Il Fatto Quotidiano

Discarica di Bussi, il giudice Romandini sanzionato dal Csm

“Grave scorrettez­za” verso i giudici popolari. Ma la pena, due mesi di perdita di anzianità, è assai blanda

- » ANTONELLA MASCALI

Condannato

ma pure assolto. Camillo Romandini, il presidente della Corte d’Assise di Chieti che celebrò il processo di primo grado per i veleni della discarica di Bussi, finito con assoluzion­i, ieri è stato condannato dalla sezione disciplina­re del Csm a due mesi di perdita di anzianità per “grave scorrettez­za” nei confronti dei giudici popolari del processo. In sostanza, secondo l’accusa, per aver fatto credere, tre giorni prima della sentenza, che se avessero condannato gli imputati della Montedison avrebbero potuto avere conseguenz­e sul piano della responsabi­lità civile. Condannato pure per aver esercitato un’attività profession­ale incompatib­ile con la funzione di magistrato. I sostituti pg della Cassazione Piero Gaeta e Alfredo Viola avevano chiesto 6 mesi di sospension­e dalla funzione e dallo stipendio di magistrato. Probabilme­nte i giudici hanno “diminuito” la pena perché hanno assolto il magistrato dall’accusa di aver violato la norma sul dovere di astensione.

VEROSIMILM­ENTE (in attesa delle motivazion­i) non hanno ritenuto sufficient­emente provato che nel novembre 2014, prima della sentenza, Romandini abbia anticipato il giudizio a una cena con il presidente dell’Abruzzo Luciano D’Alfonso, parte civile a quel processo. È possibile che abbiano ritenuto il resoconto di D’Alfonso su quella cena, all’avvocato dello Stato Gerardis e ai pm Mantini e Bellelli, un’interpreta­zione più che un fatto autentico. Il governator­e riferì che Romandini aveva definito “efficace” la difesa degli imputati. Ieri, prima della sentenza, ha parlato l’avvocato Gianfranco Iadecola, legale di Romandini. Ha lanciato gravi accuse alla procura generale spingendos­i a dire che “è stato violato in modo implacabil­e il diritto di difesa”. Lapidaria la replica del pg Gaeta: il diritto alla difesa “non consente di mettere un forte e sgradevole dubbio sulla diligenza dell’ufficio”.

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C. Romandini

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