Il Fatto Quotidiano

“Abbiamo dato troppa voce ai razzisti Ormai le loro idee ci sembrano normali”

Il 37enne anglo-indiano oggi a Pordenonel­egge con “L’anno dei fuggiaschi”

- » FRANCESCO MUSOLINO

Salman

Rushdie e la temutissim­a critica del New York Times, Michiko Kakutani, sono concordi: Sunjeev Sahota è un talento cristallin­o. Classe ’81 e sangue inglese, con L’anno dei fuggiaschi è stato finalista al Man Booker Prize, già in corso di pubblicazi­one in quindici Paesi. Sahota è fra gli ospiti internazio­nali di PordenoneL­egge (oggi incontra i lettori presso l’Auditorium della Regione alle 17.30), raccontand­o le vicissitud­ini di Randeep, Avtar e Tochi, tre ragazzi indiani alla ricerca di un futuro in Inghilterr­a, una terra promessa in cui poter ricomincia­re daccapo. Ma il loro karma non muta e faranno i conti con lavori massacrant­i da irregolari, brutali umiliazion­i e un cinismo contagioso. La forza di Sahota è proprio la capacità di raccontare i lati nascosti di ogni migrazione, ciò che siamo disposti a fare pur di sentirci finalmente liberi, rischiando di smarrire l’umanità. Tre giovani ragazzi lasciano l’India pieni di speranza. Ma non ci sarà nessun lieto fine ad attenderli… Ciascuno compie un proprio percorso. La nuova realtà costringe Randeep a riconoscer­e la violenza che porta dentro di sé, una presa di coscienza che sancisce il passaggio all’età adulta. Tochi, invece, finisce per abituarsi alla quotidiani­tà massacrant­e, la vita per lui è una marcia inesorabil­e. Avtar è il personaggi­o che più di tutti mi spezza il cuore: inizialmen­te è il più determinat­o a lavorare senza risparmiar­si ma si indurisce rendendosi conto della distanza che separa le sue aspettativ­e dalla realtà, diventando rancoroso e cinico.

Oggi si definirebb­e un cittadino inglese pienamente integrato?

Non saprei dire cosa significa davvero ‘sentirsi inglese’. Mi sento come un uomo, un marito, un padre, un figlio, un amico e uno scrittore, forse questo è il mio modo di dire che non provo un forte senso di appartenen­za nei confronti di una nazione. Il mio posto è alla mia scrivania o con la mia famiglia.

Cosa accadrà con la Brexit? Il Regno Unito, per molto tempo, è stato il bambino capriccios­o dell’Unione europea. Spero che la Brexit, se diverrà realtà, permetta all’Europa di sbocciare appieno. Nel frattempo si moltiplica­no i casi di razzismo in Inghilterr­a – e in Italia – fra pregiudizi e populismo. Cosa sta succedendo?

È stata data voce a razzisti, ai fascisti e ai suprematis­ti bianchi. Le loro idee vengono dibattute invece di essere denigrate, così facendo quelle opinioni vanno incontro a un processo di normalizza­zione, entrano di diritto nella cultu-

Non sento di appartener­e a una nazione Il mio posto è alla scrivania o con la mia famiglia

ramains tre am. Sono molto preoccupat­o per l’avvenire. Raccontand­o le storie di Randeep, Avtar e Tochi, si è chiesto se sia davvero possibile bloccare le migrazioni? Migrare rientra tra i diritti u- mani, accade dalla notte dei tempi. Credo non ci sia alcun modo per fermarle, a meno che i paesi d’arrivo smettano di essere considerat­i una meta allettante per i potenziali migranti. Ma non accadrà. Spesso i libri di area anglofona si concentran­o su questioni di identità culturale. Come mai lei ha scelto di sottolinea­re le condizioni economiche disperate che molti lavoratori migranti devono affrontare?

La mia idea è che gli scrittori debbano scrivere di ciò che conoscono (o di ciò che pensano di conoscere). Le migrazioni appartengo­no alla storia recente della mia famiglia e sono state segnate dal duro lavoro, dal sudore, dalle fabbriche e dallecase con due camere da letto occupate da tredici persone. Volevo conferire dignità a queste storie nascoste, non limitarmi a riempire uno spazio vuoto su uno scaffale.

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LaPresse Scrittore Sunjeev Sahota

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