“L’assegno di ricollocazione deve essere riformato”
Cassa integrazione e Reddito di cittadinanza, parla il presidente dell’Anpal
Reddito di cittadinanza? Meglio creare lavoro stabile con gli incentivi. Ma un sussidio universale, con centri per l'impiego potenziati, avvicinerebbe l'Italia agli altri Paesi europei”. Maurizio Del Conte insegna Diritto del Lavoro alla Bocconi, è tra gli autori del Jobs Act e dal 2016 presiede l'Anpal: l'agenzia che guida le politiche attive del lavoro, cioè i servizi che assistono i disoccupati in cerca di un impiego.
Professore, è tornata la cassa integrazione (Cig) per cessazione attività, scelta che contraddice il Jobs Act. Che ne pensa? La cassa fine a se stessa, con l'impresa cessata e i lavoratori parcheggiati, non è funzionale al reinserimento; per quello ha più senso la Naspi, il sussidio di disoccupazione.
Lei ha sostenuto, l'anno scorso, l'avvio dell'assegno di ricollocazione (Adr): un percorso di reinserimento per quei disoccupati che ricevono la Naspi da almeno quattro mesi, poi esteso ai cassaintegrati: si può estendere anche a quelli "per cessazione"?
Sì, ma le premialità oggi previste per chi aderisce all'Adr durante la Cig per ristrutturazione,come l'incentivo a chi li assume, vanno previste anche per la Cig per ces- sazione, e questo ha un costo. Sarebbe paradossale se i dipendenti di un'impresa in Cig per chiusura, quindi decotta, fossero penalizzati rispetto ai lavoratori in Cig per ristrutturazione, già con maggiori speranze di reimpiego.
Con la Cig per cessazione è più facile gestire le crisi industriali, impresa che dopo il Jobs Act è sembrata più ardua.
Va capito se la crisi è finalizzata alla chiusura definitiva dell'impresa o se resta un patrimonio da salvaguardare con un trasferimento di azienda. Se c'è una delocalizzazione, resta solo terra bruciata ed è difficile il rilancio della fabbrica; in altri casi si può provare a salvarla.
Torniamo all'assegno di ricollocazione: a maggio è partito a regime, con 500 mila potenziali beneficiari. Come va?
Finora hanno aderito in poche centinaia. Quando è applicato ai lavoratori in cassa integrazione, è percepito come una difesa collettiva. Quando invece viene invitato il singolo lavoratore in Naspi c'è ritrosia a mollare uno stato di passività e attivarsi, nonostante l'adesione non faccia perdere il sussidio.
E se il problema fosse proprio la platea? L'Adr spetta solo a chi è già protetto dalla Cig o dalla Naspi. I più giovani, senza paracadute, sono esclusi. Forse con lo-
ro avrebbe più successo... Avevamo pensato a questa ipotesi, ma le risorse non sono infinite. Per i più giovani c'è Garanzia Giovani, mentre per i disoccupati di lunga durata, con i sussidi scaduti, ci sono percorsi per ricostruire il curriculum deteriorato. Comunque non sarei affatto sfavorevole ad allargare l'Adr, risorse permettendo.
Con il Jobs Act si voleva ridurre la forbice tra garantiti e non. Per avere la Naspi e l'Adr, però, bi- sogna aver avuto un posto di lavoro e aver pagato sufficienti contributi. I precari sono penalizzati.
L'obiettivo è stato stimolare il lavoro stabile con gli incentivi alle assunzioni. Poi, certo, vanno date risposte anche a chi è ai margini. Non ci si può dimenticare di disoccupati che hanno avuto carriere discontinue e non godono degli ammortizzatori sociali. Una risposta può essere il reddito di cittadinanza così come proposto: un sussidio universale condizionato alla ricerca del lavoro?
I Paesi europei con una più robusta tradizione di politiche attive hanno strumenti di welfare rivolti a tutti i disoccupati, non solo a chi ha i contributi versati. Ma il reddito ha senso solo se è credibile l'apparato di servizi per l'impiego, va rivisitato il modello italiano.
Il suo mandato all'Anpal scade a gennaio e il governo potrebbe non riconfermarla. Come lascia l'agenzia?
Visto come eravamo tre anni fa, abbiamo fatto passi avanti. Lascio al mio eventuale successore un lavoro avviato, ma questo percorso ha bisogno di tempo.
Un'autocritica?
Abbiamo commesso l'errore di prevedere la nascita dell'Anpal a costo zero.