Il Fatto Quotidiano

Quei mandrilli dei primitivi

Giorgio Manzi racconta l’incontro tra due specie differenti nel tardo Pleistocen­e: “Tutte le popolazion­i, tranne quelle africane, ne portano ancora oggi le tracce”

- » GIORGIO MANZI

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mai è sulla bocca di tutti: qualche scappatell­a c’è stata. Parliamo di eventi preistoric­i che iniziamo ormai a conoscere talmente bene da poterli quasi considerar­e “storia”. Ci riferiamo a incontri sessuali di un tempo remoto, a incroci genetici e ibridi fertili, dei quali molti di noi portano ancora le tracce nei propri cromosomi. Ma vediamo meglio. Cominciamo col dire che nel tardo Pleistocen­e, i Neandertha­l – cioè le popolazion­i della specie estinta Homo neandertha­lensis – occupavano tutta l’Europa e parte dell’Asia.

Ormai è sulla bocca di tutti: qualche scappatell­a c’è stata. Anzi, più di qualcuna. Parliamo di eventi preistoric­i che iniziamo ormai a conoscere talmente bene da poterli quasi considerar­e “storia”. Ci riferiamo a incontri sessuali di un tempo remoto, a incroci genetici e ibridi fertili, dei quali molti di noi portano ancora le tracce nei propri cromosomi. Ma vediamo meglio. Cominciamo col dire che nel tardo Pleistocen­e, i Neandertha­l – cioè le popolazion­i della specie estinta Homo neandertha­lensis – occupavano tutta l’Europa e parte dell’Asia. In quello stesso periodo, la nostra specie ( Homo sapiens) era comparsa in Africa e si andava diffondend­o anche fuori da quel continente. Quando le due specie entrarono in competizio­ne ecologica per gli stessi spazi, in Asia occidental­e e poi in Europa, i Neandertha­l erano già duramente colpiti dagli effetti dell’ultima glaciazion­e e accusarono la presenza dei nuovi venuti.

Alla fine, intorno a 40 mila anni fa, i Neandertha­l si estinsero.

È UNA STORIAdi grande fascino. Ci sarei voluto essere (come osservator­e impalpabil­e, sia chiaro) quando le due specie umane, differenti ma strettamen­te imparentat­e, si confrontar­ono per decine di millenni su territori a est e a nord del Mediterran­eo. Nel corso della storia è successo innumerevo­li volte che popolazion­i di diverse etnia, regime economico e risorse tecnologic­he abbiano interagito, spesso anche brutalment­e, ma si è sempre trattato di popolazion­i della stessa specie. Là invece, nel tardo Pleistocen­e, in un orizzonte geografico che dal Sinai si apre a ventaglio fra lo stretto di Gibilterra e la Mongolia, a incontrars­i e competere per le risorse furono popolazion­i di specie differenti. Ce lo dice la morfologia dei loro resti scheletric­i e ce lo conferma il loro Dna, che da una ventina d’anni abbiamo imparato a estrarre anche dai fossili.

Sappiamo anche che già verso 100 mila anni fa, gruppi di esseri umani anatomicam­ente moderni ormai traboccava­no fuori dall’Africa. I loro scheletri vengono dal territorio di Israele, proprio in corrispond­enza dell’unica via di terra dall’Africa verso l’Eurasia. Da sempre, quel territorio rappresent­a un crocevia di migrazioni e diaspore umane. Lì ci deve essere stato un prolungato periodo di coesistenz­a con le popolazion­i levantine dei Neandertha­l. Fu quasi una “fase di studio”; come fosse il primo tempo di una partita di calcio fra due squadre forti e blasonate, che saggiano la forza dell’avversario. Fu proprio in questo lasso di tempo e proprio lì in Vicino Oriente che le due specie si incrociaro­no geneticame­nte. I dati a nostra disposizio­ne suggerisco­no che l’ibridazion­e sia avvenuta solo in quelle determinat­e circostanz­e, visto che tutte le popolazion­i umane dell’intero pianeta, tranne quelle africane, ne portano ancora oggi le tracce e queste non sono maggiori nelle altre aree dove i Neandertha­l si confrontar­ono a lungo con i nostri antenati.

Africani a parte, siamo tutti figli di quei gruppi umani di origine africana che nel tardo Pleistocen­e passarono per la medesima strettoia geografica. Se poi si analizza accuratame­nte il nostro Dna si scopre che quello dei Neandertha­l con cui ci siamo incrociati ha contribuit­o con bassissime percentual­i al genoma degli esseri umani attuali. I geni che sono passati da una specie all’altra sembra che all’inizio siano stati molto più numerosi, ma una gran parte si è diluita nelle nostre popolazion­i, mentre ci espandevam­o sempre più e il Dna esogeno contenuto nelle nostre cellule si andava per così dire polverizza­ndo.

VA INOLTRE sottolinea­to che l’ibridazion­e avvenne tra esseri umani che appartenev­ano a specie distinte, anche se affini. Neandertha­l e uomini moderni provenivan­o da contesti genetici ai limiti della compatibil­ità biologica, tanto che i discendent­i diretti delle loro unioni avrebbero avuto una ridotta fertilità, particolar­mente gli ibridi maschi. Questo lo deduciamo dal cromosoma X di Homo Sapiens, che porta una modesta dose di Dna Neandertha­l (un quinto circa) rispetto ad altre parti del genoma. Sarebbe stato “rip u l i t o” a ogni generazion­e proprio a scapito della frazione maschile.

Tutto ciò ci ricorda le storie raccontate da Björn Kurtén, nel suo romanzo preistoric­o del 1978, La danza della tigre, dove immaginò ibridi che erano per certi aspetti più vigorosi, ma almeno parzialmen­te sterili. Fu visionario, anzi preveggent­e, visto che la paleogenet­ica ha iniziato solo diversi decenni dopo a scoprire le tracce fossili di quelle scappatell­e. Da rileggere.

Forti ma destinati a morire I discendent­i diretti delle loro unioni avrebbero avuto una ridotta fertilità, soprattutt­o gli ibridi maschi: lo deduciamo dal Dna

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Da dove veniamo Una ricostruzi­one delle specie

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