Caporali al Nord: colpevoli ma non troppo
Quattro imprenditori condannati a semplici multe. Nessun risarcimento ai braccianti
Sfruttati,
sottopagati e senza neanche un risarcimento. Alcuni, poi, processati aver protestato contro i loro datori di lavoro. Sono le storie di molti braccianti marocchini impiegati nella raccolta di frutta e patate in provincia di Alessandria nelle campagne tra Tortona e Voghera (Pavia), una delle tante Rosarno del Nord. Qui negli ultimi mesi il tribunale di Alessandria ha permesso ad alcuni imprenditori agricoli a processo per lo sfruttamento dei lavoratori di patteggiare pene – tutte sospese – senza risarcire le vittime. L’ultimo caso risale al 20 settembre, quando Francesco Angeleri, imprenditore di Ca- stelnuovo Scrivia, è finito davanti al giudice. Dopo un controllo dei carabinieri dell’ispettorato del lavoro fatto nell’agosto 2015, la Procura lo accusava di occupare nei campi di patate e nel magazzino per il confezionamento dei prodotti per la grande distribuzione cinque maghrebini assenza permesso di soggiorno, facendoli lavorare più di dieci ore al giorno, anche di notte, senza ferie o malattia, e senza attrezzatura antinfortunistica. Il tutto “al fine di trarre ingiusto profitto”.
Sei mesi di reclusione, pena sospesa, e 10 mila euro di multa. Nessun indennizzo alle persone offese: “Speriamo che il pg impugni il patteggiamento”, affermano gli avvo- cati Gianluca Vitale e Laura Martinelli. Alcuni mesi fa, il 5 maggio, hanno patteggiato Bruno Piero Lazzaro e Mauro Lazzaro, titolare e gestore di un’azienda di Castelnuovo Scrivia, insieme a Iliana Battistuta, incaricata della sorveglianza dei braccianti.
La Procura li ha accusati di estorsione aggravata perché – tra il 2006 e il 2012 – minacciavano di non rinnovare il contratto nel caso in cui i lavoratori non avessero accettato paghe da fame tra i 300 e i 400 euro al mese, o versato tra i 2.500 e i 3 mila euro. Per “trarne ingiusto profitto dalla condizione di illegalità”, i tre imputati favorivano la permanenza irregolare di alcuni marocchini. Infine erano accusati di maltrattamento per le paghe misere, gli orari estenuanti (dalle 6 alle 22) senza riposi, servizi igienici e pasti. Alla fine, però, hanno patteggiato soltanto per maltrattamenti: un anno e sette mesi per i Lazzaro, un anno e tre mesi l’addetta alla sorveglianza. Pene sospese.
I quaranta braccianti hanno ottenuto soltanto il pagamento delle spese legali e nessun altro tipo di risarcimento. Molti fronti restano aperti. Dopo la bocciatura del tribunale civile di Alessandria, la Corte d’appello ha riconosciuto a venti di loro 400mila euro di compensazioni salariali. A luglio, però, i Lazzaro hanno citato in giudizio 29 fra braccianti e sindacalisti chie- dendo 1,5 milioni di euro di danno per aver perso la commessa di una catena di supermercati e per un presunto danno d’immagine.
Non solo. Otto braccianti e un sindacalista, Antonio Olivieri, sono sotto processo per le proteste che nel 2012 hanno portato il loro caso all’attenzione di media e investigatori: la Procura li accusa di violenza privata e violazione di domicilio dopo la denuncia dei Lazzaro. Alcuni, nel frattempo, si sono visti riconoscere il permesso umanitario, dato a chi denuncia lo sfruttamento lavorativo, mentre ai braccianti del caso “Angeleri” non è stato concesso questo diritto.
Patteggiamenti Blande conseguenze per lo sfruttamento “per trarre ingiusto profitto”