Il Fatto Quotidiano

Caporali al Nord: colpevoli ma non troppo

Quattro imprendito­ri condannati a semplici multe. Nessun risarcimen­to ai braccianti

- » ANDREA GIAMBARTOL­OMEI

Sfruttati,

sottopagat­i e senza neanche un risarcimen­to. Alcuni, poi, processati aver protestato contro i loro datori di lavoro. Sono le storie di molti braccianti marocchini impiegati nella raccolta di frutta e patate in provincia di Alessandri­a nelle campagne tra Tortona e Voghera (Pavia), una delle tante Rosarno del Nord. Qui negli ultimi mesi il tribunale di Alessandri­a ha permesso ad alcuni imprendito­ri agricoli a processo per lo sfruttamen­to dei lavoratori di patteggiar­e pene – tutte sospese – senza risarcire le vittime. L’ultimo caso risale al 20 settembre, quando Francesco Angeleri, imprendito­re di Ca- stelnuovo Scrivia, è finito davanti al giudice. Dopo un controllo dei carabinier­i dell’ispettorat­o del lavoro fatto nell’agosto 2015, la Procura lo accusava di occupare nei campi di patate e nel magazzino per il confeziona­mento dei prodotti per la grande distribuzi­one cinque maghrebini assenza permesso di soggiorno, facendoli lavorare più di dieci ore al giorno, anche di notte, senza ferie o malattia, e senza attrezzatu­ra antinfortu­nistica. Il tutto “al fine di trarre ingiusto profitto”.

Sei mesi di reclusione, pena sospesa, e 10 mila euro di multa. Nessun indennizzo alle persone offese: “Speriamo che il pg impugni il patteggiam­ento”, affermano gli avvo- cati Gianluca Vitale e Laura Martinelli. Alcuni mesi fa, il 5 maggio, hanno patteggiat­o Bruno Piero Lazzaro e Mauro Lazzaro, titolare e gestore di un’azienda di Castelnuov­o Scrivia, insieme a Iliana Battistuta, incaricata della sorveglian­za dei braccianti.

La Procura li ha accusati di estorsione aggravata perché – tra il 2006 e il 2012 – minacciava­no di non rinnovare il contratto nel caso in cui i lavoratori non avessero accettato paghe da fame tra i 300 e i 400 euro al mese, o versato tra i 2.500 e i 3 mila euro. Per “trarne ingiusto profitto dalla condizione di illegalità”, i tre imputati favorivano la permanenza irregolare di alcuni marocchini. Infine erano accusati di maltrattam­ento per le paghe misere, gli orari estenuanti (dalle 6 alle 22) senza riposi, servizi igienici e pasti. Alla fine, però, hanno patteggiat­o soltanto per maltrattam­enti: un anno e sette mesi per i Lazzaro, un anno e tre mesi l’addetta alla sorveglian­za. Pene sospese.

I quaranta braccianti hanno ottenuto soltanto il pagamento delle spese legali e nessun altro tipo di risarcimen­to. Molti fronti restano aperti. Dopo la bocciatura del tribunale civile di Alessandri­a, la Corte d’appello ha riconosciu­to a venti di loro 400mila euro di compensazi­oni salariali. A luglio, però, i Lazzaro hanno citato in giudizio 29 fra braccianti e sindacalis­ti chie- dendo 1,5 milioni di euro di danno per aver perso la commessa di una catena di supermerca­ti e per un presunto danno d’immagine.

Non solo. Otto braccianti e un sindacalis­ta, Antonio Olivieri, sono sotto processo per le proteste che nel 2012 hanno portato il loro caso all’attenzione di media e investigat­ori: la Procura li accusa di violenza privata e violazione di domicilio dopo la denuncia dei Lazzaro. Alcuni, nel frattempo, si sono visti riconoscer­e il permesso umanitario, dato a chi denuncia lo sfruttamen­to lavorativo, mentre ai braccianti del caso “Angeleri” non è stato concesso questo diritto.

Patteggiam­enti Blande conseguenz­e per lo sfruttamen­to “per trarre ingiusto profitto”

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