Anas si proroga la concessione Toninelli: “Bloccate il bilancio”
Con l’appoggio di Fs allunga di 20 anni l’affidamento
Per legge solo i due dicasteri (Economia e Infrastrutture) possono modificare la durata del contratto
La fusione tra Fs e Anas somiglia alla Torre di Pisa: pende, pende e mai va giù. Era opinione comune che la stramba operazione imposta alla fine dell'anno passato dall'amministratore delle Ferrovie, Renato Mazzoncini, d'intesa con quello Anas, Gianni Armani, e approvata dal governo di Paolo Gentiloni, non avrebbe superato l'ostacolo del bilancio Anas 2017. Cioè sarebbe stata affossata dal no al documento contabile, reso inapprovabile da una circostanza non da poco: un buco di 2 miliardi di euro causato dalla mancata svalutazione del patrimonio. Per mesi, Mazzoncini e Armani hanno ostinatamente negato il problema, che però alla prova del nove del voto sul bilancio è stato alla fine ammesso ed evidenziato. Nonostante ciò e a sorpresa, il bilancio dell'azienda delle strade è stato ugualmente approvato con una toppa che è peggiore del buco. Secondo autorevoli fonti Anas, per coprire i 2 miliardi di euro mancanti si sono inventati l'allungamento di 20 anni della concessione Anas, dal 2032 stabilito dalle norme attuali al 2052. Anche se mancano i presupposti di legge per un'operazione del genere.
SENZA chiedere chiarimenti al ministero dei Trasporti guidato da Danilo Toninelli, l’azionista Fs lunedì 10 settembre ha detto sì senza riserva al bilancio 2017 di Anas. Il giorno successivo il ministero consigliava invece di rinviare la data dell'assemblea di bilancio con una lettera indirizzata a tutti i protagonisti della vicenda: i capi di Fs e Anas, il ministro dell'Economia, il collegio sindacale Anas. Il via libera all'approvazione è stato dato dal nuovo amministratore Fs, Gianfranco Battisti, scelto dal nuovo governo e in particolare dalla parte leghista di esso. Tra Battisti, il governo e Toninelli si è evidentemente verificato un corto circuito e al momento non è chiaro se si sia trattato di un clamoroso infortunio oppure se ci sono ragioni più profonde.
Di fatto l'unico beneficiario di questa storia sorprendente è il capo dell'Anas. Il quale è riuscito ancora una volta a restare a galla sfuggendo alla fine riservata agli altri con cui fin dall'inizio aveva condiviso la vicenda della fusione: Mazzoncini, giubilato alla svelta dal nuovo governo, poi il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, spazzato via dal voto del 4 marzo. Ufficialmente il ministro Toninelli ha fatto buon viso al cattivo gioco dell'approvazione del bilancio Anas, in realtà si è arrabbiato parecchio. Dal ministero hanno cercato di spingere Armani verso le dimissioni, sbattendo però su un muro di gomma. Il sì al bilancio dell'azienda delle strade è frutto di un nuovo artificio contabile azzardato che ne potrebbe inficiare la veridicità. Allo stato attuale il prolungamento di 20 anni della concessione è stato deciso unilateralmente da Anas e avallato da Fs con il sì al bilancio. La legge (Finanziaria 2007) però stabilisce altro, e cioè che solo “il ministro delle Infrastrutture, di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze, può adeguare la durata della concessione Anas”. Al momento, il ministro Toninelli non ha mai manifestato la minima intenzione di allungare la concessione.
PROPRIO per questo motivo il ministero dei Trasporti con la propria lettera consigliava al capo Fs di astenersi dall'approvazione del bilancio Anas. In quella comunicazione il ministero precisa pure che al momento non ci sono decisioni per l'allungamento della concessione. Per avviare l'operazione sarebbe necessario attivare un “tavolo tecnico e nelle more della costituzione di tale tavolo” Fs e Anas vengono invitate a “voler posticipare la data di approvazione del bilancio di Anas”. Per il governo ora sarà molto più difficile smontare la fusione. Come dichiarato dal ministro Toninelli nel corso dell’audizione di martedì scorso alla Commissione Trasporti della Camera l'obiettivo politico di bloccare il matrimonio tra ferrovie e strade resta però intatto e forse sarà preparato un decreto ad hoc.
DOPO LA FUSIONE sono cambiate tante cose in casa Anas. Armani ha lasciato la carica di presidente, ma ha mantenuto quella di amministratore e si è conferito quella di direttore generale trasformando il suo contratto e facendolo diventare a tempo indeterminato con annesso un aumento di stipendio. Ora prende più di 400 mila euro l'anno superando di 160 mila euro il tetto fissato dalla legge Madia per i dirigenti di aziende pubbliche (e l'Anas resta azienda pubblica anche dopo l'incorporazione in Fs). Il primo giugno anche il contratto di altri 5 dirigenti voluti da Armani è stato trasformato a tempo indeterminato: Alessandro Rusciano (180 mila euro), Edoardo Eminyan (163 mila), Sergio Papagni (120 mila), Giuseppe Saponaro (200 mila), Claudio Arcovito (120 mila). Se Armani e gli altri dovessero lasciare gli incarichi in seguito all'annullamento della fusione con Fs, l'Anas dovrebbe indorarli con buonuscite milionarie.
Braccio di ferro L’azienda delle strade ha 2 miliardi di buco Il ministero vuole bloccare l’operazione