“Le mie scene di tortura pensando a Giulio”
Ala al Aswani Lo scrittore non ha trovato nessun editore egiziano disposto a pubblicare il suo nuovo romanzo
“Non
sta a me suggerire al vostro governo cosa fare per conoscere la verità sull’assassinio di Giulio Regeni, ma ritengo sia fondamentale che le vostre istituzioni e la magistratura tengano sotto pressione il regime”. Nel giorno in cui il presidente della Camera, Roberto Fico, ha incontrato il generale-presidente egiziano al-Sisi, lo scrittore egiziano Ala al Aswani si trova in Italia per presentare il suo nuovo romanzo Sono corso verso il Nilo e domani sarà tra i protagonisti della serata inaugurale di Pordenonelegge.
Il più noto e acclamato scrittore contemporaneo egiziano, tra i sostenitori della rivoluzione contro Mubarak a favore della democrazia, non ha trovato tuttavia in patria nemmeno un editore disposto a pubblicare questa sua nuova opera. Aswani, che continua a esercitare come dentista al Cairo, dall'arrivo del generale al-Sisi alla presidenza non ha più potuto pubblicare articoli sui quotidiani con cui collaborava, nè tenere seminari e ogni volta che rientra in Egitto viene interrogato e perquisito.
Come si spiega questo trattamento?
Il regime ha fatto terra bruciata attorno a me perché nei miei libri dimostro che la democrazia è l'unico modo per far progredire la società. Ma è ancora più grave che, a causa del regime, in Egitto non esistano più media indipendenti. La libertà di stampa è una delle colonne portanti della democrazia, così come l'indipendenza della magistratura e del potere legislativo. Oggi in Egitto la situazione è ancora più grave che durante l'era Mubarak: ogni singola parola che viene scritta per essere pubblicata è sottoposta al vaglio della censura. Si rischiano dai 5 ai 15 anni di prigione se ciò che viene pubblicato non sta bene al regime.
Il suo libro si apre con una scena di tortura. Ha pensato a Regeni quando lo ha scritto?
Ho finito di scrivere il libro nel marzo dello scorso anno e, ovviamente, ho pensato a Giulio, di cui ho apprezzato la preparazione e sensibilità quando lo incontrai su sua richiesta. Ma ho pensato anche ai tanti cittadini egiziani che sono stati torturati dopo essere stati arrestati solo per aver partecipato a manifestazioni pacifiche, che sono peraltro garantite dalla nostra Costituzione. Nell'Egitto contemporaneo non c'è posto per la politica, solo per il terrore. Pensi che si stanno costruendo nuove prigioni per contenere tutte le persone che ven- gono continuamente arrestate. Con quale pretesto è stato rifiutato il suo romanzo ispirato a quanto accaduto a piazza Tahrir?
Perché ci sono scene di sesso che possono offendere le persone religiose.
Nel libro scrive che la religione senza etica è di fatto un guscio vuoto. È così, al contrario l'etica senza religione non perde nulla. Non sono contro la religione però. Ritengo allo stesso tempo che lo Stato debba essere laico.
Qual è il compito di uno scrittore egiziano oggi?
Il nostro dovere, a mio parere, è difendere i diritti umani e, di conseguenza, gli esseri umani oppressi. Dobbiamo dare voce a chi non ce l'ha attraverso i nostri personaggi. La rivoluzione sembra fallita ormai. Lo crede anche lei? No. Dopo ogni rivoluzione c'è una controrivoluzione, come ha dimostrato anche quella francese. Anche la Fratellanza Musulmana, prima di al-Sisi ha contribuito perché non ha dimostrato di avere a cuore la democrazia. Ma io non ritengo sia fallita. Ci vuole tempo, è un processo lungo e bisogna trovare nuovi strumenti.
Cosa pensa dei rapporti fra le nazioni europee e al-Sisi?
Il sostegno ai dittatori continua anche da parte dei Paesi europei perché anche i leader democratici del Vecchio continente sono interessati agli scambi economici e solo dopo ai diritti umani. L'Unione europea non ha dato prova di fermezza nei confronti di al-Sisi sul caso Regeni.
Al Cairo si vive peggio dei tempi di Mubarak, non c’è posto per la politica, solo per il terrore