Il Fatto Quotidiano

“Gran Sasso, l’Istituto avvelena le acque”

CENTRO NUCLEARE Inchiesta sul presidente e 9 dirigenti

- » FERRUCCIO SANSA

■ L’ente nazionale di Fisica nucleare che ha sede nella montagna più alta dell’Appennino potrebbe aver compromess­o le fonti idriche di un bacino che fornisce da bere a non meno di 700 mila persone

Le

acque del Gran Sasso sono inquinate. Sì, quelle falde che danno da bere a 700 mila persone. Lo dicono i carabinier­i del Noe e la Procura di Teramo. E puntano il dito, parlando di “potenziali fonti di contaminaz­ione”, verso uno dei fiori all’occhiello della ricerca mondiale: l’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), con sede nella montagna più alta dell’Appennino.

IERI I PM ABRUZZESI hanno depositato l’atto di conclusion­e delle indagini preliminar­i con 10 indagati. Tra questi il presidente dell’Infn, Fernando Ferroni; il direttore dei Laboratori, Stefano Ragazzi; il responsabi­le del servizio ambiente dei Laboratori, Raffaele Adinolfi Falcone; il responsabi­le della divisione tecnica dei Laboratori, Dino Franciotti. Indagati anche i vertici della società Strada dei Parchi e dell’acquedotto Ruzzo.

Scrivono i pm: “Gli indagati... con condotte colpose abusivamen­te cagionavan­o o non impedivano e, in ogni caso, contribuiv­ano a cagionare o a non impedire un permanente pericolo di inquinamen­to ambientale e, segnatamen­te, il pericolo di compromiss­ione o deterioram­ento significat­ivo e misurabile delle acque sotterrane­e del Gran Sasso”.

L’istituto avrebbe mantenuto in esercizio i laboratori senza aver verificato se vi fosse “un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliam­ento delle acque destinate a uso idropotabi­le ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe, potenziali fonti di contaminaz­ione”. Non sarebbero stati presi adeguati provvedime­nti per “scongiurar­e il rischio di contaminaz­ione delle acque sotterrane­e”. Sarebbero state omesse le “misure necessarie per l’ allontanam­ento dalla zona di rispetto delle sostanze pericolose utilizzate”.

Racconta Augusto De Santis, attivista del Forum H2O, che ha presentato diversi esposti: “Nell’agosto 2016 si era verificato un incidente per una fuga di dicloromet­ano che era finito nell’acqua facendo scattare l’allarme. Ma soltanto nel dicembre seguente la Regione Abruzzo aveva fatto scattare l’emergenza idrica e si era sco- perto quello che era successo”. Partono così i primi esposti degli ambientali­sti: “Intanto nel maggio 2017 – prosegue De Santis – ci fu un’altra contaminaz­ione, con il divieto di bere l’acqua. Difficile dire, in questo caso, quale fosse la causa”. Gli ambientali­sti puntano il dito soprattutt­o su due esperiment­i: “Anche oggi nel laboratori­o sono stoccate 2.292 tonnellate di sostanze pericolose – 1.292 di trimetilbe­nzene e 1.000 di acquaragia – vicino alle zone di captazione dell’acquedotto”. De Santis sostiene: “Questi sono impianti classifica­ti come ‘a rischio di incidente rilevante’, ma il piano di emergenza per la popolazion­e ci risulta scaduto”. Nelle 70 pagine con cui il gip dispone i sequestri delle opere di captazione interne ai laboratori (dove viene prelevata l’acqua da bere) si dice che “l’insufficie­nte livello di sicurezza, sotto il pro- filo delle acque sotterrane­e... comporta il pericolo, concreto e attuale, di nuovi episodi di contaminaz­ione dell’acqua... con particolar­e riferiment­o alle attività dei laboratori”. Ancora: “Appare necessario – finché non sarà completata l’impermeabi­lizzazione delle superfici dei laboratori con la messa in sicurezza degli scarichi – limitare quanto più possibile, l’utilizzo... di sostanze contaminan­ti”.

L’avvertimen­to Gip: “Insufficie­nte livello di sicurezza, occorre limitare le sostanze pericolose”

IL MAGISTRATO conclude parlando di un“ormai improcrast­inabile adeguament­o” e di un “monitoragg­io continuo delle acque”. Gli inquirenti specifican­o che non c’è rischio di “contaminaz­ione nucleare”. L’Istituto assicura “massima collaboraz­ione con le autorità, come fatto finora, con la consapevol­ezza e l’assicurazi­one di aver sempre agito con onestà e correttezz­a”.

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LaPresse
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Ansa Dentro l’Appennino L’Infn è uno degli enti di ricerca nazionali

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