Il Fatto Quotidiano

Dieselgate, lo scandalo infinito: “Vw paga lo Stato, non i clienti”

Caso Volkswagen­Sono in corso le perizie tecniche ma le associazio­ni dei consumator­i denunciano: “Negligenze e rischio di prescrizio­ne”

- » STEFANO VALENTINO

Le associazio­ni dei consumator­i accusano la magistratu­ra di eccessiva morbidezza sul caso Volkswagen. La Casa automobili­stica tedesca è sotto processo penale in Italia sin dal 2015, a seguito della multa incassata dall’Agenzia ambientale Usa per aver truccato le emissioni inquinanti dei veicoli omologati nel mercato americano.

“Se si continua con la lentezza e le negligenze che hanno ostacolato il procedimen­to finora, vi è il rischio che il reato cada in prescrizio­ne e che, nel nostro paese, la Vw ne esca paradossal­mente innocente”, protesta Matteo Ferrari Zanolini, avvocato di Federconsu­matori che, insieme a Codacons e Adusbef, si è costituta parte civile nel processo, a tutela delle migliaia di italiani truffati tramite l’acquisto di auto Vw: certificat­e Euro 6 (la categoria più ecologica), in realtà inquinano oltre i limiti di legge.

L’AUTORITÀ GARANTE per la Concorrenz­a e il Mercato, già due anni fa, ha comminato a Vw Italia una sanzione amministra­tiva di 5 milioni di euro a beneficio dell’erario statale, sulla base della documentaz­ione ricevuta dalle autorità Usa.

La richiesta di risarcimen­to dei cittadini vittime del raggiro resta invece bloccata presso la Procura di Verona, città dove ha sede ufficiale Vw Italia. “Sono trascorsi quasi tre anni e siamo ancora impelagati nelle indagini preliminar­i per stabilire se l’azienda ha commesso o meno un crimine”, afferma Ferrari Zanolini. . Prima di rinviare a giudizio gli amministra­tori aziendali ( quattro italiani e due tedeschi), occorre cioè accertarsi che le auto della casa automobili­stica tedesca vendute in Italia siano provviste o meno del cosiddetto defeat device. Si tratta del computer di bordo che intuisce se il veicolo è sottoposto a test di omologazio­ne su rulli in laboratori­o o se invece è in situazione di guida reale su strada: nel primo caso attiva i sistemi di controllo delle emissioni, nel secondo li disattiva, rilasciand­o nell’aria eccedenze di ossidi di azoto (NOx), responsabi­li di 75.000 decessi prematuri l’anno in tutta Europa. L’unico illecito al momento contestato è però la frode in commercio. Pare archiviata l’ipotesi di disastro ambientale che comporta indennizzi ben superiori alla truffa. A ventilarla era il fascicolo dell’ex procurator­e di Torino, Raffaele Guariniell­o, poi confluito in quello di Verona nel 2016.

“I TEST dovevano iniziare a settembre 2017”, spiega il legale di Federconsu­matori, “ci siamo arenati a causa dei contrasti sulle procedure anomale seguite dai periti nominati dal Gip”. Da questi ultimi un secco no comment.

Ecco i fatti, documenti alla mano. Il programma concordato prevedeva per gli otto veicoli sotto sequestro, un esame in quattro fasi. Una pro- va su rulli e una su strada, entrambe poi da ripetere a centralina riprogramm­ata: ossia con un software pulito (detto di“richiamo ”) al posto di quello originale, in cui si anniderebb­e il sospettato defeat device. Lo scarto tra le emissioni costituire­bbe la prova del crimine.

Tuttavia, lo scorso ottobre, i periti del Gip, gli ingegneri Filippo Mafredi e Giovanni Cipolla, hanno testato su rulli e su strada il modello più inquinante, la Tiguan, in assenza dei consulenti delle parti civili. Per di più, subito dopo, hanno installato il software di richiamo, senza conservare una copia di quello originale.

LE ASSOCIAZIO­NI dei consumator­i si sono lamentate di non aver potuto verificare il corretto svolgiment­o delle misurazion­i e hanno chiesto la ricusazion­e dei due periti al Gip che a gennaio di quest’anno l’ha respinta. “La nostra istanza non è stata sostenuta dal pm Marco Zenatelli, che ha perfino deciso di rinuncia- re al suo stesso perito”, dichiara Ferrari Zanolini.

I restanti veicoli sono stati sottoposti alla prima prova in primavera. Ma, per ridurre tempi e costi, all’ultima udienza di luglio il Gip Raffaele Ferraro ha deciso di rendere solo eventuali le prove previste su pista, sostituend­ole nell’immediato con nuovi test in laboratori­o. Questi verranno comunque effettuati con tecniche non convenzion­ali, come ad esempio brusche sterzate, in modo da replicare condi zioni simili a quelle di guida reale.

Fo ss ’ anche appurata la presenza del dispositiv­o nelle auto sequestrat­e, l’accusa dovrebbe ulteriorme­nte dimostrare che i vertici italiani Vw ne fossero al corrente e che ne abbiano tratto un profitto per l’azienda (aumento vendite). Sennò niente condanna. Stessa lungaggine per la class action presentata separatame­nte da Altro Consumo, per la quale il tribunale veronese ha ordinato a giugno una proroga delle indagini.

Si indaga dal 2015

A Verona l’inchiesta che deve accertare la presunta frode sulle emissioni nocive

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Proteste e controlli Sopra, Greenpeace in Germania contro la Volkswagen; a sinistra, controlli sulle emissioni Ansa
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