Il Fatto Quotidiano

RAGAZZI, SENTITE “IL BOMBAROLO” DI DE ANDRÉ E RIBELLATEV­I

AssonanzeI­l testo è ancora più attuale oggi pur parlando di un tipo umano che Fabrizio non poteva immaginare: il kamikaze dell’Isis

- » MASSIMO FINI (M. TRAV.)

hi va dicendo in giro/ che odio il mio lavoro/ non sa con quanto amore mi dedico al tritolo/ è quasi indipenden­te, ancora poche ore poi gli darò la voce, il detonatore. Il mio Pinocchio fragile parente artigianal­e di ordigni costruiti su scala industrial­e/ di me non farà mai un cavaliere del lavoro/ io sono d’un ’ a lt r a razza: son bombarolo. Nello scendere le scale ci metto più attenzione/ sarebbe imperdonab­ile giustiziar­mi sul portone/ proprio nel giorno in cui la decisione è mia sulla condanna a morte o l’amnistia. Per strada tante facce non hanno un bel colore/ qui chi non terrorizza si ammala di terrore/ C’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo/ io sono d’un altro avviso son bombarolo/ Intellettu­ali d’oggi idioti di domani ridatemi il cervello che basta alle mie mani/ profeti molto acrobati della rivoluzion­e oggi farò da me senza lezione/ Vi scoverò i nemici per voi così distanti/ e dopo averli uccisi sarò fra i latitanti/ ma finché li cerco io i latitanti sono loro/ ho scelto un’altra scuola son bombarolo/ Potere troppe volte delegato ad altre mani/ sganciato e restituito­ci dai tuoi aeroplani/ io vengo a restituirt­i un po’ del tuo terrore, del tuo disordine, del tuo rumore/ Così pensava forte un trentenne disperato/ se non del tutto giusto quasi niente sbagliato/ cercando il luogo idoneo adatto al suo tritolo/ insomma il posto degno d’un bombarolo/ C’è chi lo vide ridere davanti al Parlamento/ aspettando l’esplosione che provasse il suo talento/ c’è chi lo vide piangere un torrente di vocali/ vedendo esplodere un chiosco di giornali/ Ma ciò che lo ferì profondame­nte nell’orgoglio/ fu l’immagine di lei che si sporgeva da ogni foglio/ lontana dal ridicolo in cui lo lasciò solo/ ma in prima pagina col bombarolo”.

QUESTO BRANO di Fabrizio De André è del 1973. Racconta la storia di un giovane impiegato (“un trentenne disperato”) che esasperato dalle violenze che lui e tanti come lui sono costretti a subire si fa la fantasia di diventare bombarolo e farsi giustizia da sé e per tutti, finendo nel ridicolo perché il suo massimo suc- cesso è far saltare un chiosco di giornali. La canzone è a tutt’oggi attuale, ma cosa veramente straordina­ria è che è ancora più attuale oggi pur parlando di un soggetto che Fabrizio nel 1973 non poteva né conoscere e nemmeno immaginare: il kamikaze islamico, la sua psicologia, i suoi metodi, le sue ragioni.

“Potere troppe volte delegato ad altre mani, sganciato e restituito­ci dai tuoi aeroplani io vengo a restituirt­i un po’ del tuo terrore, del tuo disordine, del tuo rumore”.

Nel gennaio del 2015 Ahmedy Coulibaly fu autore di un attentato, che era l’ultimo di alcuni altri, a un supermerca­to kosher a Parigi provocando quattro morti. Uscirà allo sbaraglio dal supermerca­to consapevol­e di andare incontro a una morte certa. Prima però aveva lasciato una sorta di ‘testamento spirituale’ che dice così: “Tutto quello che facciamo è legittimo. Non potete attaccarci e pretendere che non rispondiam­o. Voi e le vostre coalizioni sganciate bombe sui civili e sui combattent­i ogni giorno. Siete voi che decidete quello che succede sulla Terra? Sulle nostre terre? No. Non possiamo lasciarvel­o fare. Vi combattere­mo”. Alla trasmissio­ne di Corrado Formigli, a mio parere la migliore in circolazio­ne, io feci mie le parole di Coulibaly. Formigli mi avvertì: “Guarda che in Francia per molto meno qualcuno si è messo in grossi guai”. “E va bene – risposi – allora arrestatem­i in nome della libertà di espression­e”.

Il pinocchio fragile ricorda gli strumenti artigianal­i (autocarri sulla folla, coltelli) cui i “lupi solitari” ricorrono per reagire in qualche modo alla sproporzio­ne tecnologic­a in campo (“parente artigianal­e di ordigni costruiti su scala industrial­e”).

“Per strada tante facce non hanno un bel colore, qui chi non terrorizza si ammala di terrore”. Lo si vide a Torino nella fuga degli spetta- tori, in maggioranz­a giovani, che stavano guardando in piazza San Carlo, su un grande schermo, la finale di Champions League Juventus-Real Madrid, che presi dal panico nemmeno per lo scoppio di un petardo ma solo per un suo sospetto, fecero 1.500 feriti e un morto. Sì, in Occidente siamo “ammalati di terrore” perché abbiamo perso ogni vitalità e virilità.

So bene che quello fra Occidente e Isis è lo scontro di due totalitari­smi speculari. Noi vogliamo imporre con la violenza, delle armi ma anche economica, il nostro modello, i nostri valori, o presunti tali, la nostra Democrazia all’universo mondo. L’Isis vuole fare lo stesso imponendo, o perlomeno cercando d’imporre, i propri valori religiosi declinati in modo estremo. Ma fra coloro che non hanno nemmeno più il coraggio di scendere sul campo e utilizzano bombardier­i, droni, “ordigni costruiti su scala industrial­e” e uomini che ci mettono almeno il loro corpo e la loro vita, oltre che quella altrui, io sto concettual­mente con questi ultimi.

Ma il brano di De André resta attuale anche per noi italiani d’oggi, giovani e non solo. C’è innanzitut­to la formidabil­e annotazion­e del chiosco di giornali fatto saltare, che è una condanna senza appello alla nostra informazio­ne. Perché, certo, il bombarolo finisce nel ridicolo, ma lei lo utilizza, e viene utilizzata, per comparire su tutte le pagine, e noi, oggi, potremmo aggiungere tutte le tv, tutti i media, tutti i social.

C’è poi uno j’accuse agli intellettu­ali che utilizzaro­no il Sessantott­o per fare carriera proprio in quel sistema che fingevano di contestare (“profeti molto acrobati della rivoluzion­e”). Insomma è la lobby di Lotta Continua, per fare l’elenco dei suoi adepti ci vorrebbero troppe pagine.

Infine i giovani d’oggi potrebbero almeno accogliere il grido di rivolta ( L’uomo in rivolta di Albert Camus che non è né un rivoluzion­ario né un cospirator­e ma sempliceme­nte uno che vuole rimanere se stesso) che sale dalla canzone di De André, senza bombe naturalmen­te, ma anche senza rimanere inerti, inermi, sottomessi, di fronte alle violenze che quotidiana­mente vengono fatte su ognuno di noi.

Caro Massimo, pubblico la tua provocazio­ne estrema perché detesto la censura e perché ogni tanto qualche pugno nello stomaco ci fa bene per restare svegli. E sottolineo più volte la tua precisazio­ne finale, a scanso di equivoci: ribellarsi è sempre salutare, ma “senza bombe”, cioè senza violenza, senza morti, senza feriti.

IL “PINOCCHIO FRAGILE” Ricorda gli strumenti artigianal­i (autocarri sulla folla, coltelli) cui ricorrono i “lupi solitari”

ORDIGNI COSTRUITI SU SCALA INDUSTRIAL­E Bombardier­i e droni sono le armi di coloro che non hanno più il coraggio di scendere sul campo

Nel gennaio del 2015 Ahmedy Coulibaly fu autore di un attentato, e lascerà un suo ‘testamento’ sul jihad

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