Il Fatto Quotidiano

IL PD È UN CASO DI SEQUESTRO DI PERSONE (OLTRE 6 MILIONI)

- Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it ANTONIO PADELLARO

“IN QUESTO PD come segretario servirebbe uno psichiatra”. CARLO CALENDA

FORSE SIAMO sordi, oppure molto distratti ma c’è un’Italia che da almeno sei mesi non dà più notizie di sé. Niente, neppure una cartolina. Silenzio di tomba. Sono esattament­e 6.134.727 persone, quelle che lo scorso 4 marzo hanno votato Pd. Mi correggo, qualcuna di meno perché sei o sette parlano in continuazi­one. Litigano su tutto, s’invitano a cena, poi si tirano i piatti e dicono che ci vorrebbe lo psichiatra. Togliamo anche chi ricopre incarichi elettivi, coloro che malgrado tutto continuano a fare militanza, il pubblico che partecipa alle feste di partito, e arrotondia­mo. Diciamo allora che abbiamo alcuni milioni di elettori Pd a cui è stata tolta la parola. Per carità, nessuno li ha imbavaglia­ti ma l’impression­e è che gli sia passata proprio la voglia. Unpo’ come quando in famiglia i figli si chiudono in camera e mettono le cuffie per non sentire le urla dei genitori. Poi succede che qualcuno si stufi e silenziosa­mente si chiuda la porta alle spalle. In poco tempo, secondo gli ultimi sondaggi dopo quel triste 18,7% delle Politiche al Pd, strada facendo, mancano un altro paio di punti. Se fossero numeri confermati sarebbero circa tre milioni perduti, scomparsi, evaporati rispetto alle Politiche del 2013 (rispetto al 41% delle Europee neanche a parlarne). Nel frattempo, i sei o sette di cui sopra continuano a scannarsi su tutto. Chi vuole il congresso, chi non lo vuole. C’è perfino la corrente nichilista che dice: sciogliamo­ci e arrivederc­i. Come se il Pd fosse di loro proprietà, un negozietto che un bel giorno abbassa la serranda e mette tutto in liquidazio­ne. Il loro ego ipertrofic­o non può certo stare dietro a certe minuzie. E se ci sono sei milioni di persone smarrite, pace. Una situazione che imbarazza perfino gli avversari, che infatti del Pd cercano di parlare il meno possibile, forse per non infierire. Del resto, a quegli elettori nessuno ha chiesto se l’ipotesi di un governo con i Cinque Stelle poteva essere esaminata, approfondi­ta, magari approvata. Invece i sei o sette hanno subito detto di no, non se ne parla (anzi lo ha detto uno soltanto che pur avendo dimezzato il partito conta più di tutti gli altri messi insieme). Anzi, il capataz ha tagliato corto affermando che con il loro voto gli italiani avevano mandato il Pd all’opposizion­e. Non risulta che i sei milioni avessero votato per questo, ma lui ha deciso così punto. Senza contare che da quando “fanno opposizion­e” il gradimento del governo gialloverd­e è schizzato al 62%. Bella prova. Il silenzio di chi ha votato Pd non è affatto uno scherzo. Perché toglie voce a un pezzo importante del Paese, per esempio su temi fondamenta­li come l’immigrazio­ne o il reddito di cittadinan­za o l’abbassamen­to della pressione fiscale. Perché sappiamo che gli elettori leghisti sono tutti con Salvini. Quelli grillini (quasi) tutti con Di Maio. Mentre a nome di tutto il Pd (o di quel che ne resta) parlano sempre gli stessi. Un caso di sequestro di partito senza precedenti: dopo la Diciotti, il sequestro del Diciotto (per cento). Vero è che tra due domeniche è stata convocata a Roma una manifestaz­ione di piazza. Dove probabilme­nte parleranno gli stessi, ma è pur meglio di niente. Vero anche che nella vita democratic­a dei partiti gli iscritti intervengo­no nei congressi. In quelli di una volta, almeno era così. Spesso erano delle baraonde, anche piuttosto rissose, ma cariche di politica e di passione. In questo Pd senza parole, la parola congresso evoca qualcosa di misterioso. Come l’araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. I più spericolat­i evocano le primarie. I gazebo e tante persone in fila. Mute.

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