Il Fatto Quotidiano

Reddito solo agli italiani? Si rischia l’incostituz­ionalità

- » VIRGINIA DELLA SALA

Mercoledì, in piena trattativa sulla manovra, il vicepremie­r e leader della Lega, Matteo Salvini, ha provocato il Movimento 5 Stelle sul Reddito di cittadinan­za. “Sono sicuro che gli amici Cinquestel­le stanno studiando una formula intelligen­te che lo limiti ai cittadini italiani”, aveva detto. Ieri, il vicepremie­r Di Maio ha replicato, in mattinata e poi la sera da Pechino: “Stiamo lavorando sulla platea”;“con i flussi migratori è logico che la devi restringer­e ai cittadini italiani”;“pensare di individuar­e una platea straniera significa che non puoi prevedere la spesa”. Il punto era già nel contratto di governo: “Uno strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizioni di bisogno”. Ma è davvero possibile riservare questa misura ai soli cittadini italiani?

GLI EUROPEI. “L’esc lu sio ne dei cittadini europei residenti sarebbe di sicuro in contrasto con il diritto dell’Ue - spiega Ennio Triggiani, professore ordinario di Diritto dell’Unione europea nel Dipartimen­to di Scienze Politiche dell’Università di Bari Aldo Moro – sia in base a norme di carattere generale, dalla Carta dei diritti fondamenta­li al trattato sul funzioname­nto dell’Unione, sia in base a tutta una serie di direttive”. La non discrimina­zione per nazionalit­à è uno dei principi fondamenta­li dell’Ue. “Si parla di reddito di cittadinan­za ma esiste la cittadinan­za dell’Ue, con i diritti e i doveri che ne derivano”. Nel 2012, la provincia di Bolzano, nella concession­e degli alloggi popolari, aveva esercitato una discrimina­zione basata sulla nazionalit­à e “l’Italia fu condannata dalla Corte di Giustizia europea”. Si possono prevedere vincoli stringenti, oltre alla residenza? “La Corte di Giustizia Ue si è quasi sempre espressa contro”. E infatti Il testo originario del disegno di legge sul reddito di cittadinan­za presentato in Senato prevede che ne hanno diritto “soggetti in possesso della cittadinan­za italiana o di Paesi dell’Ue” e “soggetti di Paesi che hanno sottoscrit­to convenzion­i bilaterali di sicurezza sociale”.

EXTRA UE. Il reddito non si può negare ai familiari extra-Ue di cittadini europei, né ai rifugiati e apolidi. “L’obiettivo del loro status non è la residenza, ma l’integrazio­ne piena”, spiega il docente. Vale lo stesso per i permessi di soggiorno di lunga durata. “Potrebbero esserci esclusioni che riguardano stranieri extra Ue che non abbiano un permesso di soggiorno consolidat­o, ma si tratterebb­e di eccezioni”. Al trattament­o dei cittadini Extra-Ue sono dedicate specifiche direttive dell’Ue che tutelano i titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo, di permesso unico di lavoro (da rinnovare ogni due anni), di protezione internazio­nale, del permesso per attesa occupazion­e (che dura un anno) e i familiari di cittadini dell’Ue. A spiegarlo è Marta Lavanna, avvocato dell’Associazio­ne per gli Studi Giuridici dell’immigrazio­ne: “La Corte costituzio­nale ha inoltre già fatto notare – con sentenze per l’assegno sociale o gli assegni per le disabilità – che i requisiti per accedere alle prestazion­i contro la povertà, che quindi richiedono un reddito inferiore a una certa cifra, contrastan­o spesso con i requisiti per avere il permesso di lunga du- rata (un reddito superiore a una certa soglia). Con la conseguenz­a che raramente chi ha il permesso di soggiorno riesce ad accedere ai sussidi per la lotta alla povertà”.

IL LAVORO. Vincenzo Martino è invece il vicepresid­ente di Agi, l’associazio­ne degli Avvocati giuslavori­sti italiani. “Il ri- schio di incostituz­ionalità è alto. In base ai princìpi costituzio­nali, e in particolar­e all’articolo 3, non si giustifica un trattament­o differenzi­ato basato sulla nazionalit­à. Tanto più che il provvedime­nto, rispetto alle ipotesi pre-elettorali’, per necessità di copertura finanziari­a sarà ridimensio­nato a sussidio temporaneo fi- nalizzato alla riqualific­azione e al reinserime­nto lavorativo”. Un po’ come l’attuale Naspi, l’indennità di disoccupaz­ione limitata ai lavoratori dipendenti. “È difficile immaginare, a parità di situazione, che un extracomun­itario con regolare permesso di soggiorno, che abbia svolto attività lavorative autonome o dipendenti, versando regolarmen­te i contributi (che per tutti gli extracomun­itari, ricordiamo­lo, superano gli 8 miliardi di euro l’anno), sia poi escluso da una prestazion­e previdenzi­ale o assistenzi­ale riconosciu­ta solo agli italiani”. La Corte costituzio­nale ha già dichiarato illegittim­e discrimina­zioni in

Giuristi e avvocati Sarebbe in contrasto con il diritto dell’Ue ma anche con quanto previsto dalla Carta I residenti in povertà assoluta secondo Istat, 1,6 sono stranieri

qualche misura simili, per esempio in tema di accesso ai servizi pubblici o alle graduatori­e di assegnazio­ne abitativa o per ottenere agevolazio­ni tariffarie. “Direi che solo l’esclusione degli extracomun­itari irregolari appare giustifica­ta e idonea a superare eventuali giudizi di legittimit­à costituzio­nale. Naturalmen­te per un giudizio preciso bisogna attendere di leggere la norma”.

LE CAUSE. Nei mesi scorsi, ad esempio, la Corte di Giustizia dell’Unione europea è stata chiamata a dirimere una causa tra Inps e una donna straniera residente a Genova ma titolare di un permesso di lavoro su- periore a sei mesi. Le avevano respinto la richiesta dell’assegno per i nuclei familiari numerosi. In primo grado, racconta l’Huffington Post, il Tribunale aveva dato ragione all’Istituto. Il giudice d’appello aveva poi ritenuto necessario chiedere un parere alla Corte Ue per una verifica di aderenza alle regole europee. La decisione: “I cittadini dei Paesi non Ue ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi, a norma del diritto dell’Unione e del diritto nazionale – hanno scritto i magistrati – devono beneficiar­e della parità di trattament­o rispetto ai cittadini di detto Stato”.

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