La vecchia scuola (forse troppo) del presidente della Consob
Che belle le vecchie, care cose del passato! Certi vi si rifugiano come in una nuvola di pane fatto in casa e profumo della nonna. C’è un inconveniente, però, in questa pratica cara a generali in pensione, vecchie zie, alti prelati e al presidente Consob: si rischia di esagerare. Prendiamo Mario Nava. Uomo di buon carattere, è perseguitato - dacché Gentiloni lo impose ai vertici dell’Autorità sulla Borsa - da un problema: il nostro, già capo della Vigilanza Ue sui mercati finanziari, è infatti arrivato in Consob non in aspet- tativa (come prevede la legge), ma in “comando” triennale (l’incarico però ne dura 7) “nell’interesse” della Commissione e rimanendo “soggetto agli stessi doveri e diritti dei funzionari in attività”. Ora, secondo Nava, la situazione di Nava che dirige un’Autorità indipendente da dipendente di un altro ente non presenta problemi, dunque non si spiega perché M5S e Lega presentino interrogazioni su di lui. Lunedì, in un convegno, lo sconcerto del nostro s’è fatto udibile. Prima l’ha esplicitato innovando, dopo le proce- dure di nomina, pure la grammatica: “Se ci fossero problemi, mi chiamassero”. Poi, appunto, nei ricordi d’antan: “È ridicolo che si parli di una polemica di sei mesi fa. Sono della vecchia scuola: le istituzioni parlano con gli atti, non in tv o strillando in Parlamento”. Dal che si apprende che le interrogazioni parlamentari non sono attività istituzionali, ma “strillare”. E qui si capisce che la scuola è sì vecchia, ma troppo. È andata pure bene: poteva fare di quell’aula sorda e grigia eccetera... Invece li lascia strillare.