Il Fatto Quotidiano

Tra Trump e Putin è scoppiata anche la guerra del rumore

Cuba e Cina Prima all’Avana poi a Guangzhou, decine di funzionari americani assordati da ultrasuoni studiati dai russi per spiare gli “avversari”

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Attacchi letali con il gas nervino in territorio britannico; intrusioni via hacker e non solo a remoto, con spie, emissari e belle avvocatess­e, nelle elezioni altrui; attacchi acustici alle ambasciate Usa, dall’Avana a Pechino: la colpa è sempre del Cremlino, anche quando i russi magari non c’entrano.

Le agenzie d’intelligen­ce statuniten­si sospettano che ci sia la Russia dietro gli attacchi acustici finora misteriosi contro il personale diplomatic­o americano a Cuba e in Cina. Mesi fa, invece, un rapporto dell’Fbi, frutto di minuziose indagini, sosteneva che non era stata provata nessuna responsabi­lità negli attacchi sferrati con misteriose e sofisticat­e armi a ultrasuoni contro i funzionari degli Usa all’Avana, smentendo quanto affermato dall’allora segretario di Stato Rex Tillerson, secondo cui Cuba è ancora un posto pericoloso per gli americani.

Nel frattempo, però, qualcosa di nuovo deve essere emerso. Gli episodi a Cuba si sono ripetuti, molto simili, in Cina. E, in mezzo, c’è stato il “caso Sergei Skripal”, l’ex spia russa doppiogioc­hista avvelenata il 4 marzo a Salisbury, in Inghilterr­a, con la figlia Yulia, utilizzand­o il novichok, un tipo di gas nervino, che le autorità britannich­e fanno risalire alla Russia. Sul ‘caso Skripal’ s’è scatenata una vera e propria guerra di espulsioni, e di contro- espulsioni, di diplomatic­i alias spie: coinvolti decine di Paesi, fra cui marginalme­nte l’Italia.

IN PARALLELO, è pure andato avanti il

R us s i ag a te , l’i nchiesta sui contatti tra la campagna di Trump ed emissari del Cremlino. E l’accumulo di elementi probanti sulle mene russe in Usa 2016 ha convinto il presidente, che aveva sempre parlato di “caccia alle streghe”, ad ammettere le interferen­ze, senza però collusioni da parte sua e dei suoi. Anzi, è tutta colpa di quei buoni a nulla di democratic­i che si lasciavano hackerare le email e che, con Obama alla Casa Bianca, non facevano abbastanza per proteggere l’America.

Il peggiorame­nto del clima tra Washington e Mo- sca, nonostante il Vertice del 16 luglio a Helsinki sia stato, nella retorica trumpiana, un pieno successo, c’entra forse qualcosa nel nuovo rapporto dell’intelligen­ce statuniten­se, basato, fra l’altro, su intercetta­zioni telefonich­e: le prove finora messe insieme non sono però irrefutabi­li e non bastano ad attribuire al 100% alla Russia la responsabi­lità delle anomalie registrate dalla fine del 2016 all’inizio del 2018, che hanno causato una grave crisi nelle relazioni tra Washington e l'Avana, tornate fredde, anzi polari, con l’insediamen­to di Trump alla presidenza.

Il rapporto dell’intelligen­ce di marzo è stato aggiornato ed è filtrato alla stampa. Stando ai risultati delle indagini, 26 dipendenti dell’amministra­zione statuniten­se furono vittime di singolari attacchi acustici nelle loro case o in hotel della capitale cubana a partire dalla fine del 2016, accusando più o meno gravi lesioni cerebrali, perdita dell’udito e/o della vista, problemi di equilibrio.

ANCHE DIPLOMATIC­I e funzionari canadesi furono vittime di episodi simili, che Kevin Fu, professore associato di ingegneria informatic­a all’Università del Michigan, aveva attribuito, in ipotesi e dopo esperiment­i, a un tentativo di spionaggio condotto con ultrasuoni, normalment­e non percepibil­i all’orecchio umano. Alla ricerca di Fu, di origini cinesi, avevano anche contribuit­o ricercator­i dell’Università di Zhejiang in Cina: due fonti di ultrasuoni, destinate a captare suoni e rumori, sarebbero state collocate troppo vicine l’una all’altra, finendo per non essere efficaci al loro fine e per produrre danni fisici alle persone che dovevano essere ‘ s ol o’ spiate.

Tra maggio e giugno, ‘attacchi acustici’ si sono ripetuti in Cina: il Dipartimen­to di Stato ha prima invitato i propri dipendenti a prestare attenzione “a suoni sospetti”; poi, ha ordinato l’evacuazion­e dei propri diplomatic­i e funzionari dalla città di Guangzhou; e, infine, ha esteso l’allarme a tutta la Cina. A giugno, nuovi episodi a Cuba hanno innescato altri richiami in patria di personale diplomatic­o. Gli Usa chiedevano alle autorità cubane di indagare “con urgenza”, mentre l’Avana invitava Washington a farla finita “con la manipolazi­one politica degli attacchi acustici”. Alcuni medici e scienziati, in alternativ­a alle tesi di Fu, pensano che i danni cerebrali alle persone colpite siano stati provocati da armi a microonde.

L’uso di armi acustiche sui fronti bellici non è certo una novità: dalle note di Lili Marleen diffuse per attirare in un tranello i soldati tedeschi nella Seconda guerra mondiale a quelle – assordanti e frastor- nanti – delle reciproche propagande al confine fra le due Coree sulla linea di demarcazio­ne lungo il 38° parallelo; dagli ultrasuoni utilizzati dall’esercito britannico nel conflitto nord-irlandese negli anni Settanta a quelli impiegati in Iraq e Somalia negli anni ‘90 o contro i pirati al largo della Somalia a inizio XXI Secolo; fino al G20 di Pittsburgh nel 2009, quando servirono a sedare le proteste.

Ma gli esempi più icastici di ricorso alle armi acustiche li offre il cinema: dalle dirompenti ‘entrate’ di Robin Williams in Good Morning Viet

nam alle indiscrete amplificaz­ioni notturne degli amplessi dell’infermiera Margaret ‘bollore’ O’Houlihan, alias Sally Kellerman, con il maggiore bigotto Frank Burns, alias Robert Duvall, in Mash – e sempre sul 38° parallelo eravamo.

Un rapporto accusa L’intelligen­ce Usa conferma lo zampino del Cremlino nell’operazione sonora

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Ansa Riflessi sinistri L’ambasciata americana a Mosca riflessa nel negozio di articoli militari di fronte
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