Il Fatto Quotidiano

Niente accordo sul deficit “Così non votiamo il Def”

Lo scontro Di Maio avverte Tria: “Non è coraggioso”. L’ultima offerta del ministro - in rotta con M5S - non piace nemmeno alla Lega

- » CARLO DI FOGGIA

A24 ore dalla scadenza il governo ancora non ha trovato la quadra sulle dimensioni della Manovra. L’ultima offerta avanzata dal ministero dell’Economia guidato da Giovanni Tria sul deficit pubblico da fissare nel 2019, da cui discende tutto il resto, non ha per nulla soddisfatt­o gli alleati, specie il Movimento 5 Stelle. “Così non votiamo il Def”, minaccia Di Maio in serata. Lo scontro è totale.

DOMANI il governo dovrà varare la nota di aggiorname­nto al Documento di economia e finanza (Def) che fa da base per la legge di Bilancio da approvare entro il 20 ottobre. Il governo Gentiloni s’era impegnato a ridurre il deficit il prossimo anno allo 0,8% del Pil, quasi un punto sotto il livello a cui chiuderà quest’anno. Sarebbe una stangata fiscale da oltre 15 miliardi. Dopo aver ottenuto un via libera informale dalla Commission­e Ue, Tria ha proposto di restare all’1,6% in modo da mostrare almeno una minima correzione del “deficit struttural­e”, cioè al netto del ciclo economico, parametro assai caro a Bruxelles. Così però ci sono a stento i soldi per rinviare di un anno gli aumenti automatici dell’Iva. Mancano tutte le risorse almeno per avviare il programma di governo, dalla flat tax (per ora solo un taglio delle imposte per le partite Iva fino a 65 mila euro di reddito) al reddito e pensioni di cittadinan­za alla riforma della Fornero ( cosiddetta quota 100). Tutte cose su cui al momento la discussion­e è prati- camente ferma. Anche sul condono (la “pace fiscale”), che dovrebbe finire in un decreto collegato, non si discute più nei dettagli. Il motivo è semplice: manca la decisione politica su quante risorse trovare in deficit.

Gli alleati pretendono di avere 8-10 miliardi a testa per le misure e hanno rigettato la proposta di Tria. Nell’ultimo vertice di lunedì a Palazzo Chigi il Tesoro, presente con tutti i suoi massivi vertici, dal ragioniere generale Daniele Franco al dg Alessandro Rivera al capo di gabinetto Roberto Garofoli, ha sondato la possibilit­à di arrivare all’1,8-1,9%, recuperand­o così altri 5 miliardi, senza neanche sapere se davvero riuscirà a rispettare lo stesso la correzione imposta dall’Ue. Dopo ore di riunioni, e uno scontro a tratti anche molto duro, il vertice si è chiuso senza un accordo. Stando a quanto filtra non c’è l’avallo politico sul quel numero, che peraltro comportere­bbe un robusto ridimensio­namento delle risorse disponibil­i per la Manovra, consideran­do anche che i saldi che verranno infilati nel Def saranno assai peggiori di quelli fissati da Gentiloni a causa del rallentame­nto della crescita.

I 5Stelle hanno rifiutato l’offerta di

Tria e chiedono di s u p e r a r e i l 2%. Neanche la Lega ha dato il via libera, anche se vuole evitare uno scontro diretto col ministro che ha pur sempre indicato. Ieri Di Maio ha convocato a tarda sera una riunione a Palazzo Chigi con tutti i ministri M5S per impostare la linea in vista della fase finale del negoziato: “Se la nota di aggiorname­nto non sarà coraggiosa non avrà i nostri voti. Non ha senso parlare solo di deficit, serve la crescita”, fa trapelare in serata. Lo scontro con Tria è ormai conclamato. E lo stesso interessat­o non sembra fare nulla per evitarlo. Ieri una velina del Tesoro ha aperto un incidente diplomatic­o. Per rispondere ad alcune indiscrezi­oni sui dubbi della ragioneria sulle coperture che avrebbero bloccato il decreto su Genova, ha fatto sapere che il testo “è arrivato agli uffici in una versione molto incompleta”, neanche un’ora prima di averle trovate, costringen­do Palazzo Chigi a diramare una smentita di fuoco.

Si tratta ancora La richiesta è di superare il 2% L’ipotesi di cambiare i saldi nella legge di Bilancio

PER RISOLVERE l’impasse è possibile che il governo ricorra allo stesso meccanismo usato dal governo Renzi nel 2016: fissare un livello di deficit e poi alzarlo in manovra, correggend­o ex post i saldi della nota di aggiorname­nto. Due anni fa in manovra Renzi lo portò 0,3 punti oltre il livello fissato in precedenza facendosi però autorizzar­e preventiva­mente dal Parlamento. 5Stelle e Lega puntano almeno a fare altrettant­o, portando il deficit al 2,2%. Una linea che, manco a dirlo, non piace a Tria.

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