“Parlano di sicurezza ma dimenticano la mafia”
Il pm che catturò il boss Michele Zagaria: “Sulla lotta ai clan ci si aspettava di più”
“Per piacere, in questo decreto Salvini la mafia non chiamatela in causa. Non c’è nulla. È obbligatorio aspettarsi molto di più”. Catello Maresca, pm di Napoli nel pool reati Pubblica amministrazione dopo dieci anni di indagini sul clan dei Casalesi, boccia senza se e senza ma le politiche del governo gialloverde su giustizia e sicurezza. Maresca è docente di Legislazione antimafia alla Vanvitelli di Napoli. Tra i suoi libri, le conferenze nelle scuole e l’impegno civile nell’associazione Arti e Mestieri, dove si insegna un lavoro onesto ai giovani usciti dal carcere per non farli rientrare più, è un punto di riferimento dei movimenti antimafia. Cosa non le piace del decreto Sicurezza di Salvini? Sul versante della lotta alla mafia manca tutto. Manca to- talmente una strategia. Eppure Salvini ha annunciato che verrà presto a Napoli per liberare le strade dalla camorra e salvarne i ragazzi che “hanno diritto ad avere un’alternativa”.
Mi fa piacere. Lo invito a visitare la nostra associazione che lavora in trincea. Gli mostreremo cosa si fa e di cosa c’è davvero bisogno nella quotidiana battaglia contro le devianze giovanili. Ci sono tanti ragazzi che aspettano solo un gesto concreto, che chiedono solo “audienza”, come si dice nei quartieri. Sul fronte antimafia salva qualcosa del decreto?
Ci sono solo poche disposizioni per migliorare il funzionamento dell’Agenzia per i beni confiscati. Ma anche qui sembra mancare ancora una volta un disegno organico sulla loro destinazione.
Spieghi meglio.
Il problema sono i tempi. È inutile scrivere che l’agenzia potrà vendere i beni, perché dopo anni di processo (con la rovina degli immobili) sarà difficile trovare acquirenti a prezzi di mercato. Serve un profondo intervento del Parlamento. Ma la strada del decreto legge non aiuta. Invece il Guardasigilli Bonafede ha scelto il disegno di legge per la “spazzacorrot- ti”, da lui definita “riforma rivoluzionaria”.
Venti anni di esperienza da pm mi inducono a essere estremamente cauto sull’utilità degli strumenti anticorruzione propagandati come panacea di tutti i mali.
Si riferisce a cosa?
A l l’agente sotto copertura. Per come è scritto assomiglia molto più a un agente provocatore, figura non ammessa né ammissibile nel nostro ordinamento. Occorrerà riscriverla bene per superare questa ambiguità. Finora poi questa figura è stata utilizzata pochissimo e per reati associativi, dove è intuitivamente più facile infiltrarsi. Perché è più difficile usarlo contro la corruzione?
È un delitto contrattuale tra due soggetti. Come e dove si potranno infiltrare gli agenti, stando attenti a non provocare l’altra parte, per ora è difficile immaginarlo. Cosa ne pensa del Daspo perpetuo per i corrotti? Varrà per le persone fisiche e non per le società spesso a loro riconducibili. Si rischia di fare una legge per cui è già stato trovato l’inganno. Allora come si combatte la corruzione? Semplificando i procedimenti amministrativi, eliminando le complessità immotivate dietro le quali si annida la devianza corruttiva. Per la lotta alle mafie e alla corruzione serve una strategia complessiva per entrambi i fenomeni, che spesso vanno a braccetto. Mafia Capitale ha mostrato le modalità operative delle mafie 2.0 ed è qui che bisogna agire, con interventi normativi sul reato di scambio elettorale politico-mafioso e sul 416 bis nella parte sulla collusione delle nuove mafie nella Pubblica amministrazione.
Alcune disposizioni migliorano il lavoro dell’agenzia per i beni confiscati Ma anche qui manca una strategia