LA BATTAGLIA DEL “FATTO” SULLA TIRANNIA DEI BUROCRATI
Le dimissioni di Mario Nava da presidente della Consob (che raccontiamo a pagina 8) sono una buona notizia per la democrazia. Proviamo a spiegare perché. La politica è sempre più debole. È sempre meno credibile presso gli elettori e a causa del deficit di autorevolezza mette in campo personaggi sempre più scadenti. Ciò agevola la presa del potere di una casta tecnocratica fatta di alti burocrati e magistrati. Hanno spesso iniziato la carriera come obbedienti esecutori al servizio dei politici della Prima Repubblica. Hanno messo la freccia per il sorpasso con i governi tecnici della Seconda, dal Ciampi del ’93 al Monti del 2011. Hanno completato la mutagenesi del potere a partire dal governo Renzi. Adesso fare i ministri tocca agli “uno vale uno”, improvvisati, giovani in formazione, capitani e cazzari vari che hanno come principale attività e competenza le partecipazioni ai talk show, le dirette Facebook e le figure di palta su Twitter.
IL POTERE VERO, quello lo esercitano loro, i tecnici: direttori generali dei ministeri, magistrati del Tar, della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato, magistrati civili e penali, avvocati amministrativisti, cassazionisti, avvocati dello Stato, capi di gabinetto, capi degli uffici legislativi e distaccati vari. Tra le burocrazie e i politici si dipana una specie di ka- masutra, che oggi è diventato purtroppo sempre più a senso unico.
C’è un aspetto positivo, i politici non hanno più (salvo note eccezioni) la forza di affidare delicati ruoli tecnici a fedelissimi incompetenti. C’è un aspetto negativo, il progressivo consolidarsi di gruppi di potere con precisi collegamenti a interessi esterni ed estranei al bene comune. Ristrette oligarchie onnipotenti che sfuggono a ogni controllo, essendo i giudici della legittimità dei propri atti. Tutto ciò determina una grave minaccia per la democrazia.
In questo perverso intreccio – che accompagna il declino dell’Italia verso il sottosviluppo – si staglia la figura ormai simbolica di Mario Nava, chiamato a guidare la Consob, l’autorità indipendente (tenete a mente questa parola) che vigila sui mercati finanziari. Lo ha scelto il governo Gentiloni a dicembre, ma la nomina è stata formalizzata ad aprile. Nava è un dirigente della Commissione europea, dove guadagna molto più del presidente della Consob. Il premier Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, i funzionari di Palazzo Chigi, del ministero, del Quirinale e della Corte dei Conti sono stati tenuti in ostaggio per mesi dal capriccio di questo signore di non mettersi in aspettativa (come vuole la legge) ma di fare il presidente della Consob in distacco dalla Commissione europea, che il distacco lo concede a chi assume un incarico “nell’interesse” della Commissione. Non c’è bisogno di essere sovranisti per valutare un simile abominio.
La cosa più sconvolgente della vicenda sono le ragioni dell’impuntatura di Nava. Le certifica Il Sole 24 Ore, giornale della Confindustria, cioè dei principali “clienti” della giurisdizione Consob, e non un blog Cinquestelle. Prendendo l’aspettativa Nava avrebbe visto i 244 mila euro lordi dello stipendio tassati in Italia al 40 per cento, quindi ridotti al netto a 146 mila, pari a soli miseri 10 mila euro al mese per 14 mensilità. Rimanendo dirigente di Bruxelles in distacco, avrebbe invece goduto della tassazione agevolata degli eurocrati al 7 per cento, che avrebbe portato il netto mensile da 10 a 16 mila euro. Possibile che le massime istituzioni repubblicane siano rimaste mesi in ostaggio di un capriccio del genere? Possibile, a meno che Il Sole 24 Ore non si sia consegnato alla canea populista. Possibile, visto che è partito da Quirinale e Palazzo Chigi l’ordine di sgombero per un signore che si era rivolto ai vertici dello Stato con un arrogante “se hanno problemi mi chiamassero”.
Non sappiamo se la decisione di farlo fuori sia maggiormente attribuibile a Sergio Mattarella o a Giuseppe Conte. Meglio così. Se nessuno dei due ha fatto trapelare la presa di distanza vuol dire che, a dispetto degli allarmi di certe vedove eterodirette, la richiesta di dimissioni di Nava suscitata dagli articoli del Fa tt o, e sottoscritta dalla maggioranza parlamentare, non è stata giudicata eversiva. Se ne faccia una ragione Sabino Cassese, padre spirituale degli amministrativisti e ideologo del nuovo regime burocratico, che addirittura ha invocato a favore di Nava il principio dello stare decisis: indica il riferimento al precedente del diritto anglosassone ma il grande giurista è riuscito a spacciarlo agli ignoranti come definizione aulica di “cosa fatta capo ha”.
MATTARELLA E CONTE hanno fermato un arbitrio, e dovrebbero fare lo stesso sulla Presidenza del Consiglio di Stato dove pure è in gioco lo Stato di diritto. Le istituzioni sono minacciate dall’ira plebea invocata da Salvini. Ma anche dalla dittatura di giuristi e burocrati, costruita alle spalle del populismo.
Twitter@giorgiomeletti