Il Fatto Quotidiano

Bimbi in carcere La moderna Medea e la doppia punizione dello Stato

- SARA FABRIZI MADDALENA OLIVA

SONO UNA MAMMAa tempo pieno di due bambini. Vederli crescere sereni mi ripaga delle rinunce e dei momenti di amarezza, rari ma intensi. Ho letto della madre detenuta che ha ucciso i propri figli lanciandol­i dalle scale. Il gesto è quello di una donna in pieno delirio di colpa o comunque in preda a uno status di forte turbamento emotivo. Ora è scattata la sospension­e per la Direttrice, per la sua vice e per il vicecomand­ante di polizia penitenzia­ria della casa circondari­ale femminile di Rebibbia. Mi chiedo: basterà questo provvedime­nto esemplare per impedire che accada ancora? GENTILE SARA, “ora i miei figli sono liberi” sono le parole che ha pronunciat­o Alice, la donna, poco più che trentenne, che ha ucciso i suoi figli. È un gesto atroce, terribile, di una moderna Medea che, come ha spiegato il suo avvocato, ha vissuto la detenzione dei suoi piccoli due bimbi (due anni in due) come una doppia punizione. Alice Sebesta il 27 agosto era stata intercetta­ta dai carabinier­i di Roma in auto con due nigeriani: dentro il veicolo, 10 chili di marijuana. “Mi hanno dato un passaggio per la stazione, dovevo prendere il treno per tornare a Monaco di Baviera, non sapevo della droga”, si era giustifica­ta. I due uomini vennero rimessi in libertà, Alice invece finì a Rebibbia. Con i figli. È su questo che dovremmoin­nanzitutto interrogar­ci, prima di farlo sull’animo umano. Come è possibile che Alice si trovasse ancora in carcere, nonostante i due figli. La scarcerazi­one, a dire il vero, sembrava a portata di mano. Il giudice aveva bisogno di un domicilio sicuro dove assegnarla ai domiciliar­i e lei lo aveva trovato, a Napoli, da un amico. Ma poi il magistrato competente era cambiato e il nuovo, ritenendo che “il quadro indiziario non fosse modifica- to”, e senza fare riferiment­o ai minori, il 7 settembre ha respinto la richiesta. Le madri carcerate che vivono all’interno delle strutture penitenzia­rie italiane sono 52: 52 madri che “certamente non mettono a rischio la sicurezza degli italiani, e quindi si potrebbero tranquilla­mente trovare alternativ­e al carcere”, come ha sottolinea­to Susanna Marietti dell’Associazio­ne Antigone. “Se io dirigessi un carcere con 350 detenute – ha scritto sul suo blog sul fattoquoti­diano.it – avrei solo un modo per essere certa che mai accadrà nell’istituto qualche evento che finirà sui telegiorna­li: tenere tutte le detenute chiuse in celle singole, nude, legate al letto, sorvegliat­e a vista. Ma è questo il modello di pena che vogliamo?”.

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Ansa Dietro le sbarre Il parco giochi dentro San Vittore

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