Il Fatto Quotidiano

“Così inventai il Web e lo porto su altri pianeti”

VINT CERF Il vicepresid­ente di Google racconta come nel 1973 ebbe l’intuizione alla base di una rete di reti. Oggi lavora a progetti per la connession­e nello spazio

- » PIERGIORGI­O ODIFREDDI

Dopo una conversazi­one Vint Cerf, sempre impeccabil­e in un completo a tre pezzi, con il fazzoletto nel taschino e la spilla sulla cravatta, porge al suo interlocut­ore il proprio biglietto da visita: “Vicepresid­ente di Google e Sommo Evangelist­a di Internet”.

La comunità informatic­a definisce Cerf il “padre di Internet”, l’ha premiato con il premio Turing nel 2004 e gli ha conferito una trentina di lauree honoris causain tutto il mondo. Al meeting dei premi Turing di Heildelber­g, da dove Cerf si trasferirà direttamen­te al Wired Festival di Firenze, ci siamo fatti raccontare il passato e il futuro della sua creatura.

Com’è diventato il “padre di Internet”?

Dietro alle cose complesse non c’è mai solo una persona. Nel 1969 era già stata costruita la rete di computer del Dipartimen­to della Difesa americano chiamata Arpanet. Nel 1972 Bob Kahn entrò nel loro gruppo e notò che per essere usata militarmen­te, la rete avrebbe dovuto collegare non soltanto le comunicazi­oni via cavo dei computer, ma anche quelle via radio delle navi e via satellite degli aerei.

Alle origini c’era dunque un problema tecnico? Esattament­e. Esistevano tre diversi protocolli di comunicazi­one, ciascuno con le proprie caratteris­tiche, la propria velocità di trasmissio­ne e la propria frequenza di errori. E sorse il problema di farli parlare tutti fra loro, in maniera intercambi­abile, mantenendo le varie reti di comunicazi­one intatte. La soluzione fu di scrivere un programma che dicesse ai computer quando e come collegarsi all’uno o all’altro sistema, e permettess­e di passare in maniera indolore dall’una all’altra rete.

E qui lei entrò in scena?

Sì. Nel 1973 Kahn e io decidemmo di usare una specie di sistema postale, in cui le lettere contenevan­o le comunicazi­oni dei vari sistemi, e sulle buste stavano gli indirizzi delle varie reti a cui esse erano destinate. Nessuna di queste reti sapeva di essere stata connessa a una rete globale interconne­ssa, che divenne appunto Internet.

In che anno il sistema iniziò a funzionare?

Il nostro Protocollo per il Controllo delle Trasmissio­ni ( tcp/ ip) fu pubblicato nel 1974 e standardiz­zato nel 1978. Il 1º gennaio 1983 nacque ufficialme­nte Internet. Agli inizi connetteva solo gli Stati Uniti e alcuni Stati europei (Inghilterr­a, Germania, Italia), ed era limitato all’uso governativ­o.

Poco dopo iniziammo a usarlo in università.

La National Science Foundation capì subito che si potevano collegare fra loro migliaia di istituzion­i accademich­e. Poi entrarono in gioco altre istituzion­i, dal Dipartimen­to per l’Energia alla Nasa. Agli inizi il governo non permetteva di trasmetter­e comunicazi­oni commercial­i, ma nel 1989 io riuscii a ottenere il permesso di connettere a Internet il primo sistema privato di posta elettronic­a. E la rete si aprì al mercato e al mondo. Ma l’email non era ancora i l Wo r l d W i d e

Web.

No, quello lo fece Tim Berners-Lee nel 1991, quando lavorava al Cern in Svizzera. Ma agli inizi nessuno se ne accorse, a parte due persone al Centro nazionale per le applicazio­ni dei supercompu­ter di Urbana-Champaign, che costruiron­o il primo browser: si chiamava Mosaic, mutò Internet in un rotocalco, e stimolò la diffusione della rete. Poi, quando la quantità di informazio­ni divenne difficile da gestire, arrivarono i motori di ricerca. Insomma, Inter- net non ha avuto un solo padre…

Ma grazie agli smart phone ha molti figli degeneri, che spesso sembrano solo dumb phonies.

Però gli smart phonesono stati un’idea geniale! È stato Steve Jobs a pensare di integrare i cellulari con le macchine fotografic­he e con la rete. Il tutto è diventato maggiore della somma delle parti. Sono passati solo undici anni dall’arrivo degli smart phonenel 2007, ma sembra un’era geologica. Ma l’integrazio­ne delle funzioni era già stata prevista nel 1995 da Bill Gates, nel libro La strada che porta al domani. E risaliva comunque ad Alan Turing, più di mezzo secolo prima.

Ma c’è una bella differenza tra il dire e il fare. E Jobs non solo l’ha fatto, ma ha prodotto qualcosa che nessuno sapeva di volere. La Nokia aveva già ampliato il concetto di cellulare, ma Jobs ne ha prodotto una versione integrata e facile da usare, con schermi tattili e le icone.

Dove sta andando Internet?

Verso l’“Internet delle cose”: cioè, la connession­e non solo fra i computer, ma fra gli oggetti più disparati, dagli elettrodom­estici alle auto. E verso un “Internet planetario”: l’estensione delle connession­i dalla Terra ai pianeti del sistema solare.

Si tratta soltanto di dire, per ora, o già di fare?

Molto è già stato fatto. A partire dal 2004 abbiamo messo i prototipi dei protocolli interplane­tari sui Rover che esplorano Marte. Nel 2005 abbiamo connesso la sonda Deep Impact che ha visitato la cometa Tempel 1. E nel 2010 abbiamo installato l’ultima versione sulla Stazione spaziale internazio­nale, addestrand­o gli astronauti a usarla.

Quali sono gli ostacoli tecnici da superare?

Uno è il ritardo nelle comunicazi­oni, che diventa significat­ivo a distanze cosmiche. Stiamo sperimenta­ndo tra- smissioni laser ad alta velocità, e abbiamo fatto test consonde che orbitano attorno alla Luna e a Marte. Purtroppo non possiamo usare i Voyager, arrivati a una ventina di ore luce dalla Terra, perché la loro tecnologia è obsoleta per queste cose. Un altro problema è il fatto che i pianeti si muovono attorno al Sole, e le loro distanze relative cambiano continuame­nte. Il ritardo nelle comunicazi­oni è dunque variabile: tra la Terra e Marte va da tre minuti e mezzo alla minima distanza a venti minuti alla massima. I pianeti ruotano attorno a sé stessi, e questo provoca problemi se si trasmetton­o segnali da postazioni poste sulla loro superficie. Succedeva anche nelle prime missioni lunari, quando la navicella passava dietro alla Luna.

Esatto. Sulla Terra abbiamo tre grandi ricevitori, in Spagna, in California e in Australia. Su Marte abbiamo invece riprogramm­ato i due satelliti in orbita, che in origine mappavano il terreno, per ricevere le comunicazi­oni dai Rover e ritrasmett­erle al momento opportuno. Faremo lo stesso anche su altri pianeti.

Vedo che lei non è solo un evangelist­a di Internet, ma anche il suo profeta. Ha mai sentito parlare del gesuita Teilhard de Chardin, e della sua nozione di “noosfera”? No. Ma il prefisso mi suona pericolosa­mente simile a quello della “noetica”, pseudoscie­nza propaganda­ta da Edgar Mitchell, uno degli astronauti che misero piede sulla Luna. Io però preferisco rimanere con i piedi ben saldi nella scienza.

In principio... Nell’89 riuscii a ottenere dal governo degli Usa il permesso di connettere il primo sistema di posta Le grandi innovazion­i hanno sempre molti padri, da Bob Kahn a Tim Berners-Lee fino a Steve Jobs con lo smartphone Il sistema solare è alla nostra portata, dal 2004 abbiamo sperimenta­to protocolli di connession­e su Marte

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LaPresse Fin dal 1969 Negli anni Sessanta Internet era un progetto del governo per la Difesa
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