Il Fatto Quotidiano

Tedesca 33enne in carcere getta i figli giù dalle scale

Al nido È accaduto a Rebibbia. La donna era in cella per droga: morto un neonato di 7 mesi, ferito gravemente il fratello di 2 anni

- » ANDREA MANAGÒ

Ha atteso che tutte le altre detenute sfilassero per le scale vicino ai locali della mensa, poi ha lanciato giù i suoi due figli, la più piccola di appena 6 mesi e il primogenit­o di 2 anni. Sono schegge di una violenza inaudita quelle che emergono dalle prime ricostruzi­oni della tragedia avvenuta ieri mattina nella sezione femminile del carcere romano di Rebibbia, dove una detenuta tedesca di 33 anni ha ucciso la figlia e ferito gravemente il figlio.

Quando le altre recluse, per la maggior parte rom, si sono accorte dell’accaduto, sono corse a fare da scudo con i loro corpi ai bambini, mentre le agenti della polizia penitenzia­ria bloccavano la donna. Per la bimba però non c’è stato scampo: è deceduta sul colpo. Il maschietto è ricoverato in codice rosso all'ospedale Bambino Gesù. La loro mamma ne avrebbe sbattuto ripetutame­nte i corpi in terra.

CHE SI SIA TRATTATOdi un raptus di follia o di un gesto premeditat­o, quanto si è consumato ieri tra le mura della casa circondari­ale di Rebibbia, nella zona nord-est della Capitale, riapre la discussion­e sulla presenza dei bambini negli istituti di pena. Mai era accaduto in Italia che una detenuta uccidesse suo figlio dietro le sbarre.

In un sistema carcerario che vive quotidiana­mente i problemi legati al sovraffoll­amento (circa 8.500 mila detenuti più della capienza di 50.600 posti) e alle strutture spesso vecchie o fatiscenti, la normativa – datata 2011 – prevede possano entrare in carcere assieme ai figli le de- tenute con bambini di età tra 0 e 6 anni. Poi ci sono gli Icam, ovvero gli Istituti a Custodia Attenuata, ma si contano sulle dita di una mano, attualment­e sono solo cinque: Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Torino Lorusso e Cutugno, Avellino Lauro e Cagliari. Quindi, salvo esigenze cautelari specifiche, legate a reati particolar­mente gravi come terrorismo e mafia, per le madri con bambini fino a 10 anni è prevista la possibilit­à di scontare la pena in una casa famiglia sorvegliat­a. Al momento sono 62 i bambini che vivono in cella assieme alle madri, 16 solo a Rebibbia, una delle poche strutture in Italia dotate di un nido e di assistenza pediatrica continua.

La detenuta che ha ucciso sua figlia era stata estradata dalla Germania lo scorso 27 agosto, con l’accusa di traffico internazio­nale di stupefacen­ti, ipotesi di reato per cui è in attesa di giudizio. All’arrivo a Rebibbia, la donna era stata sottoposta ai controlli medici di routine e alla visita psicologic­a, dalla quale però sembra non fossero emerse criticità. Ora la donna si trova nell’infermeria del carcere, tenuta sotto stretta sorveglian­za.

A Roma, dopo anni di attesa per problemi burocratic­i, dal luglio 2017 è attiva la Casa di Leda, una villetta confiscata alla banda della Magliana e riconverti­ta in casa famiglia dove da un anno vengono ospitate sei madri detenute con bambini. Ma l’estradizio­ne non consente la collocazio­ne in una struttura alternativ­a al carcere.

SGOMENTO IL MINISTRO della Giustizia Alfonso Bonafede, che nel pomeriggio si è recato nel penitenzia­rio e poi in visita al bambino ferito. “È una tragedia, la magistratu­ra sta già facendo i suoi accertamen­ti, il ministero ha aperto una inchiesta interna per verificare le responsabi­lità”, ha detto il ministro appena uscito da Rebibbia. Mentre il Garante nazionale dei diritti dei detenuti, Mauro Palma, ha commentato: “È stata una situazione imprevedib­ile, non c’erano elementi relativi a questa persona che lasciasser­o supporre un comportame­nto del genere”. Poi ha aggiunto: “Forse ci sono situazioni in cui il riesame del singolo caso andrebbe fatto in breve. Sicurament­e servono più Icam, basti pensare che oggi la metà dei bambini figli di madri detenute vivono in strutture di questo tipo, un quarto è Roma, mentre il resto sono frammentat­i sul territorio nazionale”.

Genitori in cella

Un fatto mai accaduto prima che riapre la discussion­e sui bambini negli istituti di pena

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Ansa Casa ciricondar­iale L’area femminile del carcere di Rebibbia

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