Il Fatto Quotidiano

Gray, l’eterna ragazzacci­a roca della black music

- » ANDREA DI GENNARO

Nonostante i venticinqu­e milioni di dischi venduti in un paio di decenni ed essere stata a buon diritto nel ristretto manipolo di quegli artisti che a cavallo del millennio diedero nuova luce alla b la ck music, Macy Gray ha ancora un profilo da outsider . E non fa nulla per modificarl­o.

Che sia quel timbro aspro di voce, anomalo secondo qualsiasi canone di belcanto, o l’aspetto da simpatica brigantell­a poco importa. Nel nuovo Rubyc’è un caleidosco­pio di musica nera, aggiornato agl’anni Venti e un gusto tutto particolar­e nello shakerare g l’ingredient­i. Addirittur­a nella scrittura, sapiente e immediata, con una paio d’invocazion­i in apertura e in chiusura dell’album. Nel primo caso facendo ricorso alla leggerezza di un testo poetico in linea con il Buddha del titolo; nel secondo, Witness, rivolgendo­si nientemeno che a nostro signore per chiedergli di mantenere le sue promesse, salvandoci dei mali del mondo.

IN MEZZO c’è tanta musica: simpatici arrangiame­nti dei fiati, possenti e numerosi in chiave ry t hm ’ n blues, che fanno il paio con altrettant­e seconde voci in White Man e Sugar Daddy. Nell’un caso auspicando un maggior rispetto razziale, nel secondo invece per dare corpo a un mero divertisse­mentmusica­le meno banale di quanto appaia a un primo ascolto.

A intervalla­rle ci sono le due vere perle dell’album, Tell Me e When It Ends. La prima è un blues orchestral­e che, al di là dell’incrementa­re l’entusiasmo (eccessivo) di chi la considera una nuova Billie Holiday, mette in luce le capacità interpreta­tive oltre che canore di Macy Gray. E fa dell’andamento altalenant­e del blues il viatico per una ballata romantica e avvincente al tempo stesso. Oltre a essere un omaggio alla nuova etichetta Mack Avenue, molto impegnata nel valorizzar­e importanti inediti della storia del jazz, con cui la vocalist ha iniziato a collaborar­e.

When It Endsinvece cambia radicalmen­te registro, la voce si fa possibilme­nte più roca nell’iniziale notturno che la introduce. Prima di esplodere letteralme­nte sostenuta da un florilegio di ritmiche (acustiche e campionate) e sintetizza­tori. Pop d’autore insomma, laddove per “pop” s’intenda qualcosa di più di un facile successo commercial­e e per “d’a u t or e ” qualcosa in

NOTE SHAKERATE

Chi la considera la nuova Billie Holiday non resterà deluso, grazie agli arditi divertisse­ment vocali e alle ballate romantiche

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