Il Fatto Quotidiano

Le guerre nel governo sul deficit e il condono

IL VERTICE La Lega vuole più dell’1,6%, il M5S resiste sul fisco

- » LUCA DE CAROLIS E CARLO DI FOGGIA

■ Al primo vertice sui numeri della legge di Bilancio, i partiti di maggioranz­a sfidano il ministro del Tesoro Tria che vuole contenere il disavanzo. Di Maio chiede “più coraggio” e in serata riunisce i suoi ministri

Èun numeretto, ma da quello dipende il futuro della prossima legge di bilancio. S’intende il livello del deficit pubblico che il governo fisserà per il 2019. Ieri è stato al centro del vertice a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, e Matteo Salvini insieme al ministro dell’Economia Giovanni Tria per fare il punto sulla manovra, che ad oggi ammonta a oltre 30 miliardi. L’incontro è andato come peggio non si poteva, almeno secondo i 5Stelle. Tanto che al termine Di Maio ha radunato ministri e sottosegre­tari del M5S in un ristorante romano per studiare il da farsi. Perché è scontento di come Tria vuole impostare la manovra, considerat­a dal capo del M5S “poco coraggiosa”. Anche perché, ripete ai suoi, “sul reddito di cittadinan­za non si indietregg­ia di un millimetro”. E può essere il preludio a uno scontro durissimo.

PRIMA ANCORA dei contenuti, la discussion­e nel governo è su come finanziare i diversi interventi. Da giorni Tria, fautore di una linea assai morbida con Bruxelles, fa sapere che l’obiettivo è fissare nel Documento di economia e finanza, che fa da base alla manovra e verrà presentato il 27 settembre, un deficit all’1,6-1,7% del Pil il prossimo anno, rispetto allo 0,8% a cui si era impegnato il governo Gentiloni. In questo modo mostrerebb­e un lieve calo rispetto all’1,8% con cui chiuderà quest’anno, evitando così uno scontro con la Commission­e europea. La linea, risulta al Fatto, non piace ai due alleati di governo. L’obiettivo di M5s e Lega è arrivare oltre il 2%, così da aprire uno spazio fiscale da almeno 15 miliardi. “Altrimenti tutto non ci sta”, spiega un fonte leghista. Anche perché la crescita rallenta e l’obiettivo del Def di un Pil a +1,5% quest’anno non verrà centrato (probabile si arrivi a +1,1%), e questo ha un effetto sul deficit che l’anno prossimo partirà dall’1% del Pil. I maggiori margini consentira­nno di rinviare senza patemi l’aumento dell’Iva (vale lo 0,7%) e far fronte alle spese obbligator­ie, il resto verrà usato per avviare il programma di governo, per cui mancano le risorse.

Solo alzando il deficit si riuscirebb­e infatti a dare qualche segnale su tutti i capitoli portanti: flat tax, la revisione della riforma Fornero e il reddito di cittadinan­za. “È stato un vertice proficuo, manterremo l’impegno sui tre capitoli”, ha spiegato Salvini. Ed è la stessa linea ufficiale di Conte. Ma 5Stelle in realtà sono furiosi. Perché un accordo non c’è.

PER AVVIARE il reddito di cittadinan­za il M5s pretende da Tria, assai riluttante, uno stanziamen­to di almeno 8 miliardi, anche accorpando i due miliardi messi dal governo Gentiloni per il reddito di inclusione. Ieri l’ennesima resistenza del ministro ha urtato i grillini. “Ha sbagliato l’impostazio­ne della m a no v r a”, spiegano f o n t i d i maggioranz­a. E anche sulle altre misure ci sono poche certezze.

La Lega punta ad alzare il regime forfettari­o per le partite Iva

( costa 1,5- 2 miliardi). Sulla “pace fiscale”, o meglio il condono voluto dalla Lega lo scontro è totale. “Non accetterem­o nessuna forma di condono”, ha spiegato Di Maio. Ossia, è inaccettab­ile l’idea ventilata dal sottosegre­tario leghista al Tesoro, Massimo Bitonci: tetto a un milione a contribuen­te per le somme contestate dal fi- sco, e un meccanismo permanente per chiudere le liti pendenti (oltre a una riedizione tris del condono sui capitali esteri). Il M5s invece chiede una misura una tantum limitata ai piccoli contribuen­ti in difficoltà economica.

Il capitolo più corposo riguarda però le pensioni. La possibilit­à di alzare quelle minime a 780 euro per arrivare alla “pensione di cittadinan­z a”, annunciata da Di Maio vale oltre 10 miliardi, e ne servono altrettant­i per la quota 100 (tra età d’uscita e contributi versati) che vuole Salvini. Parte delle risorse dovrebbe arrivare dal taglio delle “p ensioni d’oro”, che secondo i 5stelle riguarderà la parte non coperta dai contributi versati per gli assegni a partire dai 4.500 euro netti mensili. E su questo pare esserci accordo. Da qui, però, si potranno ricavare non più di 400 milioni. E al momento mancano coperture per almeno dieci di miliardi. Così l’unica speranza è riuscire a piegare Tria.

I dossier

Il titolare dell’Economia non vuole rompere con l’Ue Si litiga anche sul condono

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Ansa Parenti serpenti Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte erano al vertice di ieri
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