Aspettando Bannon, la destra archivia B. e si rassegna a Salvini
La festa dei sovranisti della Meloni: oggi arriva lo stratega di Trump
Dialogo tra due uomini, un ingegnere anziano e un avvocato giovane, alle ventitreesima fila dell’area coperta Carlo Magno. È la festa di Atreju, cioè i sovranisti di Giorgia Meloni, all’Isola Tiberina di Roma. I due dopo aver parlato di appalti, consulenze e difficoltà nel fare il “nero”, il “black” per la precisione, si concentrano finalmente sul programma dei dibattiti.
L’avvocato giovane: “Domani (oggi per chi legge, ndr) la cosa più bella è Bannon nel pomeriggio, dobbiamo partire subito dopo pranzo (i due arrivano dalla provincia di Roma, ndr).
L’ingegnere anziano: “E chi è Bannon?”.
Il giovane: “È il nostro stratega mondiale, noi siamo sovranisti”.
L’anziano, che nel frattempo si alza e grida “Vai Mario” a Mario Giordano: “Sovranisti?”.
Il giovane: “Sì sovranisti, adesso dobbiamo fare il polo sovranista, hai capito?”.
L’anziano, rassegnato: “Ho capito”.
A L L’ISOLA TIBERINA s pira dunque un forte vento sovranista, almeno fino a domani. Tutto è sovrano, dall’identità alle infrastrutture: ci sono anche sagome di cartone di Juncker e Macron, per consentire selfie sbeffeggianti contro l’odiata tecnocrazia dell’Unione Europea. E il tic sovranista talvolta conduce all’atavica nostalgia per Lui.
Ignazio La Russa è tornato convinto camerata dopo gli anni grassi del potere gestito da convinto moderato se non democristiano di An, purificatosi nel lavacro di Fiuggi: “Atreju ha superato i vent’anni che è la durata media dei regimi importanti”. Risate. Non tutto scorre, come il Tevere qui accanto.
È il dibattito inaugurale della festa. Con La Russa ci sono due governatori: il forzaleghista Giovanni Toti dalla Liguria e il camerata gentiluomo Nello Musumeci dalla Sicilia. Il loro moderatore è Maurizio Belpietro, investito da Meloni come “uno dei giornalisti più liberi d’Italia”. Il tema è vasto e impegnativo: la rifondazione del centrodestra. Belpietro è un osso durissimo, vorrebbe almeno un titolo decente, non buttarla in caciara come si dice a Roma. Chiede a Toti: “Almeno il partito unico tra Forza Italia e Fratelli d’Italia lo volete?”.
DAL PUBBLICO si alzano tanti “nooooooo” e Toti si schermisce: “Io posso parlare solo per me, né per Fratelli d’Italia e neanche per Forza Italia”. Va bene. E allora? Il governatore ligure se la cava con una generica “cosa nuova”. Evoca così, inconsapevolmente, il tormentato dibattito che preparò a sinistra la fondazione del Pd, zeppo di “Cose”.
E quando poi Musumeci pronuncia la parola “centrodestra” si scatenano le forze della natura. Un tuono scuote il tendone dell’area e i flutti del Tevere diventano assordanti. Cade la pioggia e l’acqua benedice l’invocazione di La Russa: “Ci vuole un bagno di umiltà”. Appunto.
In realtà, nessuno dei presenti può prevedere o decidere qualcosa. Il vero padrone è Matteo Salvini, che stamattina sarà ad Atreju intervistato da Enrico Mentana. In un’ora e mezza, Silvio Berlusconi non viene degnato nemmeno di una citazione. Alcuni parlamentari di FdI fanno la sintesi del vertice dell’altro giorno a Palazzo Grazioli: “I rapporti tra Giorgia e Matteo sono buoni ma poi Salvini scompare per mesi. Ha una simpatia eccessiva per Di Maio”.
Incassato l’accordo per le Regionali nessuno osa pensare a quello che accadrà alle Europee, dove si correrà divisi. E una Lega al 30 per cento è vista come un incubo. Salvini è già padrone adesso. Figuriamoci col trenta.
Io posso parlare solo per me, né per Fratelli d’Italia e neanche per Forza Italia
GIOVANNI TOTI