Il Fatto Quotidiano

Truffa olimpica Milano & Cortina “I soldi del governo arriverann­o”

Eliminata Torino, l’asse Cio-Carroccio-Pd garantisce il Lombardo-Veneto

- » LORENZO VENDEMIALE

La nave è partita, per usare la metafora di Giovanni Malagò. Ieri la delegazion­e Coni ha portato a Losanna la candidatur­a di Milano e Cortina ai Giochi invernali del 2026. Ed era tutto ciò che il numero 1 dello sport italiano chiedeva: superare la scadenza ed evitare un altro ritiro. Il trucco è bypassare i veti politici con un progetto regionale: niente Torino, niente sostegno del governo, diventa un’iniziativa autonoma di Lombardia e Veneto. “I soldi li mettono loro”. Per ora: in realtà se la candidatur­a andrà avanti sul suo percorso potrà ritrovare il sostegno dell’esecutivo. “Le Regioni si fanno carico di un impegno che per il governo ora rappresent­ava un problema: diciamo che il loro è un investimen­to”, spiega chi è vicino al dossier.

INTANTO IL CIO ha ascoltato con interesse la nuova proposta italiana. Ovviamente: il Comitato internazio­nale è disperato per la moria di candidatur­e (si sono già ritirate Svizzera, Austria e Giappone) e quindi è pronto a chiudere un occhio sulle garanzie. Tutto ruota intorno ai soldi. Per il M5S è fondamenta­le che non ci sia un contributo statale, per non trasformar­e la mezza autoesclus­ione di Torino (che ha tolto dai guai interni la sindaca Appendino) in una sconfitta: “Se Milano e Cortina vogliono farle dovranno trovare da sole le risorse”.

Anche il sottosegre­tario Giorgetti ha ribadito che “il governo non ci metterà nulla”, ma la po- sizione della Lega non sembra essere così netta, come dimostrano le parole di Matteo Salvini: “Le Olimpiadi portano soldi e vantaggi. Se qualcuno per problemi politici si ritira, e penso a Torino, è dovere degli enti locali e del governo so- stenere chi non lo fa”. Le cifre (almeno sulla carta, le Olimpiadi storicamen­te lievitano nel corso degli anni) non sono cambiate: il tridente sarebbe costato 376 milioni, mettendo insieme i dossier di Milano e Cortina verrebbe fuori una somma comunque inferiore ai 400 milioni. Impegnativ­a, non insostenib­ile per il bilancio di Lombardia e Veneto, con la possibilit­à di dividerla in due e spalmarla negli anni. Ma se i governator­i si sono fatti carico senza battere ciglio dell’onere è perché sentono di avere comunque le spalle coperte: per il momento gli è stato chiesto solo un impegno teorico. “Voi andate avanti, poi una soluzione si trova”, garantisco­no i grandi promotori romani dei Giochi.

ZAIA E FONTANA presterann­o le loro firme: basta questo entro l’11 gennaio per formalizza­re la candidatur­a. Soldi, per ora, non ne servono: qualche spicciolo per promuovere la candidatur­a, pochi mesi di campagna consideran­do che l’assegnazio­ne sarà nell’autunno 2019 e potrebbe essere anticipata. Ammesso e non concesso di vincere, il discorso sulle risorse è rimandato al 2020. E fra due anni le città ospitanti potrebbero riavere il governo al loro fianco.

Il modo più semplice è recuperare Torino. Non a caso, subito dopo l’annuncio del tandem Milano-Cortina, sono partiti diversi appelli a Appendino. “C’è tempo per ripensarci”, ha detto Malagò, senza scadenze. I contatti sono già in corso: “Continuiam­o a lavorare per portare i Giochi a Milano, Torino e Cortina: sul tavolo c’è un protocollo d’intesa, basta un piccolo sforzo delle città”, recita una nota del capogruppo leghista alla Camera, Molinari. Ma le porte sono aperte anche in un secondo momento: Tokyo, che ospiterà l’edizione 2020, ha stravolto il suo dossier a distanza di anni dall’assegnazio­ne. E con il ritorno al tridente l’appoggio governativ­o sarebbe automatico.

Qualcun altro, invece, scommette addirittur­a su elezioni anticipate: qualsiasi altro esecutivo (senza dentro il M5S) firmerebbe l’assegno olimpico ad occhi chiusi. Problemi futuri: la Lega oggi non vuole tensioni in maggioranz­a, domani non abbandoner­à le sue Regioni.

Quello di Lombardia e Veneto non è un azzardo, solo un “investimen­to”.

Piani pluriennal­i Per tener buono il M5S dopo il no a Torino si fa finta che lo Stato ne resterà fuori: non andrà così

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LaPresse/Ansa Vincitori Luca Zaia, Beppe Sala e, a destra, Giovanni Malagò
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