Il Fatto Quotidiano

COSTITUZIO­NE, ERRORI DA NON RIPETERE

- » ALFIERO GRANDI *

Malgrado la vittoria del No al referendum del 4 dicembre 2016 sulle modifiche della Costituzio­ne volute da Renzi, la nuova maggioranz­a Lega-M5S prova a sua volta a modificare la Costituzio­ne con varie proposte. Da decenni si susseguono tentativi di scaricare sulla Carta costituzio­nale le difficoltà di governare. Certo, maggioranz­a e governo attuali non hanno dimenticat­o le intemerate di Alessandro Pace e altri costituzio­nalisti contro i pacchetti che hanno affastella­to modifiche incoerenti della Costituzio­ne e hanno presentato proposte singole. Tuttavia il valore delle modifiche della Costituzio­ne proposte ora va oltre la somma delle singole proposte. Tanto più che queste proposte sono presentate da governo e maggioranz­a senza un confronto pubblico preventivo. E chi prima ha partecipat­o allo schieramen­to per il No nel referendum del 4 dicembre ora ne ripropone alcuni punti bocciati.

Partiamo dal Cnel, proprio perché la sua abolizione viene considerat­a una battaglia vinta in partenza. Ammesso che sia da abolire, manca qualunque proposta di cosa potrebbe prenderne il posto. Il “dialogo sociale” istituito nel 1993 dall’allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi può essere il riferiment­o.

Sulla riduzione del numero dei parlamenta­ri: è in corso un attacco al ruolo del Parlamento, descritto come scarsament­e produttivo, in prospettiv­a perfino da superare, peccato sia un architrave della Costituzio­ne della nostra Repubblica. La ragione per ridurre i parlamenta­ri sembra stare nei risparmi e conferma la sottovalut­azione del problema. Il nuovo governo ha imparato in fretta difetti di quelli precedenti, usa a piene mani i decreti legge e ora pure i voti di fiducia. Tutti strumenti che sviliscono il ruolo del Parlamento, lo rendono subalterno al governo. Dai Cinque Stelle ci si poteva attendere più attenzione al ruolo del Parlamento, basta ricordare le parole di Roberto Fico all'insediamen­to da presidente della Camera.

Il problema è piuttosto mettere in sicurezza il nostro assetto co- stituziona­le da tentazioni presidenzi­aliste e accentratr­ici della destra e della Lega. Per questo sarebbe preferibil­e riprendere la storica proposta di Stefano Rodotà e Gianni Ferrara di puntare su una sola Camera legando questa modifica a un sistema elettorale proporzion­ale e dando la certezza agli elettori di poter scegliere tutti i parlamenta­ri.

Rivedere il numero dei parlamenta­ri ha senso se insieme si rilancia il ruolo del Parlamento come fondamento della democrazia costituzio­nale e rappresent­ante effettivo degli elettori. Per questo il numero dei parlamenta­ri è in stretto rapporto con la funzione e la composizio­ne del Parlamento che dovrebbe avvenire sulla base di due criteri di fondo: gli elettori scelgono i parlamenta­ri e la rappresent­anza è proporzion­ale. Altrimenti la riduzione dei parlamenta­ri può essere l'occasione per un colpo decisivo al ruolo del Parlamento e quindi alla Costituzio­ne.

Per i referendum ci sono proposte interessan­ti. Il quorum per la validità dei referendum è da rivedere in modo da incentivar­e la partecipaz­ione al voto anziché l'opportunis­mo astensioni­sta, ma azzerare il quorum porta all'eccesso opposto e quindi va individuat­o un punto di equilibrio tra quorum attuale e azzerament­o, tanto più se oltre a quello abrogativo verrà introdotto anche il referendum propositiv­o.

Non va poi dimenticat­o che i referendum debbono essere esigibili, quindi occorre intervenir­e sul numero e modalità di raccolta delle firme, sugli alti costi, e fin dall’inizio del percorso occorre la certezza della validità del quesito. Quindi semplifica­zione, informatiz­zazione della raccolta delle firme, eliminazio­ne dei certificat­i inutili, costi accessibil­i, sono tutti problemi da risolvere, anche per le proposte di legge di iniziativa popolare. Ci sono proposte che potrebbero essere raccolte dai lavori parlamenta­ri.

Risolvere i problemi di incompatib­ilità e ineleggibi­lità dei parlamenta­ri affidandol­i alla Corte costituzio­nale, o a un organo giurisdizi­onale ad hoc, è un'idea interessan­te. C'è un vuoto preoccupan­te nelle iniziative costituzio­nali del governo sull'autonomia delle Regioni. L'attuale versione dell'articolo 116 viene interpreta­ta dal governo e da una parte delle Regioni in chiave di sostanzial­e rottura dell'unità nazionale, di diversific­azione dei diritti effettivi dei cittadini. Il governo non può rinunciare al suo ruolo nazionale e costituzio­nale e il giudizio sulle proposte di modifica della Costituzio­ne inevitabil­mente verrà influenzat­o dalla soluzione di questo problema.

La Costituzio­ne non è monopolio della sola maggioranz­a ma garanzia per tutti.

* Vicepresid­ente del Comitato per la democrazia costituzio­nale

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy