Il Fatto Quotidiano

“Mattarella, occhio al neo-presidente”

Il candidato è Garofoli Un gruppo di dirigenti intima a Mattarella di sostituire il dimissiona­rio Nava garantendo “l’indipenden­za”

- » GIORGIO MELETTI Twitter@giorgiom eletti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Lostile ricordai pronunciam­ientoscon cuidu es ecoli fai militari dell’America Latina annunciava­no i colpi di Stato. L’efficacia sembra invece avvicinars­i a quella del golpe del tenente colonnello Tejero, che nel 1981 riuscì a tenere in scacco la democrazia spagnola per un paio d’ore prima di essere consegnato alla memoria eterna del ridicolo. Per l’Italia è un inedito, almeno da quando si è esaurito lo strapotere sindacale nelle istituzion­i pubbliche.

UN GRUPPO DI DIRIGENTI e funzionari della Consob, capitanati dal vicedirett­ore generale Giuseppe D’Agostino, ha firmato una lettera per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fumosa ma dal significat­o evidente: una pressione sul Quirinale in vista della nomina del presidente dell’Authority che vigila sui mercati finanziari. Con un particolar­e grottesco: non si sa se la lettera sia già arrivata al destinatar­io né se mai ci arriverà perché, nella fretta di pesare sulla scelta del successore di Mario Nava, i sagaci registi dell’operazione hanno pensato bene di far uscire la lettera in forma di bozza su alcune testate.

Il contenuto della lettera è grave. Gli uomini della Consob intimano a Mattarella che, in vista delle “nuove sfide a cui sono chiamate le vigilanze in un contesto aperto e complesso”, le sfide medesime “impongono stabilità dei vertici”. Come dire che ai funzionari della Consob piaceva Mario Nava e non è piaciuto che si sia dimesso a pochi mesi dall’insediamen­to. Non solo: “La tutela del risparmio ha bisogno di indipenden­za e profession­alità dei vertici”, scrive D’Agostino. Come dire che Nava e il predecesso­re Giuseppe Vegas indipenden­ti lo erano, ma adesso chissà Mattarella chi manda. La lettera finisce, in puro stile pronunciam­iento , con gli ordini per Mattarella: “Confidiamo in Lei affinché tali esigenze siano salvaguard­ate”. Perché un serio dirigente come D’Agostino si lancia in un’iniziativa talmente improvvida da indurre il direttore generale della Consob Angelo Apponi a chiamarsen­e precipitos­amente fuori? Perché gli uomini della Consob si muovono oggi in difesa dell’ indipenden­za (non dicono da che cosa, si suppone dalla politica) e sono stati zitti nel 2011 quando il governo Berlusconi spedì a spadronegg­iare sulla Consob il suo sottosegre­tario Giuseppe Vegas? E perché dopo il grave scontro istituzion­ale sulla nomina a ministro di Paolo Savona qualcuno pensa che non i partiti di maggioranz­a ma addirittur­a un gruppetto di dirigenti della Consob possano permetters­i di richiamare all’ordine il Quirinale sulla nomina del presidente della stessa Consob?

LA SPIEGAZION­E STA nella delicata battaglia sotterrane­a in corso. C’è un sistema di potere parallelo, un vero e proprio partito della burocrazia, il cui ideologo e stratega è il giurista Sabino Cassese, che prima ha difeso strenuamen­te Nava fingen- do di ignorare le pesanti irregolari­tà della sua nomina. Poi, quando anche i burocrati amici di Palazzo Chigi e Quirinale si sono dovuti arrendere difronte all’indif end ibilitàd iN ava, è partitala strategia di contenimen­to.

L’OBIETTIVO È EVITAREche il governo nomini alla Consob un uomo gradito a Lega e Cinquestel­le anziché alle cordate burocratic­he legate a Pd e Forza Italia. Dietro il pronunciam­ientoc’è il nome di Roberto Garofoli, capo di gabinetto del ministero dell’Economia prima con Pier Carlo Padoan e oggi con Giovanni Tria che lo ha confermato. Consiglier­e di Stato, durante il governo Letta è stato segretario generale a Palazzo Chigi mentre sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio era Filippo Patroni Griffi, oggi avviato verso la presidenza del Consiglio di Stato. La guerra allo s po il s

system con cui la casta burocratic­a difende il suo dominio incontroll­ato avrà la battaglia decisiva sulla nomina di Garofoli alla Consob. E il governo Conte è in ritardo all’appuntamen­to: il nome da portare alla firma di Mattarella non è stato ancora trovato.

Raccolta di firme La lettera scritta dall’alto dirigente D’Agostino. Il dg Apponi si è chiamato fuori

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Ansa/Lapresse Tirato per la giacca Il presidente Sergio Mattarella

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