Gray, l’eterna ragazzaccia roca della black music
Nonostante i venticinque milioni di dischi venduti in un paio di decenni ed essere stata a buon diritto nel ristretto manipolo di quegli artisti che a cavallo del millennio diedero nuova luce alla b la ck music, Macy Gray ha ancora un profilo da outsider . E non fa nulla per modificarlo.
Che sia quel timbro aspro di voce, anomalo secondo qualsiasi canone di belcanto, o l’aspetto da simpatica brigantella poco importa. Nel nuovo Rubyc’è un caleidoscopio di musica nera, aggiornato agl’anni Venti e un gusto tutto particolare nello shakerare g l’ingredienti. Addirittura nella scrittura, sapiente e immediata, con una paio d’invocazioni in apertura e in chiusura dell’album. Nel primo caso facendo ricorso alla leggerezza di un testo poetico in linea con il Buddha del titolo; nel secondo, Witness, rivolgendosi nientemeno che a nostro signore per chiedergli di mantenere le sue promesse, salvandoci dei mali del mondo.
IN MEZZO c’è tanta musica: simpatici arrangiamenti dei fiati, possenti e numerosi in chiave ry t hm ’ n blues, che fanno il paio con altrettante seconde voci in White Man e Sugar Daddy. Nell’un caso auspicando un maggior rispetto razziale, nel secondo invece per dare corpo a un mero divertissementmusicale meno banale di quanto appaia a un primo ascolto.
A intervallarle ci sono le due vere perle dell’album, Tell Me e When It Ends. La prima è un blues orchestrale che, al di là dell’incrementare l’entusiasmo (eccessivo) di chi la considera una nuova Billie Holiday, mette in luce le capacità interpretative oltre che canore di Macy Gray. E fa dell’andamento altalenante del blues il viatico per una ballata romantica e avvincente al tempo stesso. Oltre a essere un omaggio alla nuova etichetta Mack Avenue, molto impegnata nel valorizzare importanti inediti della storia del jazz, con cui la vocalist ha iniziato a collaborare.
When It Endsinvece cambia radicalmente registro, la voce si fa possibilmente più roca nell’iniziale notturno che la introduce. Prima di esplodere letteralmente sostenuta da un florilegio di ritmiche (acustiche e campionate) e sintetizzatori. Pop d’autore insomma, laddove per “pop” s’intenda qualcosa di più di un facile successo commerciale e per “d’a u t or e ” qualcosa in
NOTE SHAKERATE
Chi la considera la nuova Billie Holiday non resterà deluso, grazie agli arditi divertissement vocali e alle ballate romantiche