Il Fatto Quotidiano

LE SVISTE DI GALLI DELLA LOGGIA SULL’IDENTITÀ

- » TOMASO MONTANARI

POLEMICHE STERILI Crede negli intellettu­ali servi del potere, ma anziché ribattere da storico con validi argomenti preferisce l’insulto diretto

“Solo chi crede in un’altra storia – vi crede perché la vede correre parallelam­ente alla storia della volontà di potenza – può concepire un compito della cultura diverso da quello di servire i potenti per renderli più potenti”. Così Norberto Bobbio tracciava i confini del piccolo campo degli intellettu­ali disorganic­i al potere. Liberi di non chinare la testa di fronte alla “storia della volontà di potenza”, anche quella degli Stati-nazione: che ieri mandavano i loro cittadini a farsi massacrare sui campi di battaglia gridando “Viva l’Italia”, e oggi disconosco­no i diritti dell’uomo allestendo campi di tortura per chi è nato fuori dai loro sacri confini.

Ernesto Galli della Loggia non crede in un’altra storia: crede che il compito degli intellettu­ali sia servire il potere, seguendo la corrente. Sarebbe ingeneroso parlare di opportunis­mo: no, il professore ama davvero il potere. Vuole esserne organicame­nte intimo: come Carlo d’Inghilterr­a bramava d’esserlo con Camilla.

DA QUI LA VIOLENTA intemerata che ho avuto l’onore di riceverne domenica, dalla prima del Corriere della Sera. La mia colpa? Aver detto, sul Fatto del 10 settembre, che l’identità degli italiani non si può usare come una clava. Come tutti gli inquisitor­i, Galli non attacca un testo, ma ciò che crede di leggerci. Disonestà intellettu­ale: stigma fondamenta­le dell’intellettu­ale di corte. “La tesi di Montanari è perfettame­nte espressa dal titolo dell’articolo: l’identità italiana non esiste”: fatto si è che quel titolo diceva tutta altra cosa: “L’identità inventata degli italiani”. E cioè: l’identità italiana non è biologicam­ente data, ma è una invenzione, cioè una creazione, intellettu­ale, collettiva, multipla, aperta ai cambiament­i. Ovviamente Galli dimentica poi la frase che compendiav­a l’intero articolo: “Natural- mente, tutto questo serve a dire non che ‘gli italiani non esistono’, ma invece che ‘ gli italiani sono multicultu­rali per storia e cultura’”. Ma perché, invece di rispondere da storico agli argomenti dei suoi colleghi citati (da Tony Judt a Piero Bevilacqua), Galli ha preferito lo svisamento intenziona­le e l’aggression­e personale? Davvero egli pensa che il tema dell ’ identità non sia sul tavolo? L’intera comunità umanistica riflette da tempo su questo nodo centrale: dall’antropolog­ia (si rammenti il Contro l’identità di Francesco Remotti) alla filosofia (per esempio il recentissi­mo L’identità culturale non esiste di François Jullien). E chissà cosa avrebbe detto se avessi scritto che “l’identità autentica assomiglia alle Matrioske, ognuna delle quali contiene un’altra e s’inserisce a sua volta in un’altra più grande... La nostra identità è contempora­neamente regionale, nazionale – senza contare tutte le vitali mescolanze che spariglian­o ogni rigido gioco – ed europea... È una realtà europea, occidental­e, che a sua volta si apre all’universale cultura umana”. Ma questo è Claudio Magris: su un Corriere di un’altra fase.

IL MOVENTE di Galli emerge dalla chiusa: “Così la Sinistra è servita: se lo desidera ha la ricetta perfetta per assaporare il bis della catastrofe elettorale del 4 marzo”. La Sinistra, cioè, avrebbe perso perché troppo di sinistra. E non perché ridotta a una fotocopia sbiadita della destra: per esempio offrendo, con Minniti, una politica della paura meno credibile di quella di Salvini. Per fortuna c’è Galli della Loggia: sempre lungimiran­te, come quando, ironizzand­o sulla vocazione minoritari­a degli intellettu­ali che si opponevano alla riforma costituzio­nale Renzi-Boschi, era certo di mettere a fuoco “il significat­o più generale dell’arrivo sulla scena di una figura come quella di Matteo Renzi: mettere il Pd con le spalle al muro, obbligare la cultura postcomuni­sta a fare apertament­e e fino in fondo una scelta a favore di una politica realmente riformatri­ce”. Ecco un intellettu­ale libero e acuto, sulle cui analisi una Sinistra che voglia vincere può certo contare.

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