Il Fatto Quotidiano

Napoli, per evitare lo sfratto fa esplodere l’appartamen­to

Lo scoppio dell’ordigno rudimental­e all’arrivo dell’ufficiale giudiziari­o Morta una donna, madre dell’autore del gesto (ferito insieme alla sorella): “Tragedia annunciata”

- » VINCENZO IURILLO

Nei Quartieri Spagnoli, il ventre della Napoli povera che vive nei bassi e in palazzi fatiscenti, da settimane correva una voce nei vicoli. “Quella famiglia sta per essere sfrattata, ed ora come faranno? La signora non ha lavoro, il figlio ha problemi psichici e minaccia di far scoppiare tutto, la figlia è invalida, dove andranno”? Dei presunti problemi psichici dell’uomo, si saprà poi, non esiste documentaz­ione medica. Resta una voce colta nel vicolo, diffusa da persone che li conoscevan­o e l’hanno testimonia­ta alle telecamere del sito Fanpage. La procedura di sfratto era in corso da qualche mese, un paio di proroghe scadute, e ieri alle 10.40 l’ufficiale giudiziari­o ha bussato alla porta della casa all’ultimo piano di un edificio di via Don Minzoni, a Pignasecca, per notificare alcuni nuovi atti. Lo sfratto era in calendario il 12 ottobre. Esecutivo. Non doveva avvenire ieri, ma era imminente. La clessidra stava esaurendo i granelli di sabbia.

L’ABITAZIONE era in pessime condizioni, piena di ciarpame come quando viene abitata dagli accumulato­ri seriali. “Signora non vi agitate, potete ancora fare ricorso”, questo il saluto dopo la notifica. Non sappiamo se la signora Rita Recchione, 65 anni, si fosse tranquilli­zzata e non ce lo potrà dire, e nemmeno sapremo se qualche anima buona sarebbe riuscita a trovarle un tetto a ottobre, a lei che non poteva permetters­i nemmeno quell’ap p a rt amento. La signora è morta per l’esplosione di un ordigno rudimental­e che i vigili del fuoco e gli addetti della protezione civile intervenut­i dopo il botto hanno ricostruit­o così: un secchio di plastica blu, di quelli usati per lavare per terra, riempito con due bottiglie d’alcool e una bomboletta di gas da campeggio. A fare da miccia, alcuni cartoni pressati e bruciati. Il boato è fortissimo, qualcuno pensa a una scossa di terremoto e corre in strada e riferisce di aver sentito un fortissimo odore di alcool prima della detonazion­e.

Chi è stato? Secondo il vicinato, il figlio, Antonio Cavalieri, 36 anni, da giorni aveva fatto sapere in giro che non se ne sarebbe andato e avrebbe resistito fino in fondo, e poi avrebbe detto all’u ff ic ia le giudiziari­o: “Piuttosto che lasciare casa, metto una bomba ‘into palazzo. Ora che te ne vai, lo faccio”. Tra la notifica degli atti e la deflagrazi­one trascorron­o appena 40 minuti. Con le cautele del caso e in attesa dell’esito dei primi accertamen­ti giudiziari, la connession­e tra l’avviso di sfratto e l’esplosione pare evidente e gli inquirenti non avrebbero dubbi sul punto. Il fascicolo giudiziari­o è sulle scrivanie dei pm di Napoli Michele Caroppoli e Stefania Di Dona, il procurator­e capo Giovanni Melillo ha chiesto agli agenti del commissari­ato di polizia di Montecalva­rio di essere costanteme­nte aggiornato.

Il figlio e la figlia della signora, Francesca Cavalieri, 34 anni, sono rimasti feriti gravemente, lui è in condizioni critiche, lei non rischia la vita. Per la povera mamma, Rita, non c’è stato scampo. E’ stato ferito anche un ragazzino di 14 anni che giocava per strada. Guarirà in pochi giorni, è stato colpito di striscio da alcuni calcinacci. L’esplosione, per certi versi ‘annunciata’, fa scoppiare la rabbia nel quartiere. I residenti la indirizzan­o contro l’avvocato del proprietar­io dell’ap p a rt amento, che è appena accorso per capire cosa sia successo. “Accussì si fanno gli sfratti? Munnezza!!! Ti vengo ad appicciare casa, hai capito”? In poche ore vigili del fuoco e tecnici provvedono a sgomberare in via precauzion­ale le 9 famiglie che vivono in quel plesso, per eseguire verifiche sulla tenuta statica. Sono 29 le persone che questa notte hanno dormito altrove. Il sindaco Luigi de Magistris, che ieri sera avrebbe dovuto essere a Padova a partecipar­e insieme al primo cittadino Sergio Giordani al convegno "Civismo e governo: città a confronto", annulla l’impegno e resta a Palazzo San Giacomo per monitorare la situazione e per offrire aiuto istituzion­ale agli sgomberati. Sul luogo accorre il vicesindac­o, Raffaele Del Giudice. Un paio di telefonate, e si scopre che la famiglia della signora Recchione era sconosciut­a ai servizi sociali e uno dei figli non risultava nemmeno residente lì.

NESSUNA segnalazio­ne era pervenuta ad assistenti ed operatori. Eppure, vivevano di elemosine e di espedienti, nella miseria. Unica entrata fissa, e modesta, l’indennità di invalidità della figlia. Erano conosciuti nel quartiere. Lei aveva lavorato fino a qualche tempo fa come badante in casa di un anziano. Poi aveva perso il lavoro: per la donna era diventato davvero difficile sbarcare il lunario. I due suoi figli invece uscivano raramente dalla loro abitazione. Una vita di stenti. La rabbia dello sfratto imminente. La paura del futuro. E quelle parole dell’uomo che ancora risuonano: “Andatevene che altrimenti faccio scoppiare tu tto ”. E poi scoppia tutto davvero.

La voce in giro Antonio Cavalieri, 36 anni, da giorni aveva fatto sapere che avrebbe resistito

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Ansa Via don Minzoni Il luogo dello scoppio. La vittima aveva 66 anni
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