovrebbe essere seduto alla sua scrivania a impartire le direttive ai collaborat­ori più stretti. Specie in un periodo così delicato per la Libia e per tutti gli interessi coinvolti. Al contrario, l’altroieri, durante l’assalto terroristi­co alla sede della Noc, National Oil Corporatio­n, Perrone – stando a fonti ministeria­li –, è stato tutto il tempo al telefono col suo più stretto collabora- tore, Nicola Orlando.

Perrone è in una sorta di limbo. A oggi il nostro massimo rappresent­ante diplomatic­o in Libia risulta ancora titolare delle sue funzioni, ma si sta sempre di più allineando un cambio di rotta da parte del Viminale. Messo di recente sulla graticola per una serie di episodi, Perrone rischia di diventare la vittima sacrifical­e di nuovi orizzonti geopolitic­i. A Tripoli dall’inizio del gennaio 2017, Perrone è stato scelto dall’ex ministro degli Interni, Marco Minniti. Nella strategia di rilancio delle relazioni con Al-Serraj, con le milizie e le tribù libiche per contenere il flusso di migranti nel Mediterran­eo, Minniti lo scelse per riaprire la nostra ambasciata dopo anni di incertezze. In sei mesi i due hanno messo in atto il piano per il blocco delle partenze, riducendol­e drasticame­nte a cavallo tra giugno e luglio, scese di 60 mila unità rispetto al 2016. Le elezioni del 4 marzo hanno regalato all’Italia una nuova maggioranz­a e nuovi interlocut­ori con la Libia. Dopo un primo approccio rassicuran­te nei confronti dell’alleato Al Serraj, ora i piani del governo sembrano mutati. Il cavallo giusto potrebbe non essere più lui. La visita del ministro degli Esteri Enzo Moavero a Bengasi dove ha incontrato il generale Haftar, non è casuale, sebbene lo stesso ministro si sia affrettato a ribadire il pieno appoggio al leader della Tripolitan­ia.

ERA STATOpropr­io Haftar ad attaccare Giuseppe Perrone, non più di due mesi fa, per la sua presunta ingerenza negli affari libici, relativa allo svolgiment­o o meno delle elezioni. A premere per il voto addirittur­a entro l’anno è la Francia, la più stretta alleata del generale della Cirenaica. Elezioni difficili da organizzar­e in un Paese frazionato tra potentati petrolifer­i, milizie armate e bande criminali pronte ad attivarsi. La sicurezza a Tripoli è stata ripristina­ta solo in parte. Oltre all’attacco alla Noc, c’è da registrare ieri il messaggio del leader della Settima Brigata che si dice pronto a riprendere i combattime­nti. Non è un segreto che dietro l’ostinata avanzata della milizia di Tarhouna ci sia proprio la figura ingombrant­e di Khalifa Haftar.

Non gradito Due mesi fa Haftar aveva accusato il nostro rappresent­ante di ingerenza sulle elezioni

 ?? Ansa ?? Impegno Perrone in visita a un centro di detenzione a Tripoli
Ansa Impegno Perrone in visita a un centro di detenzione a Tripoli

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